Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 20885.
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario in favore di un altro, in quanto riconducibile alla gestione d’affari altrui, è valido ed efficace nei confronti dei comproprietari non locatori che non si siano preventivamente opposti alla stipula, i quali possono ratificare l’operato del gestore, ai sensi dell’art. 1705 c.c., senza particolari formalità, e chiedere al conduttore il pagamento “pro quota” dei canoni di locazione maturati in data successiva alla intervenuta ratifica.
Ordinanza|| n. 20885. Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
Data udienza 24 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Locazione – Beni in comunione – Risoluzione – Canoni pro quota – Gestione d’affari – Regola di cui all’art. 2032 c.c. – Ratifica nell’atto di intimazione di sfratto
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18477/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. (OMISSIS), e dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5166/2019, pubblicata in data 30 ottobre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 maggio 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
RILEVATO
Che:
1. Il Tribunale di Nola, pronunciando sulle domande proposte da (OMISSIS), quale comproprietaria dell’immobile sito in (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), volte ad ottenere la risoluzione del contratto di locazione intercorso tra il convenuto, conduttore e comproprietario del medesimo immobile, e (OMISSIS), altra comproprietaria e madre del conduttore, ed il pagamento pro quota dei canoni scaduti e non pagati a far data dal (OMISSIS) e fino al (OMISSIS), per l’importo complessivo di Euro 18.300,00, rigettava la prima domanda ed accoglieva parzialmente la seconda, limitatamente all’importo di Euro 3.750,00, pari alla quota di spettanza dell’intimante sui canoni di locazione dal mese di (OMISSIS) sino al mese di (OMISSIS).
In particolare, il giudice di primo grado, aderendo all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 11135/12, riteneva che la fattispecie sottoposta al suo esame dovesse essere ricondotta nell’ambito della applicazione della gestione d’affari e fosse soggetta alla regola di cui all’articolo 2032 c.c., con la conseguenza che doveva ravvisarsi la ratifica nell’atto di intimazione di sfratto, con effetto dal 30 dicembre 2016, data di perfezionamento della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio.
2. (OMISSIS) ha proposto gravame dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, che ha integralmente confermato la sentenza impugnata, facendo applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 11135/12, ritenuti valevoli anche per l’ipotesi in esame in cui il conduttore era anche comproprietario del bene oggetto di locazione. Ha, inoltre, precisato di non poter prendere in considerazione i profili di doglianza esposti dall’appellante nel corso dell’udienza di discussione (udienza del 3 aprile 2019 e del 23 ottobre 2019) in ordine all’effettiva efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti in favore di (OMISSIS), trattandosi di deduzioni inammissibili, perche’ non contenute nell’atto di impugnazione, in violazione dell’articolo 342 c.p.c.
3. (OMISSIS) ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con tre motivi.
(OMISSIS) resiste con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si denunzia âEuro¹âEuro¹Violazione e falsa applicazione degli articoli 832, 1100, 1102, 1103, 1105, 1571, 1587, 2028 e ss., nonche’ dell’articolo 2909 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.
Sostiene la ricorrente che i giudici d’appello non avrebbero considerato che la fattispecie sottoposta al loro esame era del tutto diversa da quella che, secondo le Sezioni Unite, rientrava nell’ambito di applicazione della gestione d’affari; e cio’ perche’ nel caso deciso dalle Sezioni Unite il bene comune era stato concesso in locazione ad un soggetto estraneo alla comunione da parte di una delle due comproprietarie, contitolare del bene in ragione della meta’, che ne aveva la disponibilita’, all’insaputa dell’altra, mentre, nel caso de quo, si discute del contratto di locazione intercorso tra (OMISSIS), quale conduttore ed anche comproprietario del bene immobile, e (OMISSIS), altra comproprietaria del bene. Assume che nella presente fattispecie deve, piuttosto, trovare applicazione la giurisprudenza di legittimita’, secondo la quale “sugli immobili oggetto di comunione concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, in virtu’ della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri; con la conseguenza che il singolo condomino puo’ stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile in comunione e che un condomino diverso da quello che ha assunto la veste di locatore e’ legittimato ad agire per il rilascio del bene stesso (senza che sia necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini), purche’ non risulti l’espressa ed insuperabile volonta’ contraria degli altri comproprietari, la quale fa venire meno il presunto consenso della maggioranza” (Cass., sez. 3, 18/07/2008, n. 19929). Soggiunge che l’applicabilita’ della giurisprudenza da ultimo richiamata e’ stata sostenuta dalla stessa controparte che ne ha fatto espressa menzione nella comparsa di costituzione in giudizio.
2. Con il secondo motivo, deducendo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 820, comma 3, articoli 1292 e 1314 c.c., la ricorrente, facendo leva sul principio espresso da Cass. n. 5014/2017, sostiene che il conduttore deve eseguire la prestazione pro quota nei riguardi dei condomini/locatori, sicche’, nel caso di specie, (OMISSIS) e’ tenuto, in forza del contratto di locazione e sin dalla sua stipulazione, a pagare pro quota il canone agli altri condomini, compresa la madre e, quindi, la quota pari al 50 per cento in favore della stessa ricorrente.
