Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 25830.
In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche e l’actio quanti minoris
In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche, il successivo rilascio del certificato di agibilità non esclude la garanzia di cui all’art.1489 c.c., atteso che tale certificato non produce alcun effetto sanante e non preclude all’amministrazione comunale di esercitare il potere sanzionatorio di reprimere gli abusi edilizi eventualmente commessi nella realizzazione del fabbricato dichiarato abitabile.
Ordinanza|| n. 25830. In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche e l’actio quanti minoris
Data udienza 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Vendita immobile – Planimetria catastale – Licenza edilizia – Modifiche interne all’immobile – Decadenza dalla garanzia per i vizi – Azione contrattuale di garanzia e intervenuta prescrizione della domanda di manleva – Art. 1489 c.c. – Regolarità urbanistica e amministrativa – Conformità edilizia – Rilascio del certificato di abitabilità – DPR n. 382/2001 – Consiglio di Stato n. 3034/2013 – TAR Perugia n. 491/2013
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
Dott. POLETTI Dianora – rel. Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G.N. 26399-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1145/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 02/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2023 dal Consigliere Dott. DIANORA POLETTI.
In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche e l’actio quanti minoris
FATTI DI CAUSA
1. Con contratto di compravendita stipulato in data 24/10/2003, (OMISSIS) acquistava da (OMISSIS) e (OMISSIS) (i quali avevano precedentemente acquistato da (OMISSIS) in data 1.7.1980) un villino sito in (OMISSIS). Nell’apportare modifiche interne all’immobile, l’acquirente riscontrava altezze inferiori a mt. 2,60, nonostante le diverse misure riportate nel progetto allegato alla licenza edilizia n. (OMISSIS) e alla planimetria catastale del (OMISSIS).
2. All’esito dell’espletato procedimento per accertamento tecnico preventivo, con atto di citazione del 29.10.2007 (OMISSIS) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bologna, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per ottenere la condanna al pagamento di Euro 30.000,00 o della minore o maggiore somma ritenuta di giustizia, pari al costo delle opere necessarie per adeguare alle norme vigenti le altezze interne del villino di sua proprieta’.
(OMISSIS) e (OMISSIS), nel costituirsi in giudizio, eccepivano preliminarmente la decadenza dalla garanzia per i vizi per tardivita’ della denuncia e la prescrizione dell’azione proposta; nel merito contestavano il fondamento della domanda e, in via subordinata, chiedevano di essere manlevati da (OMISSIS) che aveva precedentemente a loro venduto l’immobile.
(OMISSIS) si costituiva eccependo il difetto di legittimazione dell’attore a proporre nei suoi confronti azione contrattuale di garanzia e l’intervenuta prescrizione della domanda di manleva formulata dagli altri convenuti nei suoi confronti.
3. Con sentenza n. 1110/2014, il Tribunale di Bologna, inquadrata la fattispecie nell’alveo dell’articolo 1489 c.c., non avendo i convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) rispettato l’obbligazione di consegnare la cosa al compratore libera da oneri o diritti reali o personali, accertato il mancato decorso della prescrizione decennale, li condannava, in solido tra loro, al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di Euro 22.649,91 oltre interessi dalla decisione al saldo a titolo di risarcimento dei danni dedotti; dichiarava inoltre il difetto di legittimazione della convenuta (OMISSIS) riguardo alla domanda attorea e la condannava a tenere manlevati i convenuti rispetto a quanto da loro dovuto a (OMISSIS).
4. Avverso tale decisione proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS), lamentando che il tribunale aveva erroneamente valutato le conclusioni dei due CTU, i quali avevano concluso che la vendita fu effettuata nel rispetto delle norme vigenti quo ante e che, in ogni caso, trattandosi di oneri apparenti e riconoscibili al momento dell’acquisto, il primo giudice aveva errato a ricondurre la fattispecie in esame all’articolo 1489 c.c..
