Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 28139.
Responsabilità del Comune affidante per i danni occorsi a un minore collocato in affidamento eterofamiliare
Non è configurabile una responsabilità contrattuale da contatto sociale del Comune affidante per i danni occorsi a un minore collocato in affidamento eterofamiliare, in ragione dell’assenza di specifici e reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione che distinguono tale specie di obbligazione dalla responsabilità aquiliana. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità contrattuale del Comune per i danni conseguenti all’annegamento di un minore nella piscina di proprietà dei coniugi ai quali era stato affidato, anche tenuto conto che questi ultimi, in quanto individuati dal Tribunale per i minorenni, non potevano considerarsi ausiliari del Comune ex art. 1228 c.c., in assenza di un rapporto di preposizione).
Sentenza|| n. 28139. Responsabilità del Comune affidante per i danni occorsi a un minore collocato in affidamento eterofamiliare
Data udienza 5 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: RESPONSABILITA’ CIVILE – RESPONSABILITA’ DEI GENITORI, TUTORI E PRECETTORI
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27795/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
nonche’ contro
COMUNE di CREMA, in persona del sindaco in carica, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di BRESCIA n. 1111/2021depositata il 08/09/2021;
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 5/06/2023 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
Responsabilità del Comune affidante per i danni occorsi a un minore collocato in affidamento eterofamiliare
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), nell’anno 2013, convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Cremona, il Comune di Crema, (OMISSIS) e (OMISSIS) per chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale, a titolo di responsabilita’ da contatto sociale, a seguito dell’annegamento del figlio (OMISSIS), nato nel (OMISSIS) – affidato ai convenuti dai Servizi Sociali del Comune di Crema – nella piscina incustodita di pertinenza dell’abitazione degli affidatari, nell’estate dell’anno (OMISSIS).
Il minore era, all’epoca dei fatti, in affido eterofamiliare presso i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) (che avevano altri due figli e ne avrebbero procreato un terzo durante il periodo di affidamento).
Si costituirono in giudizio i convenuti, che chiesero il rigetto della domanda, e venne chiamata in giudizio, dal Comune di Crema, la (OMISSIS), quale societa’ assicuratrice per la responsabilita’ civile, che pure, costituitasi in causa, concluse per il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Cremona, con sentenza n. 554/17, del 06/09/2017, rigetto’ la domanda.
La sentenza di prime cure venne impugnata da (OMISSIS).
I convenuti tutti, costituitisi in giudizio, chiesero il rigetto dell’appello e la conseguente conferma della sentenza impugnata. In particolare, i genitori affidatari proposero anche domanda di manleva nei confronti del Comune di Crema.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n 1111 del 08/09/2021, ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale, accogliendo in parte la domanda attorea nei confronti dei genitori affidatari, condannandoli al pagamento di Euro ottantamila, oltre interessi, a titolo di risarcimento dei danni, e al rimborso delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
La Corte territoriale ha, pero’, rigettato la domanda di risarcimento dei danni proposta dall’attore, e quella di manleva proposta dai genitori affidatari, nei confronti del Comune di Crema, condannando (OMISSIS) e i genitori affidatari (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido tra loro e nei rapporti interni in misura del cinquanta per cento tra (OMISSIS), da un lato, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’altro, al pagamento in favore del Comune e di (OMISSIS), delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ricorre in Cassazione (OMISSIS) con atto affidato ad un unico motivo, nel quale lamenta l’erroneo esame del titolo di responsabilita’ – da contatto sociale – in capo al Comune di Crema, l’erronea valutazione e travisamento di una prova documentale essenziale ai fini della decisione, la violazione o falsa applicazione degli articoli 1173, 1218 e 1228 c.c.
Resistono con separati controricorsi il Comune di Crema e la (OMISSIS).
I coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Il ricorso venne destinato alla trattazione nella Sez. VI- 3 e, quindi, con ordinanza interlocutoria n. 34144 del 21/11/2022, rimesso alla trattazione in pubblica udienza, per il rilievo della questione posta.
