Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 30792.
Appalto ed i gravi difetti dell’opera che riguardano elementi secondari ed accessori
In tema di appalto, sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’art. 1669 cod. civ., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo. I gravi difetti, pertanto, non si identificano necessariamente con i vizi influenti sulla staticità dell’edificio, purché essi ne compromettano in modo apprezzabile il godimento, e pur non dovendo necessariamente implicare l’impedimento assoluto dell’uso
Ordinanza|| n. 30792. Appalto ed i gravi difetti dell’opera che riguardano elementi secondari ed accessori
Data udienza 19 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti – Appalto – Rovina e difetti di cose immobili – Responsabilità del costruttore – Gravi difetti dell’opera – Elementi secondari ed accessori – Rilevanza – Condizioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 11855/2018) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
e
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
nonche’
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), quale erede di (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
e
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1632/2017, pubblicata il 9 marzo 2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19 ottobre 2023 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse del ricorrente e dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Appalto ed i gravi difetti dell’opera che riguardano elementi secondari ed accessori
FATTI DI CAUSA
1.- Con atto di citazione notificato il 1 marzo 2007, (OMISSIS) conveniva, davanti al Tribunale di Latina (Sezione distaccata di Terracina), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), titolare dell’omonima ditta edile, (OMISSIS) e (OMISSIS), al fine di accertare la responsabilita’ dei convenuti, in solido ovvero in proporzione ai loro contributi causali, rispettivamente nella qualita’ di eredi della ditta appaltatrice, di calcolatore e di direttore dei lavori, per i difetti costruttivi subiti dall’immobile di proprieta’ del committente, sito in (OMISSIS), secondo le risultanze dello svolto accertamento tecnico preventivo ante causam (da cui era emerso che i fenomeni di fessurazione di alcuni elementi costruttivi, con funzione divisoria interna, erano stati causati dall’eccessiva deformabilita’ del solaio del primo piano, il quale era sottodimensionato, fenomeni ovviabili con l’installazione di un graticcio di travi reticolari), e – per l’effetto – che essi fossero condannati, in base alle loro rispettive responsabilita’, al risarcimento dei danni, da determinarsi e quantificarsi in corso di causa.
Si costituiva in giudizio (OMISSIS), la quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione sostanziale passiva, avendo rinunciato all’eredita’ di (OMISSIS).
Si costituiva in giudizio altresi’ (OMISSIS), il quale contestava la fondatezza della domanda – eccependo la decadenza e/o la prescrizione dell’azione e, ad ogni modo, la qualita’ di nudus minister dell’appaltatore – e, in via riconvenzionale, chiedeva di essere manlevato da (OMISSIS) e (OMISSIS).
Si costituiva in giudizio anche (OMISSIS), il quale chiedeva che le domande fossero disattese, in quanto i constatati fenomeni di fessurazione dei tramezzi divisori non avrebbero dovuto essere ricondotti alla deformazione della struttura portante, come riscontrato dalle effettuate prove di carico.
Si costituiva in giudizio ancora (OMISSIS), il quale contestava la fondatezza delle domande spiegate, negando la responsabilita’ ascrittagli, per avere previsto, nella qualita’ di progettista, la presenza di due pilastri proprio nella zona in cui si era verificato l’avvallamento del solaio, progetto poi modificato dal (OMISSIS) su richiesta del figlio del committente.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio ai fini della quantificazione del danno.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 102/2010, depositata il 19 febbraio 2010, rigettava le domande proposte nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) e condannava (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, al pagamento, in favore di (OMISSIS), della somma di Euro 31.540,72, ripartendo le loro responsabilita’ rispettivamente nella misura del 75% e del 25%.