3. Con il terzo motivo, censurando la decisione gravata per violazione e falsa applicazione della norma di cui all’articolo 342 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la ricorrente sostiene che la violazione della norma evocata in rubrica, ritenuta dalla Corte d’appello, e’ insussistente.
Evidenzia che all’udienza del 3 aprile 2019, fissata per la comparizione delle parti e per la discussione del ricorso, ed alla successiva udienza del 23 ottobre 2019, fissata per la prosecuzione della discussione, non aveva esposto “profili” ulteriori di doglianza in merito alla pronuncia di primo grado, ma si era limitata a contestare quanto dedotto dalla parte appellata in comparsa di costituzione e risposta in ordine ai pagamenti dei canoni di locazione, rappresentando che, come emergeva dalla documentazione prodotta, il vaglia postale di Euro 600,00, relativo ai mesi di (OMISSIS), non ritirato dal beneficiario, era stato rimborsato dalle Poste Italiane a (OMISSIS) e che non vi era prova che i vaglia postali di Euro 300,00 ciascuno, relativi ai mesi di (OMISSIS), erano stati da lei ricevuti ed incassati.
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
4. Il primo ed il secondo motivo, strettamente connessi, possono essere congiuntamente trattati e sono infondati, avendo, del tutto correttamente, la Corte d’appello ricondotto la fattispecie qui in esame, in cui si controverte della locazione di un bene comune da parte di un solo comproprietario, all’istituto della gestione d’affari, in conformita’ a quanto statuito dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 11135/2012.
Con tale sentenza e’ stato enunciato il seguente principio: “La locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari rientra nell’ambito della gestione di affari ed e’ soggetta alle regole di tale istituto, tra le quali quella di cui all’articolo 2032 c.c., sicche’, nel caso di gestione non rappresentativa, il comproprietario non locatore puo’ ratificare l’operato del gestore e, ai sensi dell’articolo 1705 c.c., comma 2, applicabile per effetto del richiamo al mandato contenuto nel citato articolo 2032 c.c., esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni corrispondente alla rispettiva quota di proprieta’ indivisa”.
A tale approdo le Sezioni Unite sono pervenute all’esito di un lungo excursus delle diverse posizioni emerse nella giurisprudenza di legittimita’ in merito alla questione relativa alla legittimazione del comproprietario non locatore ad agire direttamente per l’esercizio dei diritti e dei poteri contrattuali derivanti dalla stipulazione del contratto da parte dell’altro comproprietario, confermando che la locazione svolge pienamente i suoi effetti anche quando il locatore abbia violato i limiti dei poteri che gli spettano ex articolo 1105 c.c. e ss., essendo sufficiente ai fini della stipula della locazione che abbia la disponibilita’ della cosa locata.
A fronte delle diverse soluzioni prospettate dalla giurisprudenza sul tema, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover inquadrare la fattispecie nell’ambito della gestione di affari altrui ex articolo 2028 c.c., “consentendo tale disciplina di offrire una soluzione che vale a contemperare gli interessi e le posizioni dei vari soggetti coinvolti”.
Nel rilevare che l’esistenza di una situazione di contitolarita’ del bene da parte del gestore non e’ di ostacolo all’applicazione dell’articolo 2028 c.c., hanno avuto cura di sottolineare che “elemento caratterizzante della gestione di affari e’ il compimento di atti giuridici spontaneamente ed utilmente nell’interesse altrui, in assenza di un obbligo legale o convenzionale di cooperazione” e che, a tal fine, si richiede, insieme alla spontaneita’ dell’intervento del gestore, all’animus aliena negotia gerendi, all’alienita’ dell’affare, all’utilita’ della gestione (utiliter coeptum), anche l’absentia domini, da intendersi non come impossibilita’ oggettiva o soggettiva di curare i propri interessi, bensi’ come semplice mancanza di un rapporto giuridico in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui, ovvero quale forma di spontaneo intervento senza opposizione e/o divieto del dominus.
Sulla base di tali premesse, le Sezioni Unite hanno desunto le seguenti conclusioni: l’opposizione del comproprietario non locatore rileva solo se portata a conoscenza e manifestata prima della stipula del contratto, ai sensi dell’articolo 2031 c.c., rimanendo, in caso contrario, il contratto di locazione pienamente efficace, ancorche’ non vi sia il consenso del comproprietario che non ha stipulato il contratto; il comproprietario non locatore che abbia ratificato l’operato dell’altro comunista, ai sensi dell’articolo 1705 c.c., potra’ sostituirsi al comproprietario locatore per il solo esercizio dei diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato con preclusione del compimento di ogni altra azione derivante dal contratto.