Fissata, a tal fine, l’udienza del 05/06/2023, il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Responsabilità del Comune affidante per i danni occorsi a un minore collocato in affidamento eterofamiliare
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso – che denuncia la violazione degli articoli 1173, 1218 e 1228 c.c. sotto il profilo di “erroneo esame del titolo di responsabilita’ c.d. da contatto sociale in capo al Comune” oltre ad “erronea valutazione e travisamento di prova documentale” (il decreto del Tribunale per i Minorenni di Brescia del 18/12/2007) – censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’obbligo di protezione del minore, assunto dal Comune di Crema (e idoneo a generare nei genitori biologici del bimbo l’ulteriore affidamento che il loro figlio sarebbe stato al sicuro da ogni rischio), sarebbe stato superato con il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Brescia, rispetto al quale l’ente municipale sarebbe stato chiamato solo ad un’attivita’ di ottemperanza.
Assume il ricorrente che, in realta’, i coniugi presso i quali il bimbo venne collocato si sarebbero posti come “ausiliari” attraverso i quali il Comune aveva adempiuto l’obbligazione, non “ex contractu”, ma comunque negoziale, ponendosi il “contatto sociale” alla stregua di taluno di quegli altri “atti o fatti” idonei a produrre obbligazioni, ex articolo 1173 c.c.
Il motivo, come rubricato ed esposto, dalla pagina 10 del ricorso, presenta non marginali profili di inammissibilita’, in quanto cumula censure di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ossia degli articoli 1173, 1218 e 1228 c.c. e di omesso esame di fatto decisivo e, con riferimento a detta ultima parte dell’esposizione, senza curarsi di apportare nuovi argomenti rispetto a quelli posti a base delle decisioni di primo e secondo grado.
Il motivo appare, tuttavia, manifestamente infondato.
La responsabilita’ da cd contatto sociale e’ una figura che ha trovato il suo luogo di iniziale emersione in relazione alle attivita’ professionali (per prima, quella medica), riguardando “l’operatore di una professione c.d. protetta (cioe’ una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato, articolo 348 c.p.), in particolare se detta professione abbia ad oggetto beni costituzionalmente garantiti”, e cio’ perche’, “a questo tipo di operatore professionale la coscienza sociale, prima ancora che l’ordinamento giuridico, non si limita a chiedere un “non facere” e cioe’ il puro rispetto della sfera giuridica di colui che gli si rivolge fidando nella sua professionalita’, ma giustappunto quel “facere” nel quale si manifesta la perizia che ne deve contrassegnare l’attivita’ in ogni momento (l’abilitazione all’attivita’, rilasciatagli dall’ordinamento, infatti, prescinde dal punto fattuale se detta attivita’ sara’ conseguenza di un contratto o meno)”. Difatti, la “pur confermata assenza di un contratto, e quindi di un obbligo di prestazione” in capo all’esercente una professione “protetta”, nel senso gia’ chiarito, “non e’ in grado di neutralizzare la professionalita’ (secondo determinati standard accertati dall’ordinamento su quel soggetto), che qualifica “ab origine” l’opera di quest’ultimo, e che si traduce in obblighi di comportamento nei confronti di chi su tale professionalita’ ha fatto affidamento, entrando in “contatto” con lui”. In altri termini, proprio “gli aspetti pubblicistici, che connotano l’esercizio di detta attivita’, comportano che esso non possa non essere unico da parte del singolo professionista, senza possibilita’ di distinguere se alla prestazione sanitaria egli sia tenuto contrattualmente o meno” (cosi’, in motivazione, Cass. n. 00589 del 22/01/1999, Rv. 52253801).