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2.- Con atto di citazione notificato il 24 marzo 2011, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado (OMISSIS), lamentando: 1) che avrebbe dovuto configurarsi l’ipotesi di garanzia per i vizi ex articolo 1667 c.c., e non della responsabilita’ per gravi difetti ex articolo 1669 c.c., con la conseguente prescrizione dell’azione; 2) che erroneamente sarebbe stata quantificata l’effettiva misura del pregiudizio subito; 3) che gli elaborati peritali di cui allo svolto procedimento di accertamento tecnico preventivo e alla consulenza tecnica d’ufficio espletata in corso di causa sarebbero stati affetti da piu’ significative lacune, anche valutative, tali da pregiudicarne l’utilizzabilita’; 4) che erroneamente sarebbe stata disattesa la richiesta di ammissione delle prove orali articolate; 5) che la pretesa di risarcimento dei danni sarebbe stata, in ogni caso, infondata, poiche’ nessun difetto del solaio sarebbe stato riscontrabile; 6) che sarebbe sussistita, in subordine, la responsabilita’ del progettista e direttore dei lavori, in solido con l’appaltatore, con l’esonero da ogni responsabilita’ del calcolatore; 7) che, in via ulteriormente subordinata, avrebbe dovuto escludersi la ripartizione in termini percentuali delle responsabilita’; 8) che anche la regolamentazione delle spese di lite non avrebbe rispettato i parametri di liquidazione.
Si costituivano separatamente nel giudizio di impugnazione (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali – con appello incidentale – eccepivano la formazione del giudicato interno rispettivamente sulla carenza di legittimazione passiva e sul difetto di responsabilita’ dell’appaltatore.
Si costituiva inoltre (OMISSIS), il quale contestava i motivi addotti a fondamento del gravame e ne chiedeva il rigetto.
Si costituiva anche (OMISSIS), il quale si opponeva alle ragioni spiegate con l’appello principale, chiedendone il rigetto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale spiegato e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che, in termini generali, i vizi di costruzione del solaio, per l’impiego di tecniche costruttive inidonee o per l’utilizzo di materiali difettosi, costituivano gravi difetti ai sensi dell’articolo 1669 c.c., consistenti in qualsiasi alterazione conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera che – pur non riguardando le sue parti essenziali – ne avesse compromesso la conservazione, limitandone sensibilmente il godimento o diminuendone in modo rilevante il valore, sicche’ l’eccezione di prescrizione era destituita di fondamento; b) che la quantificazione dei danni effettuata dal consulente tecnico d’ufficio nel corso del giudizio di prime cure, diversa da quella svolta in sede di accertamento tecnico preventivo ante causam, rappresentava espressione di una valutazione piu’ approfondita ed esaustiva; c) che il riconoscimento della voce di danno per mancato godimento di parte dell’immobile non aveva integrato un vizio di ultra-petizione, poiche’ l’attore si era chiaramente riferito, nel corpo dell’atto introduttivo, al pregiudizio costituito dalla mancata utilizzazione del primo piano, destinato ad essere locato a terzi; d) che la questione relativa all’esistenza del certificato di agibilita’ non era stata sollevata nell’atto introduttivo del gravame; e) che doveva essere confermata l’irrilevanza della prova per testi chiesta nel giudizio di primo grado, poiche’ i relativi aspetti potevano essere risolti solo attraverso un’indagine tecnica; f) che, in ordine alle contestazioni mosse agli elaborati peritali, nulla era stato addotto per negare la qualifica di nudus minister del costruttore, come attribuita dal Tribunale; g) che doveva essere confermata la responsabilita’ del (OMISSIS), il quale – nella veste di tecnico abilitato alla valutazione di tutti i profili attinenti alla statica e sicurezza dell’opera – avrebbe dovuto respingere la modifica progettuale chiesta dal (OMISSIS), quale progettista e direttore dei lavori, modifica da cui era scaturita la minore rigidita’ del solaio e il suo eccessivo abbassamento, con la produzione delle fessurazioni lamentate; h) che il (OMISSIS) aveva concorso nella produzione dell’evento lesivo, condizionando la modifica progettuale al parere favorevole dell’unico soggetto abilitato alla ponderazione di ogni profilo concernente la statica e sicurezza dell’immobile.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, (OMISSIS).
Gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con separati controricorsi.
E’ rimasto intimato (OMISSIS).
4.- Il ricorrente e i controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno presentato memorie illustrative.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa valutazione della consulenza tecnica di parte, prodotta in uno con l’atto di appello, e la nullita’ per omessa, contraddittoria e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione agli articoli 61, 115, 116 c.p.c., e articoli 2733, 2735, 2727 e 2729 c.c., ed ancora l’omessa o insufficiente motivazione, per avere la Corte di merito negato l’acquisizione dei certificati di agibilita’ rispetto alla condanna risarcitoria per mancato godimento del bene, in violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., con violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con riferimento alla mancata rilevazione della nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio e della sentenza di primo grado, per induzione in errore del Tribunale ex articolo 88 c.p.c., da parte dell’attore e dei suoi consulenti.
