Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 21651.
Diffamazione con il mezzo televisivo e l’esercizio del diritto di critica
In tema di diffamazione con il mezzo televisivo, l’esercizio del diritto di critica quale libera estrinsecazione del pensiero è idoneo a scriminare l’illiceità dell’offesa, a condizione però che siano rispettati i limiti della continenza verbale, della verità dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica; in particolare il requisito della verità oggettiva della notizia, anche soltanto putativa, richiede che la notizia sia frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, tanto più attento a fronte della diffusività del mezzo impiegato, che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realtà oggettiva false, dovendo in definitiva l’esercizio del diritto di critica essere connotato non soltanto dalla verità oggettiva della notizia, ma anche dall’astensione dall’impiego di maliziose ambiguità e di espressioni potenzialmente fuorvianti. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto diffamatoria la messa in onda di un servizio televisivo in cui, invece di dare conto dell’esistenza di un duplice rapporto lavorativo in capo alla stessa persona – rispettivamente quale segretaria di uno studio legale e collaboratrice di un gruppo politico del Senato – si attribuiva ad un senatore l’utilizzo di denaro pubblico per retribuire la propria segretaria di studio).
Ordinanza|| n. 21651. Diffamazione con il mezzo televisivo e l’esercizio del diritto di critica
Data udienza 11 luglio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Diffamazione, ingiurie ed offese – In genere diffamazione a mezzo tv – Diritto di critica – Verità putativa – Condizioni e limiti – Fattispecie.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7942/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) per procura speciale nel controricorso;
-controricorrente-
nonche’ contro
(OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ((OMISSIS)) per procura speciale nel controricorso;
-contricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 6/2022 depositata il 14/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2023 dal Consigliere LOREDANA NAZZICONE.
Diffamazione con il mezzo televisivo e l’esercizio del diritto di critica
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 14 gennaio 2022, n. 6, la Corte d’appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale di Bolzano n. 333/2019, che aveva condannato in solido (OMISSIS) s.p.a. e gli autori (OMISSIS) e (OMISSIS) al risarcimento del danno in favore di (OMISSIS), liquidato in Euro 60.000,00, oltre all’ordine di pubblicazione di estratto della sentenza su quotidiani e sul sito della trasmissione “(OMISSIS)”, per avere predisposto e messo in onda in data (OMISSIS) un servizio televisivo dal titolo “(OMISSIS)”, in cui allo stesso era stato attribuito il fatto specifico di avere utilizzato pubblico denaro per remunerare una segretaria del proprio studio legale.
Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che:
a) in punto di fatto, e’ provato che la signora lavorava, in un dato periodo, sia come dipendente dello studio legale a tempo indeterminato, sia quale co.co.co. per il (OMISSIS), percependo la somma mensile di Euro 877,00 lorde; che il (OMISSIS) il senatore aveva diffidato dal mandare in onda il servizio, fornendo dati e documenti a chiarimento della posizione effettiva della signora; che, tuttavia, il (OMISSIS) il servizio era andato ugualmente in onda, con ampia eco sia online sia sulla stampa;
b) cio’ posto, non si e’ trattato del legittimo esercizio del diritto di critica con riguardo ad una notizia vera – a tal fine occorrendo che il presupposto fattuale non sia frutto di invenzione o alterazione – in quanto il programma non aveva soltanto rimarcato la coesistenza dei due rapporti di lavoro, ma, al contrario, dal servizio televisivo trasmesso risulta la notizia falsa che la segretaria dello studio legale fosse illecitamente remunerata a spese della collettivita’, pur essendo sempre assente da (OMISSIS) e tutto il giorno presente, invece, nello studio legale in (OMISSIS); il tutto, grazie un montaggio e ritaglio ad arte delle interviste realizzate dagli autori presso il personale del (OMISSIS), la (OMISSIS) e l’interessato, aggravato dai commenti e dalle sottolineature travisanti degli autori, che dolosamente avevano trascurato sia la prova della diversa realta’ dei fatti tempestivamente comunicata dal sen. (OMISSIS), sia la puntuale verifica dei medesimi, ai fini della c.d. verita’ putativa; con il risultato che la notizia fornita al pubblico, in forma assertiva e non di pura ipotesi, era quella falsa della retribuzione pagata alla predetta con denaro pubblico;
c) il danno non patrimoniale e’ stato correttamente valutato dal tribunale in Euro 60.000,00, tenuto conto che esso non e’ mai in re ipsa, ma puo’ essere fondato su presunzioni, attese le circostanze del caso concreto, fra cui rilevano i commenti feroci pubblicati dai cittadini sui vari siti online, gli articoli di stampa che ne erano seguiti, ed alla luce di contro del curriculum vitae del danneggiato, del suo ruolo politico dell’epoca, nonche’ dell’attribuzione di un fatto determinato, astrattamente integrante il reato di cui all’articolo 316-bis c.p., con lesione delle sua immagine politica, sociale e professionale, e della particolare gravita’ altresi’ dell’elemento psicologico dell’illecito, posto che essi hanno tagliato ed adattato il filmato, intenzionalmente ignorando le prove in contrario gia’ fornite dall’offeso, ed anzi espressamente interpellando al riguardo lo stesso presidente del (OMISSIS) dell’epoca (OMISSIS), dunque alla stregua di tutti i parametri enunciati da Cass. n. 21855/2019;
d) corretta e’ altresi’ l’adozione dell’ordine ex articolo 120 c.p.c., proporzionato alla vicenda ed allo scandalo che ne e’ derivato.