Il contratto sottoscritto dal comproprietario locatore e dal conduttore e’ dunque valido ed efficace, cosicche’ la posizione del conduttore e’ posta al riparo da eventuali contrasti che dovessero insorgere tra i comproprietari in ordine alla gestione del bene comune, mentre il comproprietario non locatore, che sia a conoscenza dell’intenzione dell’altro comproprietario di addivenire alla stipula del contratto di locazione del bene comune, deve manifestare preventivamente il proprio dissenso, il che lo esonera dal dover adempiere le obbligazioni assunte dal gestore, ma conserva comunque la facolta’ di ratificare il contratto stipulato dal comproprietario locatore (in senso conforme, Cass., sez. 3, 10/10/2019, n. 25433; Cass., sez. 3, 10/09/2019, n. 22540; Cass., sez. 3, 09/04/2021, n. 9476).
A siffatti principi occorre attenersi anche nella fattispecie in esame, a nulla rilevando, come ritenuto dalla parte ricorrente, la qualita’ di comproprietario del bene in capo al conduttore (OMISSIS). Come evidenziato dai giudici d’appello, “una volta riconosciuta ad un comproprietario la detenzione esclusiva della res comune in virtu’ di un contratto di locazione, ad opera del comproprietario che tale detenzione possa trasferire, a tale contratto, fondante un titolo di detenzione esclusiva, dovra’ farsi riferimento nei rapporti con il comproprietario conduttore, potendo poi la disciplina in tema di rendiconto dei frutti e delle rendite senz’altro rilevare nei rapporti tra comproprietario locatore, che abbia riscosso per intero il canone di locazione, e gli altri comunisti, che siano rimasti estranei al contratto di locazione”.
La logica indicata dalle Sezioni Unite, cioe’ quella della gestione d’affari, e’ perfettamente ricorrente nel caso in cui uno dei comproprietari stipuli la locazione della cosa comune con altro comproprietario. Si potrebbe pensare che essa difetti, perche’ il comproprietario che assume le vesti di conduttore non potrebbe connotarsi contemporaneamente come soggetto per cui il comproprietario che assume la veste di conduttore agisca coma gerente. Ma, data la diversita’ della posizione di comproprietario e di quella di stipulante la locazione come conduttore, non si configura alcuna incompatibilita’, trattandosi di posizioni giuridicamente distinte. Semmai, il comproprietario che riceve la res in locazione dovra’ essere considerato – per un evidente principio di non contraddizione – automaticamente ratificante, per cosi’ dire ilico et immediate l’operato del suo collega stipulante come locatore.
In questa ottica, dunque, il contratto concluso dal comproprietario locatore, (OMISSIS), e (OMISSIS) conserva piena validita’ ed e’ dunque opponibile all’odierna ricorrente, comproprietaria del bene, che, come accertato dalla Corte d’appello, non essendosi preventivamente opposta alla stipula del contratto di locazione, non puo’ pretendere la risoluzione del medesimo contratto, ma puo’ soltanto chiedere il pagamento pro quota dei canoni di locazione maturati in data successiva alla intervenuta ratifica, coincidente con la data di notificazione dell’atto di intimazione dello sfratto per morosita’.
Del tutto inconferente risulta il principio di diritto enunciato dalla sentenza di questa Corte n. 5014/2017, invocata dalla ricorrente a supporto del secondo motivo di ricorso, trattandosi di precedente che si riferisce alla diversa ipotesi di contratto di locazione in cui la parte locatrice e’ costituita da piu’ locatori, ognuno dei quali e’ legittimato ad agire nei riguardi del locatario per l’adempimento integrale delle sue obbligazioni, operando in tal caso la disciplina della solidarieta’ di cui all’articolo 1292 c.c.
La sentenza impugnata sfugge dunque alle censure ad essa rivolte con i mezzi in esame.
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
5. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
5.1. Va, anzitutto, rilevato che la censura viola l’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che non riproduce il contenuto dell’atto di appello riguardo al quale vi sarebbe stata l’erronea applicazione dell’articolo 342 c.p.c.
In tema di ricorso per cassazione, la deduzione della questione dell’inammissibilita’ dell’appello, a norma dell’articolo 342 c.p.c., integrante error in procedendo, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimita’, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilita’ del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificita’ di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 6, che deve essere modulato, in conformita’ alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticita’ e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attivita’ del giudice di legittimita’ e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass., sez. L, 04/02/2022, n. 3612: Cass., sez. 1, 06/09/2021, n. 24048).
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessita’ di consentire al giudice di legittimita’ di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – trova applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali siano contestati errori da parte del giudice di merito; ne discende che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi; l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilita’ del motivo di censura, onde il ricorrente non e’ dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilita’) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di esso (Cass., sez. 1, 23/12/2020, n. 29495).
Il contratto di locazione stipulato da un comproprietario
5.2. Sotto diverso profilo, la doglianza non sfugge alla declaratoria d’inammissibilita’ perche’, vertendosi nell’ambito di vizio di violazione di norma del procedimento, la parte ricorrente non spiega la decisivita’ del preteso vizio, come esige l’articolo 360-bis c.p.c., n. 2, secondo l’esegesi fornitane da Cass. n. 22341 del 2017 (in senso conforme, Cass., sez. 3, 12/04/2023, n. 9674).
6. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno distratte, ai sensi dell’articolo 93 c.p.c., in favore del difensore del controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, da distrarre in favore dell’avv. (OMISSIS), che si dichiara antistatario.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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