Al riguardo, l’istante obietta che, nel corso del giudizio d’appello e segnatamente con istanza di anticipazione di udienza del 13 aprile 2014, aveva prodotto certificati di agibilita’ per il piano terra della struttura dell’anno (OMISSIS) e delle unita’ immobiliari poste al primo piano dell’anno (OMISSIS), di cui era venuto occasionalmente a conoscenza successivamente alla sentenza di primo grado, da cui sarebbe emerso che la struttura al piano terra era stata adibita ad attivita’ commerciale, mentre le unita’ immobiliari al primo piano erano state adibite a studio legale, documenti la cui ammissibilita’ era stata disattesa dal giudice del gravame, in ragione del fatto che la questione circa l’esistenza dei certificati di agibilita’ non fosse stata sollevata nell’atto di appello.
Senonche’ il giudice di merito avrebbe dovuto spiegare le ragioni per cui le nuove produzioni non avrebbero potuto essere ammesse, quali documenti indispensabili ai fini della decisione in ordine alla prova dell’inesistenza dei vizi denunciati, e conseguentemente della infondatezza del richiesto risarcimento dei danni, posto che il rilascio di tali certificati – per un verso – non avrebbe giustificato l’esecuzione degli interventi previsti dall’ausiliario del giudice per sanare l’ipotizzata, eccessiva flessibilita’ del solaio e – per altro verso – non avrebbe legittimato l’inclusione, fra le voci del risarcimento danni riconosciuto, dei costi per il mancato uso degli spazi relativi alle zone da adeguare, situazione della quale l’attore non aveva dato atto nei giudizi di merito, in tal modo violando l’obbligo di lealta’ e probita’, e che avrebbe reso necessaria la rinnovazione delle indagini peritali.
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1.1.- Il motivo e’ infondato.
Si premette che, nel giudizio di appello relativo alla causa di specie, sussisteva il potere del giudice di ammettere una prova nuova indispensabile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, testo, quest’ultimo, applicabile ai soli procedimenti in cui la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012 (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21606 del 28/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 26522 del 09/11/2017; Sez. 2, Sentenza n. 6590 del 14/03/2017). Mentre nella fattispecie la sentenza di prime cure n. 102/2020 e’ stata pubblicata il 19 febbraio 2010.
Tanto premesso, si ritengono indispensabili i documenti che siano dotati di un’influenza causale piu’ incisiva rispetto a quella delle prove gia’ rilevanti sulla decisione finale della controversia, il che impone al giudice del gravame di motivare espressamente sulla ritenuta attitudine, positiva o negativa, della nuova produzione a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi, cosi’ da consentire, in sede di legittimita’, il necessario controllo sulla congruita’ e sulla logicita’ del percorso motivazionale seguito e sull’esattezza del ragionamento adottato nella decisione impugnata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15488 del 21/07/2020; Sez. 1, Ordinanza n. 24164 del 13/10/2017; Sez. U., Sentenza n. 10790 del 04/05/2017; Sez. 1, Sentenza n. 16745 del 23/07/2014; Sez. 3, Sentenza n. 19608 del 27/08/2013; Sez. 3, Sentenza n. 26020 del 05/12/2011).
Nella fattispecie, il giudice d’appello ha escluso che i certificati di agibilita’ prodotti nel corso del procedimento d’impugnazione afferissero specificamente ai motivi di gravame interposti.
Inoltre, tali documenti sono stati pacificamente prodotti nel corso del giudizio d’appello, benche’ formatisi ben prima della pronuncia di primo grado (risalendo rispettivamente all’anno (OMISSIS) e all’anno (OMISSIS)). Il che ha indotto il giudice d’appello a delibare l’inammissibilita’ della produzione documentale.
Ora, i documenti – quand’anche in ipotesi indispensabili – possono essere prodotti in sede di gravame, purche’ la produzione avvenga, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12574 del 10/05/2019; Sez. 1, Sentenza n. 11510 del 23/05/2014; Sez. 1, Sentenza n. 12731 del 10/06/2011; Sez. U., Sentenza n. 8203 del 20/04/2005; Sez. 5, Sentenza n. 6528 del 02/04/2004).