Orbene, ricorrendo tale evenienza “non puo’ esservi (solo) responsabilita’ aquiliana, poiche’ questa non nasce dalla violazione di obblighi ma dalla lesione di situazioni giuridiche soggettive altrui (e’ infatti ormai acquisito che, nell’ambito dell’articolo 2043 c.c., l’ingiustizia non si riferisce al fatto, ma al danno)”, sicche’, “quando ricorre la violazione di obblighi, la responsabilita’ e’ necessariamente contrattuale, poiche’ il soggetto non ha fatto (culpa in non faciendo) cio’ a cui era tenuto in forza di un precedente vinculum iuris, secondo lo schema caratteristico della responsabilita’ contrattuale”. Fatto generatore dell’obbligazione e’, pertanto, il “contatto sociale”, assistendosi, cosi’, ad una “dissociazione tra la fonte” – che e’ “individuata secondo lo schema dell’articolo 1173 c.c.” (e segnatamente in taluno di quegli ulteriori “fatti o atti” idonei a produrre obbligazioni in conformita’ con l’ordinamento giuridico) – “e l’obbligazione che ne scaturisce”, la quale “puo’ essere sottoposta alle regole proprie dell’obbligazione contrattuale, pur se il fatto generatore non e’ il contratto” (cosi’, nuovamente, Cass. n. 589 del 1999, cit.).
Questo modello di responsabilita’, comunemente assimilata alla responsabilita’ contrattuale, sebbene per inadempimento di un’obbligazione che non e’ “ex contractu” (ma che scaturisce da taluna di quelle che, nella tripartizione gaiana delle fonti del rapporto obbligatorio, venivano definite come variae causarum figurae), risulta fondato, in sostanza, sull’affidamento che nutre, in ordine alla sua professionalita’, chi entri in “contatto” con l’esercente una professione che richiede un particolare titolo abilitativo, imposto anche in relazione al rilievo costituzionali dei beni su cui tale professione incide.
Se in questi termini e’ stato definito lo schema, per cosi’ dire, “generale” della responsabilita’ “da contatto sociale qualificato”, si comprende perche’ esso si sia progressivamente esteso, da quella sanitaria, ad altre professioni “protette”, nel senso che si e’ in precedenza chiarito (ovvero, richiedenti speciali titoli abilitativi in ragione al rango costituzionale dei beni incisi). Estensione che, in particolare, ha investito la professione forense – dove la figura del “contatto sociale” e’ stata applicata, inizialmente, soprattutto per giustificare la responsabilita’ disciplinare dell’avvocato per condotte non strettamente inerenti l’esercizio dell’attivita’ defensionale, ma in ordine alle quali fu ritenuta egualmente necessaria l’osservanza delle regole deontologiche, trattandosi, comunque, di condotte inerenti i rapporti tra il professionista e il cliente, nei quali, proprio in ragione della spendita delle sue qualita’ professionale, l’avvocato “ottenga fiducia” dallo stesso e “ingeneri affidamento” (Sez. U n. 6216 del 23/03/2015, Rv. 580918-01) – e quella notarile (per applicazioni recenti si vedano Cass. n. 09320 del 09/05/2016 Rv. 639919-01 e Cass. n. 07746 del 08/04/2020 Rv. 657617-01).
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Attraverso una ulteriore valorizzazione della esigenza di tutela dell’affidamento, sottesa ad ogni ipotesi di responsabilita’ “da contatto sociale qualificato”, il passaggio successivo, compiuto dalla giurisprudenza di questa Corte, e’ consistito nella trasposizione di tale ipotesi dal solo piano delle “professioni protette”, anche a quello delle relazioni con pubbliche amministrazioni.
Infatti, si e’ ritenuto “qualificato” il contatto sociale tra sfere giuridiche, quando risulti “connotato da uno “scopo” che, per il suo tramite, le parti intendano perseguire”, evenienza ipotizzabile anche solo quando un soggetto, al fine di “evitare eventi pregiudizievoli alla persona o al patrimonio” o “di assicurarsi il corretto esercizio dell’azione amministrativa”, affidi “i propri beni della vita alla correttezza, all’influenza ed alla professionalita’ di un’altra persona”; si tratta, dunque, di “un contatto sociale pregnante che diventa fonte di responsabilita’ – concretando un fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’articolo 1173 c.c. – in virtu’ di un affidamento reciproco delle parti e della conseguente insorgenza di specifici, e reciproci, obblighi di buona fede, di protezione e di informazione”, sicche’ e’ proprio la sussistenza di “una struttura obbligatoria, vicenda tipica dell’obbligazione senza prestazione che segna “la differenza con la responsabilita’ aquiliana, alla base della quale non vi e’ alcun obbligo specifico, costituendo anche il generico dovere di “alterum non laedere” niente altro che la proiezione – insita nel concetto stesso di responsabilita’ – sul danneggiante del diritto del danneggiato all’integrita’ della propria sfera giuridica, al di fuori di un preesistente rapporto con il primo, atteso che, senza il rispetto da parte di chiunque altro dal titolare, il diritto in questione non sarebbe tale” (Cass. n. 14188 del 12/07/2016 Rv. 640485-01).