5. Si costituiva in giudizio (OMISSIS) contestando la fondatezza del gravame ed assumendo, in ogni caso, che la fattispecie era da ricondurre ad un’ipotesi di aliud pro alio, stante l’intrinseca inidoneita’ dell’immobile a soddisfare i requisiti richiesti per ottenere la certificazione di abitabilita’.
(OMISSIS) si costituiva proponendo appello incidentale, lamentando l’erroneo rigetto della sua eccezione di prescrizione dell’azione di garanzia, proposta nei suoi confronti dagli altri convenuti. Eccepiva inoltre l’errata interpretazione delle risultanze istruttorie, non essendo stato considerato che tra il rogito del 1980 e quello del 2003 la legislazione in materia di compravendita immobiliare aveva subito modifiche e rilevava che il Comune di (OMISSIS) avesse rilasciato l’abitabilita’ pur in presenza di difformita’ tra le altezze indicate nel progetto allegato alla licenza edilizia e l’immobile realizzato, sancendo la regolarita’ amministrativa della costruzione.
6. Con sentenza n. 1145/2028, la Corte di Appello di Bologna, in riforma della sentenza gravata, accoglieva l’appello, dichiarando altresi’ insussistenti i presupposti della domanda di garanzia proposta dagli impugnanti nei confronti di (OMISSIS).
In particolare, la Corte distrettuale riteneva mancante, per potere applicare al caso di specie l’articolo 1489 c.c., la persistenza del potere repressivo della pubblica amministrazione, avendo il rilascio del certificato di agibilita’ dell’immobile comportato il giudizio di regolarita’ urbanistica dello stesso.
7. Avverso tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
8. (OMISSIS) e (OMISSIS), come pure (OMISSIS), nei cui confronti il ricorrente ha precisato di avere notificato il ricorso al solo effetto di integrita’ del contraddittorio, non hanno svolto difese in questa sede.
9. Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi degli articoli 375 comma 2 e 380-bis.1 c.p.c..
In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche e l’actio quanti minoris
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1489 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, deducendo che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto non applicabile al caso di specie la norma denunciata violata, confondendo la commerciabilita’ del bene con la sua regolarita’ urbanistica amministrativa e con la conformita’ edilizia.
A suo dire, la sentenza impugnata e’ errata la’ dove riconosce alla licenza di abitabilita’ rilasciata in data (OMISSIS) dal Comune di (OMISSIS) un effetto sanante, escludendo impropriamente l’esposizione al potere sanzionatorio della pubblica amministrazione per irregolarita’ urbanistiche sia i primi acquirenti (OMISSIS) sia (OMISSIS).
2.- Il secondo motivo e’ cosi’ rubricato: “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5 Violazione e falsa applicazione del Regio Decreto 1265 del 1934, articolo 221 e dell’articolo 1489 c.c. ex articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Con tale mezzo il ricorrente contesta la sentenza impugnata, sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge, in quanto la stessa e’ articolata su espressioni ed argomenti inconciliabili e viola il Regio Decreto 1265 del 1934, articolo 221 (Testo Unico delle leggi sanitarie), non considerato dalla decisione, che non ha tenuto in considerazione neppure la circostanza dirimente che nel 1971 l’ufficiale sanitario e l’ingegnere incaricato non avevano il compito di verificare la conformita’ del progetto a quanto costruito ma solo la salubrita’ dell’immobile ai fini sanitari. Ne consegue che il rilascio del certificato sulla base della normativa in vigore nel 1971 e nel 1980 non incide sul potere del sindaco di reprimere gli abusi edilizi eventualmente commessi nella realizzazione del fabbricato dichiarato abitabile (da qui la permanenza del potere sanzionatorio in capo alla P.A. e dunque l’applicabilita’ dell’articolo 1489 c.c.).
3.- I due motivi – che, per la loro comunanza, possono essere scrutinati congiuntamente – sono fondati.