Cio’ non e’ avvenuto nel giudizio di specie, senza alcuna valida giustificazione.
A fortiori, i gravi difetti rilevanti ex articolo 1669 c.c., ricorrono anche senza che vi sia un concreto pregiudizio alla statica e alla sicurezza del fabbricato e, dunque, la disamina dei rilasciati certificati di agibilita’ sarebbe stata comunque irrilevante.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articoli 1667 e 1669 c.c., in relazione all’omesso rispetto della prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illogicita’ e inadeguatezza della motivazione per omessa valutazione delle prove, per avere la Corte d’appello configurato i gravi difetti idonei ad integrare la fattispecie regolata dall’articolo 1669 c.c., a titolo di responsabilita’ aquiliana, escludendo quindi che l’azione fosse prescritta, anche ove non ricorrano fenomeni tali da influire sulla stabilita’ della costruzione.
Ad avviso dell’istante, mentre l’articolo 1669 c.c., disciplinerebbe le conseguenze dannose dei vizi costruttivi incidenti su elementi essenziali di struttura e funzionalita’ dell’opera, influendo sulla sua solidita’, efficienza e durata, l’articolo 1667 c.c., riguarderebbe l’ipotesi in cui la costruzione non corrisponda alle caratteristiche del progetto e del contratto di appalto ovvero sia stata eseguita senza il rispetto delle regole della tecnica.
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Senonche’, applicando tale criterio distintivo al caso di specie, ne sarebbe derivato che i vizi avrebbero dovuto essere inquadrati nella disciplina di cui all’articolo 1667 c.c., in quanto lo stesso consulente tecnico d’ufficio aveva precisato, descrivendo lo stato di pericolosita’ del fabbricato, che la struttura dovesse ritenersi in sicurezza.
E, in sede di accertamento tecnico preventivo, era altresi’ emersa la mancanza di manifestazioni di crisi o di degrado dei materiali, tali da prospettare l’imminenza di un collasso locale di alcuni elementi strutturali e di un collasso globale dell’intero sistema strutturale, tanto da indurre il tecnico a ritenere che la struttura, sotto il profilo della sicurezza, fosse in buone condizioni. Con l’effetto che l’azione di garanzia si sarebbe prescritta.
Aggiunge il ricorrente che, anche nell’ipotesi in cui la fattispecie avesse dovuto inquadrarsi nell’ambito dell’articolo 1669 c.c., ad ogni modo, non sarebbe stata dimostrata l’epoca in cui si sarebbero create le micro-fessure e la causa, dovendosi escludere che esse fossero riconducibili alla eccessiva deformabilita’ del solaio.
2.1.- La doglianza e’ fondata nei termini che seguono.
Segnatamente, a fronte degli specifici motivi di censura svolti in sede di gravame, nessuna puntuale confutazione – rispetto al caso concreto – e’ stata offerta dalla motivazione della Corte distrettuale in ordine all’emarginazione della condotta imputabile al responsabile dei calcoli, all’incidenza eziologica di tale condotta sull’integrazione dei difetti dell’immobile e alla portata delle carenze costruttive, ai fini di ricondurne la qualificazione nell’alveo dei “gravi difetti” richiamati dall’articolo 1669 c.c., e non dei semplici vizi, ricadenti nella garanzia ex articolo 1667 c.c..
Infatti, nella prima parte del testo della pronuncia, con riguardo alla parte motiva, si richiamano, a titolo meramente esemplificativo, le fattispecie individuate in astratto dalla giurisprudenza di legittimita’ al fine di integrare i “gravi difetti” ex articolo 1669 c.c., senza pero’ alcuna debita sussunzione del principio rispetto alla connotazione del caso concreto. Nella seconda parte si richiamano, invece, generiche fessurazioni dei tramezzi interni e l’altrettanto generico consenso prestato dal responsabile dei calcoli all’invocata modifica progettuale, senza puntualizzare la consistenza di tale modifica, l’eventuale incidenza in concreto sulla statica e sulla sicurezza, a fronte delle cause alternative dedotte dall’appellante (ossia l’effettiva incidenza di tale modifica, di cui non e’ stata precisata la natura, sulla rigidita’ del solaio e sul suo abbassamento, e – a sua volta – l’incidenza di tale ipotetica rigidita’ e abbassamento sulla determinazione delle fessurazioni), l’entita’ delle fessurazioni rilevate.