Avverso questa sentenza viene proposto ricorso per cassazione da (OMISSIS) s.p.a., sulla base di quattro motivi.
Propongono ricorso incidentale adesivo (OMISSIS) e (OMISSIS).
Resiste l’intimato (OMISSIS) con controricorso.
Le parti ricorrenti hanno, altresi’, depositato la memoria.
Diffamazione con il mezzo televisivo e l’esercizio del diritto di critica
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della Cost., articoli 21, 2043 e 2059 c.c., 51 c.p., in quanto la sentenza impugnata ha riferito il limite della verita’ dei fatti, al fine del legittimo esercizio del diritto di critica, a circostanze diverse dai c.d. fatti di partenza, su cui la critica si era innestata, ossia la contemporanea esistenza dei due rapporti di lavoro in capo alla signora (OMISSIS), posto che solo la verita’ di tale fatto avrebbe dovuto rilevare a valido fondamento del lecito diritto di critica esercitato.
Con il secondo motivo, deduce la violazione degli articoli 2727 c.c. e 112 c.p.c., non avendo l’attore mai allegato i danni, che gli sono stati invece liquidati, ed avendo egli allegato un danno in re ipsa, onde la prova presuntiva non avrebbe potuto supplire al mancato assolvimento dell’onere di allegazione.
Con il terzo motivo, la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articoli 1226, 2056 e 2059 c.c., perche’ la sentenza impugnata ha liquidato equitativamente il danno in misura superiore a quello previsto dalle c.d. tabelle di Milano, aventi efficacia paranormativa, che prevedono il risarcimento massimo di Euro 50.000,00.
Con il quarto motivo, deduce la violazione dell’articolo 120 c.p.c., con nullita’ della sentenza, per essere sproporzionata la sanzione della pubblicazione su cinque testate giornalistiche, oltre che sul sito della trasmissione televisiva, non avendo tale misura nella specie un fine generale e preventivo, dato che si e’ voluto cosi’ assegnare ad essa una finalita’ reintegratoria di un pregiudizio gia’ accaduto, la quale almeno avrebbe dovuto essere considerata per ridurre corrispondentemente la misura del danno liquidato.
2. – Il primo motivo e’ infondato.
La sentenza impugnata ha spiegato, in modo ampio e puntuale, come il fatto diffuso non fu la mera coesistenza di un duplice rapporto di lavoro in capo alla medesima persona, quale segretaria sia dello studio legale sia del gruppo parlamentare, ma proprio la percezione di uno stipendio unicamente a carico del secondo, per svolgere prestazioni esclusivamente a carico del primo.
A fronte di tale compiuto accertamento della corte territoriale, il motivo ne’ coglie nel segno per la censura in diritto, ne’ puo’ scalfire l’apprezzamento del fatto riservato al giudice del merito.
Se quest’ultimo profilo, concernente l’accertamento dei fatti della vicenda, non e’ in discussione, quanto al primo giova ricordare che fra i requisiti che ordinariamente richiede l’esercizio del diritto di cronaca perche’ funga da esimente dalla responsabilita’ per diffamazione, qualora si rispetti la triade della veridicita’ del fatto, della sua rilevanza sociale e della continenza nella sua descrizione (giurisprudenza consolidata: Cass. 4 settembre 2012 n. 14822, Cass. 4 ottobre 2011 n. 20285, Cass. 16 maggio 2008 n. 12420, Cass. 19 gennaio 2007 n. 1205, Cass. 18 ottobre 1984 n. 5259) – il limite della verita’ putativa, per quel che ora rileva, esonera da responsabilita’ civile quando i fatti, al momento in cui vennero appresi dall’autore, apparivano verosimili, sia sul piano oggettivo, perche’ non manifestamente implausibili, sia sul piano soggettivo, in quanto l’autore abbia compiuto ogni sforzo diligente ed esigibile, secondo la previsione dell’articolo 1176, comma 2, c.c., per accertare la verita’ degli stessi (cfr.: Cass. 29 ottobre 2019, n. 27592; 9 aprile 2019, n. 9799; 31 ottobre 2016, n. 22042; 25 agosto 2014, n. 18174; 15 dicembre 2004, n. 23366; 13 febbraio 2002, n. 2066; 24 settembre 1997, n. 9391; 16 settembre 1996, n. 8284; 7 febbraio 1996, n. 982; 11 gennaio 1978, n. 90; 17 maggio 1972, n. 1499; 13 giugno 1969, n. 2117).
