Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 20248.
Le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un secondo giudizio
Le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un secondo giudizio identico al primo e a questo riunito, in quanto la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell’effettivo “thema decidendum et probandum”, restando anzi intatta l’autonomia di ciascuna causa. Ne consegue che, in tale evenienza, il giudice – in osservanza del principio del “ne bis in idem” e allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni – deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l’eventualità che, non potendo tale causa condurre ad una pronuncia sul merito, venga meno l’impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata.
Ordinanza|| n. 20248. Le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un secondo giudizio
Data udienza 1 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – COMUNIONE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16497/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente incidentale –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 271/2022 depositata il 08/02/2022;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 01/03/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Vicenza, investito di due diversi giudizi, uno proposto da (OMISSIS) nei confronti del fratello (OMISSIS) per avere una indennita’ di occupazione di immobile comune, in (OMISSIS), acquistato dalle parti in causa in forza di successione dei genitore, l’ultima delle quali – quella materna – apertasi nel 2009, l’altro proposto da (OMISSIS) con ricorso ai sensi dell’articolo 702-bis c.p.c., per la divisione dell’immobile, riuniti i due giudizi, ha pronunziato sentenza non definitiva, con la quale ha attribuito l’intero immobile a (OMISSIS), dietro pagamento dell’eccedenza, disponendo la prosecuzione del giudizi per la definizione delle pretese obbligatorie dipendenti dalla comunione; quindi con sentenza definitiva ha riconosciuto, in favore di (OMISSIS), una indennita’ per l’uso esclusivo della cosa comune da parte di (OMISSIS), che ha fatto decorrere dal 30 gennaio 2013, data della missiva con la quale (OMISSIS) chiese il pagamento; ha accolto anche la domanda di (OMISSIS), di rimborso delle somme anticipate per la manutenzione dell’immobile.
La Corte d’appello di Venezia, sempre per quanto qui rileva, ha accolto in parte l’appello principale di (OMISSIS), limitatamente alla decorrenza dell’obbligo indennitario per l’uso esclusivo della cosa comune, che ha fatto decorrere dall’apertura della successione; ha confermato invece l’accoglimento della domanda di controparte, ritenendo che la stessa domanda (di rimborso dei lavori straordinari eseguiti sull’immobile) fosse stata tempestivamente proposta e il relativo credito provato attraversi la prova per testimoni, ammissibile in presenza delle condizioni che giustificavano la deroga al limite di valore previsto dall’articolo 2721 c.c., tenuto conto che i lavori all’immobile erano stati positivamente riscontrati dal consulente tecnico.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), sulla base di due motivi. Si difende con controricorso (OMISSIS), formulando ricorso incidentale, sulla base di due motivi, resistito con controricorso dal ricorrente principale. (OMISSIS) ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I motivi del ricorso principale vanno come di seguito riassunti:
a) omesso esame di fatto decisivo in relazione al mancato esame del fatto che, prima del gennaio 2013, non sussisteva una situazione di possesso esclusivo del ricorrente relativo all’immobile comune, tale da giustificare il riconoscimento di una indennita’ pro quota alla comproprietaria;
b) violazione degli articoli 1102 e 723 c.c., perche’ la Corte d’appello non ha fatto applicazione del principi giurisprudenziali in tema di uso esclusivo dei beni comuni da parte del singolo comunista: in forza di tali principi l’obbligo indennitario doveva farsi decorrere solo dal momento in cui (OMISSIS) aveva formulato la relativa richiesta.
I motivi del ricorso incidentale possono cosi’ riassumersi:
a) violazione degli articoli 274 e 183 c.p.c., perche’ la Corte d’appello, per quanto riguarda la domanda di rimborso delle spese sostenute per lavori all’immobile, ha accolto la stessa domanda, ritenendola tempestiva, argomentando che il credito era stato fatto valere in compensazione nel giudizio promosso da (OMISSIS) per ottenere dal fratello l’indennita’ per l’uso esclusivo dell’immobile comune; in quella sede, infatti, il convenuto, costituendosi, oppose in compensazione il credito derivante dal su indicato titolo. Secondo la ricorrente incidentale, nell’accogliere tale domanda, la Corte d’appello era incorsa in una duplice violazione: in primo luogo tenuto conto che nel giudizio nel quale il credito fu introdotto non fu offerta alcuna prova, non essendo state ammesse le prove formulate dal (OMISSIS) con la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2, l’accoglimento si giustificava in considerazione delle prove dal medesimo offerte nel secondo giudizio, in violazione della regola secondo cui la riunione non puo’ rappresentare uno strumento per aggirare preclusioni e decadenze gia’ verificatasi; neanche la preclusione potrebbe dirsi superata in conseguenza della autonoma proposizione della domanda di rimborso nel secondo giudizio, in quanto la domanda fu proposta solo con la prima memoria ex articoli 183 c.p.c., comma 6, n. 1.
b) violazione degli articoli 2721 e 2726 c.c., perche’ la Corte d’appello ha ritenuto ammissibile la prova testimoniale in riferimento ai lavori e al loro pagamento, in assenza di ragioni idonee a giustificare, nel caso di specie, l’ammissibilita’ della prova oltre il limite legale.