Siffatte argomentazioni non osservano il “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, traducendosi nel vizio di “motivazione apparente”, che si converte in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e da’ luogo a nullita’ della sentenza (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Non e’ dato, all’uopo, rinvenire alcun supporto deduttivo adeguato al caso trattato e volto ad inficiare le obiezioni mosse dall’appallante, ai fini della verifica della debita integrazione della fattispecie concreta rispetto alla fattispecie astratta enucleata ex articolo 1669 c.c., tenuto conto del contegno effettivamente assunto dal responsabile dei calcoli.
Ne’ il giudice di legittimita’ puo’ surrogarsi a tali evidenti lacune esplicative attraverso una lettura alternativa delle prove e precipuamente delle svolte indagini tecniche.
2.2.- In proposito, la responsabilita’ aquiliana per rovina e difetti di cose immobili – nonostante l’articolo 1669 c.c., contempli una presunzione iuris tantum di colpa del danneggiante, che impone a quest’ultimo di fornire la prova liberatoria (Cass. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15321 del 12/06/2018; Sez. 3, Sentenza n. 1026 del 17/01/2013; Sez. 6-2, Ordinanza n. 16815 del 03/10/2012; Sez. 1, Sentenza n. 15488 del 06/12/2000; Sez. 2, Sentenza n. 12106 del 28/11/1998; Sez. 2, Sentenza n. 5624 del 07/11/1984; Sez. 3, Sentenza n. 3550 del 28/10/1969; Sez. 2, Sentenza n. 1853 del 11/06/1968) – presuppone, in ogni caso, che sia offerta la prova, a cura del danneggiato, che gli eventi rappresentati dalla rovina, in tutto o in parte, dell’edificio, dall’evidente pericolo di rovina o dai gravi difetti siano eziologicamente riconducibili a vizio del suolo o a difetto della costruzione. Tale dimostrazione puo’ essere data anche all’esito delle svolte indagini tecniche.
In particolare, secondo il consolidato orientamento nomofilattico, i difetti della costruzione devono consistere in una qualsiasi alterazione conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell’opera, che – pur non riguardando sue parti essenziali, ma anche gli elementi accessori e secondari atti a consentire l’impiego duraturo cui l’opera e’ destinata – incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 28/01/2005; Sez. 3, Sentenza n. 10023 del 25/05/2004; Sez. 2, Sentenza n. 8811 del 30/05/2003; Sez. 2, Sentenza n. 456 del 19/01/1999).
All’esito, sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini dell’articolo 1669 c.c., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purche’ tali da comprometterne la funzionalita’ globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24230 del 04/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 1751 del 24/01/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 27315 del 17/11/2017; Sez. U., Sentenza n. 7756 del 27/03/2017).
Sicche’ i gravi difetti non si identificano necessariamente con i vizi influenti sulla staticita’ dell’edificio, purche’ essi ne compromettano in modo apprezzabile il godimento, e pur non dovendo necessariamente implicare l’impedimento assoluto dell’uso.
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2.3.- Ora, in tema di responsabilita’ dell’appaltatore ex articolo 1669 c.c., la qualificazione del vizio come grave costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’, se adeguatamente motivato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 39599 del 13/12/2021).
Ebbene, pur tenendo conto di tale premessa, nella motivazione esaminata difetta la coerente giustificazione in ordine alla integrazione dei gravi difetti, causalmente ricollegabili ad un vizio costruttivo, di cui non e’ stata addotta alcuna effettiva spiegazione, ancorata alle peculiarita’ del caso concreto e non limitata ad una mera, assiomatica descrizione del quadro normativo e giurisprudenziale, sganciata da qualsiasi collegamento con le emergenze processuali (e segnatamente con gli esiti degli svolti accertamenti tecnici), con l’effetto che l’iter motivatorio risulta del tutto inidoneo ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione.