L’orientamento, laddove esso richiede che si tratti della violazione di una regola di condotta qualificata e non della violazione del generico dovere di non nuocere, non e’ mutato neppure negli anni piu’ recenti, avuto riguardo, ad esempio, all’ambito del contratto di appalto (Cass. n. 29711 del 29/12/2020 Rv. 660023 – 01) e dell’ambito scolastico (per una luttuosa vicenda si veda Cass. n. 10516 del 28/04/2017 Rv. 644014 – 01).
Stando cosi’ le cose, si puo’ fondatamente escludere che la fattispecie sottoposta al vaglio di questa Corte, con il presente ricorso, possa ricondursi alla responsabilita’ da contatto sociale. Cio’ in ragione dell’assenza di “reciproci” obblighi di buona fede, “di protezione e di informazione”, necessari, appunto, a dare vita a quella “struttura obbligatoria” che vale a differenziarla dalla responsabilita’ aquiliana, ove rileva un generico (e unilaterale, sebbene esistente in capo ad ogni consociato, diverso dal titolare dell’interesse leso dalla altrui condotta illecita) obbligo di “alterum non laedere”.
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D’altra parte, inoltre, sembra assai arduo ravvisare nella posizione dei coniugi “collocatari” del minore, specialmente a seguito del provvedimento giudiziario di affido, degli “ausiliari” del Comune, se e’ vero che la fattispecie di cui all’articolo 1228 c.c. – al pari di quelle, rilevanti sul piano extracontrattuale, di cui agli 2048 e 2049 c.c. – postula, per la sua concreta applicabilita’, l’esistenza di un rapporto tra ausiliario e committente ossia del cd. rapporto di preposizione (Cass. n. 06756 del 17/05/2001 Rv. 546713-01).
Nella prospettazione del ricorrente e’, inoltre, del tutto carente, come gia’ brevemente accennato all’inizio della disamina dell’unico (e promiscuo) motivo di ricorso, una idonea censura dell’omesso esame del provvedimento giudiziale, atteso che la sentenza del giudice territoriale ha posto a base del rigetto della domanda, di responsabilita’ da cd contatto sociale, specificamente la circostanza che i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) erano stati individuati, quali affidatari del piccolo (OMISSIS), proprio in forza del decreto del Tribunale per i minorenni di Brescia, (si noti che il divieto di impugnazione di legittimita’ per cd. doppia conforme e’ stato ribadito, in diversa, rispetto alla previgente, collocazione codicistica, dal nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 4, come, appunto, modificato dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, articolo 3, comma 27, applicabile ai giudizi introdotti con ricorso notificato dal 01/01/2023).
La mancata proposizione di un ricorso incidentale avverso la pronuncia d’appello, predicativa della fondatezza di una pretesa risarcitoria dell’odierno ricorrente nei confronti dei coniugi affidatari, non consente al collegio la concreta disamina dei relativi presupposti – stante il comportamento (che emerge ex actis) concretamente tenuto negli anni dal genitore biologico – alla luce del costante insegnamento,, di questa Corte regolatrice, sulla impredicabilita’ di un danno in re ipsa nell’attuale sistema della responsabilita’ civile.
Il ricorso e’, pertanto, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell’attivita’ processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo in favore di ciascun controricorrente.
Nulla per le spese nei confronti dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS).
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, per ciascun controricorrente, in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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