Diffamazione con il mezzo televisivo e l’esercizio del diritto di critica
Per stabilire se l’autore abbia diligentemente saggiato l’attendibilita’ della sua fonte di informazioni occorre avere riguardo a tutte le circostanze del caso, oltre che della potenziale diffusivita’ del mezzo di comunicazione utilizzato, posto che i mezzi di comunicazione a diffusione potenzialmente universale ed incontrollabile, come la televisione o il web, richiedono una diligenza di grado massimo nell’accertamento della verita’ putativa da parte del giornalista, in considerazione della maggiore potenzialita’ offensiva della diffusione di notizie non vere (Cass. 29 ottobre 2019, n. 27592 ed altre ivi citate).
Ed e’ vero che il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; tuttavia, per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verita’, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive (Cass. 1 marzo 2023, n. 6179); il diritto di critica, che puo’ essere esercitato da chiunque quale estrinsecazione della libera manifestazione del pensiero, ha rango costituzionale al pari del diritto all’onore e alla reputazione, sul quale anzi prevale, scriminando l’illiceita’ dell’offesa, a condizione pero’ che siano rispettati i limiti della continenza verbale, della verita’ dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica (Cass. 3 dicembre 2021, n. 38215; 9 aprile 2019, n. 9799; 31 ottobre 2016, n. 22042); del pari, per la giurisprudenza penale di questa Corte, ai fini della configurabilita’ dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica politica e’ necessario che l’elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verita’ e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui (e multis, Cass., sez. 5 pen., 14 settembre 2020, n. 31263, Ud. dep. 9.11.2020; Sez. 5, 25 ottobre 2021, n. 45249, Ud. dep. 9.12.2021; Sez. 5, 27 novembre 2018, n. 7798, Ud. dep. 20.2.2019; Sez. 5, 27 settembre 2018, n. 57005, Ud. dep. 18.12.2018).
Ne deriva che le modalita’ espressive, se rilevano autonomamente per il requisito della continenza verbale, possono ridondare anche in punto del requisito della verita’ putativa della notizia diffusa, nel senso che la critica rivolta nei confronti di fatti dipinti come veri, che si alluda essere tali grazie “al sottinteso sapiente, agli accostamenti suggestionanti, al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, all’artificiosa drammatizzazione con cui si riferiscono notizie neutre, alle vere e proprie insinuazioni” (cfr. Cass. 29 ottobre 2019, n. 27592), potrebbe finire nel non rispettare piu’ in se’ il requisito della verita’ putativa stessa.
Essenziale, dunque, al riguardo il requisito della verita’ oggettiva della notizia, anche soltanto putativa, purche’ frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca: la quale non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realta’ oggettiva false (Cass. 18 maggio 2018, n. 12370, ed altre ivi citate), dovendo in definitiva l’esercizio del diritto di critica essere connotato non soltanto dalla verita’ oggettiva della notizia, ma anche dall’astensione dall’impiego di maliziose ambiguita’ e di espressioni potenzialmente fuorvianti (cfr. Cass. 3 maggio 2023, n. 11514).
3. – Il secondo ed il terzo motivo, che riguardando entrambi il profilo del danno liquidato possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.
Come risulta dal contenuto dell’atto di citazione, riportato in ossequio al requisito dell’autosufficienza, fu allegata dall’attore la sussistenza del pregiudizio derivato dalla lesione all’onore e alla reputazione della vittima, sotto ogni profilo, onde risulta pretestuosa la prospettata carenza di allegazione ed impossibile prova, di conseguenza, del danno preteso.
In particolare, circa il terzo motivo, occorre ricordare che la liquidazione equitativa del danno consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicche’, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice e’ chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralita’ del risarcimento: onde solo se non siano indicate le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullita’ per difetto di motivazione (indebitamente ridotta al disotto del “minimo costituzionale” richiesto dalla Cost., articolo 111, comma 6) sia nel vizio di violazione dell’articolo 1226 c.c. (Cass. n. 22272/2018).