La Corte distrettuale ha cosi’ motivato la sua decisione:
-ha ricondotto la situazione dell’immobile di cui e’ causa (realizzato con licenza edilizia del 1971 e con certificato di abitabilita’ rilasciato nel 1980, anteriormente alla prima compravendita) nel quadro dell’articolo 1489 c.c., come affermato dal primo giudice, posto che la non conformita’ della costruzione al progetto approvato dall’amministrazione non genera un’anomalia strutturale e dunque un vizio della cosa o la mancanza delle qualita’ promesse, ma determina una irregolarita’ che assoggetta il bene al potere sanzionatorio dell’amministrazione che e’ qualificabile come onere non apparente;
-richiamando precedenti di legittimita’, ha osservato che per l’applicabilita’ dell’articolo 1489 c.c. sono necessari due presupposti: a) la difformita’ della costruzione dalla licenza edilizia, salvo che questa non sia stata dichiarata o conosciuta al momento dell’acquisto; b) il persistere del potere repressivo della pubblica amministrazione, che determina deprezzamento e minore commerciabilita’ dell’immobile;
– ha quindi riconosciuto la sussistenza del primo presupposto, perche’ l’altezza interna uniforme in tutto l’immobile (pari a metri 2,47) e’ inferiore sia al valore indicato nel progetto, come da licenza edilizia, pari a metri 2,60, sia a quello previsto dalle norme del Comune di (OMISSIS) (metri 2,60), nonche’ in ultimo anche a quello previsto dalla vigente normativa (metri 2,70);
– ha invece escluso la sussistenza nella specie del secondo requisito, sul presupposto che il rilascio del certificato di abitabilita’ in data 12.06.1980 ha comportato necessariamente il giudizio di regolarita’ urbanistica, non sussistendo dubbi che a fronte della richiesta di rilascio di tale certificato il Comune abbia effettuato gli opportuni e dovuti controlli tramite gli uffici competenti sulla scorta delle condizioni previste dal Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 221, rimasto vigente con integrazioni fino alla sua sostituzione con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 2001 e tenendo in considerazione il fatto che “nel 1971, anno di concessione della licenza edilizia, non vi erano norme che imponessero altezze minime degli edifici, introdotte con il DM Sanita’ del 05/07/1975”.
La sentenza e’ errata nel suo passaggio motivazionale con il quale ha escluso il persistente potere repressivo della pubblica amministrazione per irregolarita’ urbanistiche e, di conseguenza, ha condiviso l’assunto di entrambi i nominati CTU “circa il fatto che il bene fosse commerciabile alla data del primo rogito, avendo il certificato di abitabilita’ comportato il giudizio di regolarita’ urbanistica”.
Il giudice a quo ha completato le sue argomentazioni richiamando giurisprudenza amministrativa a conforto di quanto affermato (Consiglio di Stato n. 3034/2013 e TAR Perugia, n. 491/2013).
In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche e l’actio quanti minoris
Come sostenuto dal ricorrente, queste decisioni sono state impropriamente invocate dalla Corte distrettuale, posto che non solo non escludono il potere di intervento sanzionatorio della P.A., ma soprattutto sono rese con riferimento a certificati di abitabilita’ rilasciati nella vigenza del Decreto Legge n. 398 del 1993 e poi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, che ha esteso i controlli da effettuare ai fini del rilascio della licenza di abitabilita’ anche all’accertamento della conformita’ urbanistico edilizia) e non del Regio Decreto n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), applicabile al caso di specie.
Oltre alle numerose decisioni emesse da altri Tribunali amministrativi, elencate dal ricorrente, a conferma della sopravvivenza del potere sanzionatorio della P.A. all’epoca dei fatti, nonostante il rilascio del certificato di abitabilita’, si puo’ riportare quanto affermato dal Consiglio di Stato nella decisione n. 8180/2019: “Il permesso di costruire ed il certificato di agibilita’ sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilita’ ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrita’, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio e’ finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilita’ (o di agibilita’) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilita’ di contestare successivamente la presenza di difformita’ rispetto al titolo edilizio, ne’ costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili”.