Sicche’, sotto tale profilo, il giudice di rinvio dovra’ rivalutare le risultanze probatorie allo scopo di accertare l’esistenza delle condizioni dell’azione proposta rispetto al contegno del calcolatore, dandone puntualmente atto nella motivazione ed esplicitando il percorso ricostruttivo che lo ha indotto a pervenire alle relative conclusioni.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 113 c.p.c., e articolo 345 c.p.c., comma 3, per avere la Corte territoriale mancato di rilevare il concorso di colpa del danneggiato ex articolo 1227 c.c., comma 1, e per non avere ammesso le prove orali, anche in relazione ai nuovi documenti depositati in appello.
Osserva l’istante che non vi sarebbe stata prova del mancato godimento dell’immobile, che avrebbe dovuto comunque escludersi in ragione dell’ottenuta agibilita’, ne’ sarebbe stata data una specifica giustificazione in ordine al rigetto della richiesta di rinnovazione delle indagini tecniche.
4.- Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 61, 115 e 116 c.p.c., nonche’ dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la Corte del gravame disatteso l’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, nonostante le specifiche contestazioni mosse.
In particolare, l’istante adduce che i puntuali e precisi rilievi svolti dal consulente tecnico di parte, come supportati dalla produzione documentale, avrebbero comprovato che il consulente tecnico d’ufficio aveva omesso di acquisire la documentazione utile alle valutazioni tecniche che gli competevano, che non aveva acquisito la copia della relazione a struttura ultimata del direttore dei lavori, depositata l’8 maggio 1998, nonche’ la copia del collaudo statico effettuato e depositato il 13 maggio 1998, ne’ aveva preso in considerazione la relazione del direttore dei lavori, secondo cui la struttura in oggetto sarebbe stata idonea a sopportare i carichi previsti dal calcolo e avrebbe risposto perfettamente agli scopi per cui era stata realizzata.
5.- Con il quinto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della violazione degli articoli 61, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la Corte distrettuale mancato di rideterminare le quote di responsabilita’ del calcolatore e del direttore dei lavori nell’esecuzione dell’opera edile, allo scopo di superare le argomentazioni svolte dal Tribunale.
Sul punto, l’istante rileva che il direttore dei lavori, pur concorrendo nella produzione dell’evento, aveva comunque condizionato la modifica progettuale al parere favorevole dell’unico soggetto abilitato alla valutazione di ogni aspetto concernente la staticita’ e sicurezza dell’edificio, sicche’ il responsabile dei calcoli – odierno ricorrente – avrebbe avuto l’obbligo di riesaminare l’adeguatezza del progetto alla luce della modifica richiesta, in modo da escludere la produzione di qualsiasi grave difetto nell’esecuzione dell’opera.
Inoltre, prosegue il ricorrente, non sarebbe condivisibile l’impostazione della sentenza impugnata in ordine all’esonero da responsabilita’ dell’appaltatore, in quanto nudus minister rispetto alle indicazioni impartite dal direttore dei lavori, i cui difetti progettuali non sarebbero stati cosi’ evidenti e macroscopici da renderli percepibili all’esecutore e sarebbero stati, invece, idonei a giustificare la sua condotta, atta a confidare ragionevolmente nelle indicazioni fornite dai due progettisti.
Senonche’, gia’ il giudice di primo grado (con la conferma del giudice d’appello) avrebbe mutato le percentuali di ripartizione della responsabilita’ stabilite dal consulente tecnico d’ufficio, il quale aveva determinato il concorso del calcolatore nella misura del 67%, quello del direttore dei lavori della misura del 22% e quello del costruttore nella misura dell’11%.
Appalto ed i gravi difetti dell’opera che riguardano elementi secondari ed accessori
Ebbene, nel caso di specie, secondo l’assunto dell’istante, i calcoli redatti dal (OMISSIS) sarebbero stati concordati e condivisi dal direttore dei lavori, senza l’opposizione dell’appaltatore, con la conseguenza che l’appaltatore e il direttore dei lavori avrebbero dovuto rispondere entrambi solidalmente dei danni patiti dal committente.
6.- Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono assorbiti dall’accoglimento del secondo, in quanto dipendenti dalla verifica dell’integrazione della fattispecie di responsabilita’ extracontrattuale delineata dall’articolo 1669 c.c..
7.- In conseguenza delle considerazioni esposte, il secondo motivo del ricorso deve essere accolto, il primo motivo deve essere rigettato mentre gli ulteriori motivi restano assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Appalto ed i gravi difetti dell’opera che riguardano elementi secondari ed accessori
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.
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