Per il resto, la corte del merito non ha affatto ritenuto di ravvisare un danno in re ipsa, al contrario essendosi attenuta, in premessa, alla corretta regola secondo cui il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione al diritto alla reputazione, non e’ in re ipsa ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento: che, peraltro, ben puo’ essere data con ricorso al notorio e tramite presunzioni (giurisprudenza costante: fra le altre, di recente Cass. 18 gennaio 2017, n. 1185; Cass. 13 ottobre 2016, n. 20643; Cass. 14 giugno 2016, n. 12143; Cass. 22 marzo 2016, n. 5590; Cass. 24 settembre 2013, n. 21865; Cass. 28 settembre 2012, n. 16543), assumendosi, a tal fine, come specifici parametri di riferimento, la diffusione della notizia, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della persona colpita, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto sociale e professionale.
Ed e’ quanto ha argomentato il giudice d’appello, allorche’ ha evidenziato la particolare sofferenza morale patita, in considerazione dell’ambiente di vita e lavoro del danneggiato; ne e’ derivata la valutazione necessariamente equitativa del pregiudizio subito, risultando tale criterio imposto dalla natura stessa di tale danno, che non puo’ essere provato nel suo preciso ammontare, ai sensi dell’articolo 1226 c.c..
Al riguardo, va richiamato il principio secondo cui, in tema di risarcimento del danno all’onore e alla reputazione, la liquidazione del danno non patrimoniale presuppone una valutazione necessariamente equitativa, la quale non e’ censurabile in cassazione qualora i criteri seguiti siano enunciati in motivazione e non siano manifestamente incongrui rispetto al caso concreto, o radicalmente contraddittori, o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza, ovvero l’esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto (Cass. 25 maggio 2017, n. 13153; Cass. 23 febbraio 2017, n. 4700; Cass. 2 marzo 2004, n. 4186; Cass. 28 agosto 2003, n. 12613).
Ed e’ vero che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che il giudice del merito debba dare conto delle ragioni della quantificazione che si discosti in modo eccessivo dai parametri esibiti da quelle c.d. tabelle, quale parametro di conformita’ della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli articoli 1226 e 2056 c.c. (cfr. es. Cass. 5 maggio 2020, n. 8468).
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La quale, peraltro, per l’appunto resta ancorata esclusivamente a queste disposizioni di diritto positivo, in una con il prudente apprezzamento riservato al giudice del merito dall’articolo 116 c.p.c..
Infatti, come e’ stato gia’ precisato da questa Corte, l’articolo 1226 c.c. prefigura l’equita’ giudiziale c.d. integrativa o correttiva e dunque un giudizio di diritto e non di equita’ (e plurimis, Cass. 25 maggio 2023, n. 14560; Cass. 30 luglio 2020, n. 16344, non mass.)
Ne deriva nient’altro che la conferma di un principio consolidato, qual e’ quello secondo cui la liquidazione equitativa non esonera affatto il giudice dalla necessita’ di rendere trasparente il percorso liquidatorio utilizzato, chiarendo la logica, i presupposti, i parametri della quantificazione del danno, al fine di consentire la ve-rifica del rispetto tra chiesto e pronunciato nonche’ allo scopo di escludere eventuali duplicazioni risarcitorie e di verificare se sia stata riconosciuta l’integralita’ del risarcimento.
Ora, la Corte territoriale ha correttamente ed ampiamente motivato, in modo da chiarire proprio di aver risposo ad un’esigenza di equita’ giudiziale c.d. integrativa o correttiva, giustificando compiutamente che la liquidazione operata e’ servita proprio a garantire alla vittima l’integrale ristoro del danno. Onde occorre concludere che la valutazione, nella specie operata, resta incensurabile, atteso che la somma liquidata risulta adeguata alle premesse enunciate, cosi’ come evidenziate dalla sentenza impugnata.
4. – Il quarto motivo e’ inammissibile.
L’ordine di pubblicazione della decisione per estratto su siti giornalistici, come si e’ ancora di recente chiarito, a norma dell’articolo 120 c.p.c., costituisce l’oggetto di un potere discrezionale del giudice, e quindi una sanzione autonoma che, grazie alla conoscenza da parte della collettivita’ della reintegrazione del diritto offeso, assolve alla funzione riparatoria in via preventiva rispetto all’ulteriore propagazione degli effetti dannosi dell’illecito, diversamente dal risarcimento del danno per equivalente che mira al ristoro di un pregiudizio gia’ verificatosi (Cass. 21 gennaio 2016, n. 1091): onde, in tema di lesione del diritto all’immagine e alla reputazione, la quantificata entita’ del corrispondente danno risarcibile non puo’ essere certo automaticamente ridotta per effetto della pubblicazione della sentenza sui quotidiani (Cass. 12 dicembre 2022, n. 36138).
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5. – Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e dei ricorrenti adesivi, in via solidale fra di loro.
Vengono interamente compensate, attesa la comunanza dell’interesse, quelle tra la ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali adesivi.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido la ricorrente ed i ricorrenti incidentali adesivi al pagamento in favore del controricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge.
Compensa le spese tra la ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali adesivi.
Da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricors
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
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