Il principio e’ stato ribadito anche da una pronuncia piu’ recente, resa sempre dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 5319/2020), che ha fatto riferimento al regime giuridico previgente il Decreto Legge n. 398 del 1993, sostenendo che al momento del rilascio del certificato di abitabilita’, avvenuto nel caso di specie nel 1974 (che e’ anche l’epoca della fattispecie che ci occupa), “il conseguimento del certificato di abitabilita’ non preclude(va) agli uffici comunali la possibilita’ di contestare successivamente la presenza di difformita’ rispetto al titolo edilizio”.
4.- La sentenza impugnata perviene peraltro ad affermare la perdita del potere sanzionatorio della pubblica amministrazione sulla scorta di un’argomentazione viziata da profili di contraddittorieta’, che il ricorrente evidenzia in particolare nel secondo motivo di ricorso.
A pag. 7 della decisione si legge che all’epoca la concessione dell’abitabilita’ “era subordinata a:…ii) riscontro della conformita’ della costruzione al progetto approvato” e si aggiunge che “Non essendovi motivo di ritenere che tali verifiche non furono effettuate… l’autorizzazione venne evidentemente rilasciata in considerazione del fatto che nel 1971, anno di concessione della licenza edilizia, non vi erano norme che imponessero altezze minime degli edifici (introdotte con il DM Sanita’ del 05/07/1975”. Ma a pag. 6 della sentenza – come gia’ sopra riportato – si legge che “e’ pacifico, sulla base delle risultanze peritali, che l’altezza interna uniforme in tutto l’immobile in oggetto, pari a metri 2,47, e’ inferiore tanto al valore indicato nel progetto (come da licenza edilizia e pari a metri 2,60) che delle norme del Comune di (OMISSIS) (metri 2,60)…”.
In caso di vendita di bene immobile non conforme a norme urbanistiche e l’actio quanti minoris
La decisione ha quindi, da un lato, assunto la circostanza che all’epoca della realizzazione dello stabile non vi erano norme che dettassero misure interne per l’altezza minima dei locali a ragione di rilascio della concessione dell’abitabilita’, riconoscendo pero’, dall’altro lato, la presenza di difformita’ rispetto al titolo edilizio (un’altezza di ml. 2,47 contro i ml. 2,60 adottato dal Comune di (OMISSIS)) e, per di piu’, ha richiamato e condiviso le considerazioni del CTU, affermando che (OMISSIS) ha “rispettato tutte le prescrizioni di legge vigenti all’epoca”.
Tutto questo non giustifica affatto l’attribuito effetto sanante al rilascio della licenza di abitabilita’, dato che la P.A. conserva il suo potere sanzionatorio quando vi sia (come nella specie) una irregolarita’ sanzionabile. Ne’ puo’ dirsi che l’attuale acquirente, odierno ricorrente, per non avere realizzato lui l’edificio in modo non conforme al progetto approvato, possa fare affidamento sulla inattivita’ della P.A. L’affermazione che il decorso del tempo “non possa incidere sull’ineludibile doverosita’ degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione” si rinviene in Cons. Stato, adunanza plen., n. 9/2017, il quale ha chiarito che “l’inerzia nell’adozione degli atti di repressione dell’abuso non e’ foriera d’affidamento alcuno sulla legittimita’ dell’opus in capo al proprietario dell’abuso, poiche’… questi non e’ destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata”.
Si puo’ aggiungere infine che coglie nel segno la deduzione del ricorrente secondo la quale solo con la L. n. 47 del 1985, articolo 13 l’istituto dell’accertamento di conformita’ edilizia e’ stato introdotto nel nostro sistema legislativo; il che stride con la dichiarata volonta’ sanante della pubblica amministrazione sul piano strettamente edilizio, riconosciuta a una costruzione della quale si afferma contestualmente la difformita’ dalla licenza edilizia.
5.- In conclusione, il ricorso merita accoglimento. La decisione impugnata deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, al fine di procedere ad un nuovo esame delle difese sulla base dei principi di diritto indicati. Al giudice di rinvio e’ demandata anche la decisione sulle spese relative al presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
la Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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