2. Il primo motivo del ricorso principale e’ inammissibile. Nessun omesso esame di fatti decisivi, sussiste, ma il ricorrente si duole della ricostruzione del fatto operata dalla Corte d’appello, la quale, qualora avesse correttamente inteso gli elementi istruttori, avrebbe dovuto concludere nel senso che, fino al 30 gennaio 2013, (OMISSIS) aveva avuto libero accesso all’immobile comune. E’ evidente, pertanto, che, sotto l’egida del vizio di omesso esame di fatto decisivo, il ricorrente intende in verita’ ripetere un giudizio sul merito, qui non ripetibile.
3. Il secondo motivo del ricorso principale e’ fondato. Sempre che il titolo o la legge non dispongano diversamente, ciascun comunista, essendo titolare di un diritto su tutta quanta la res communis “puo’ servirsi della cosa comune”, senza pero’ impedire agli altri di servirsene ugualmente (articolo 1102 c.c., comma 1). Costituisce principio acquisito nella giurisprudenza della Corte che l’uso esclusivo del bene comune da parte di uno dei comproprietari, nei limiti di cui all’articolo 1102 c.c., non e’ idoneo a produrre alcun pregiudizio in danno degli altri comproprietari che siano rimasti inerti o abbiano acconsentito ad esso in modo certo ed inequivoco, essendo l’occupante tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ricavabili dal godimento indiretto della cosa solo se gli altri partecipanti abbiano manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato concesso (Cass. n. 2423/2015; n. 24647/2010). In tempi piu’ recenti il medesimo principio e’ stato espresso nei seguenti termini: “In materia di comunione del diritto di proprieta’, se per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non ne sia possibile, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., un godimento diretto con pari uso da parte dei comproprietari, essi possono deliberarne l’uso indiretto e, in mancanza di tale deliberazione, il comproprietario, che da solo ha goduto del bene, deve corrispondere agli altri partecipanti alla comunione i frutti civili con decorrenza dalla data in cui gli perviene la richiesta di uso turnario o comunque di partecipazione al godimento da parte degli altri comunisti (Cass. n. 10264/2023; conf. n. 1738/2022).
La Corte d’appello non si e’ attenuta a tale principio, dal quale conseguiva che il diritto della compartecipe nei confronti di (OMISSIS) non poteva avere decorrenza precedente la missiva del 30 gennaio 2013, essendo incontroverso che, per il periodo precedente, la comproprietaria non aveva obiettato alcunche’ rispetto all’uso dell’immobile comune da parte del comproprietario.
4. Il primo motivo del ricorso incidentale, il quale e’ esente dalla pluralita’ di eccezione di inammissibilita’ formulate del ricorrente, e’ fondato sotto tutti profili dedotti con il motivo stesso.
La Corte d’appello, investita della eccezione di tardivita’ della domanda di rimborso delle spese che (OMISSIS) assumeva di avere sostenuto per la cosa comune, ha ritenuto che la questione rimanesse superata in conseguenza del fatto che il credito fu gia’ fatto valere nel giudizio iniziato da (OMISSIS) per avere l’indennita’ per l’uso esclusivo della cosa comune. In questo modo, pero’, la Corte d’appello non ha tenuto conto che in quel giudizio l’eccezione non ebbe seguito istruttorio, a causa della tardivita’ del deposito della memoria istruttoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2, da parte dell’attuale ricorrente.
In questo senso e’ quindi nel giusto la ricorrente incidentale quando sostiene che la Corte d’appello, dopo avere riconosciuto la tempestivita’ della domanda in base al rilievo di cui sopra, e cioe’ la proposizione nel giudizio instaurato preventivamente e poi riunito a quello iniziato da (OMISSIS) per la divisione, ha poi accolto la stessa domanda sulla base delle prove acquisite nel secondo giudizio, poi riunito al primo: il che e’ contrario al principio secondo cui decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate dalla parte che vi sia incorsa mediante l’introduzione di un secondo giudizio identico al primo e a questo riunito, in quanto la riunione di cause identiche non realizza una vera e propria fusione dei procedimenti, tale da determinarne il concorso nella definizione dell’effettivo thema decidendum et probandum, restando anzi intatta l’autonomia di ciascuna causa. Ne consegue che, in tale evenienza, il giudice – in osservanza del principio del “ne bis in idem” e allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale e di non ledere il diritto di difesa della parte in cui favore sono maturate le preclusioni – deve trattare soltanto la causa iniziata per prima, decidendo in base ai fatti tempestivamente allegati e al materiale istruttorio in essa raccolto, salva l’eventualita’ che, non potendo tale causa condurre ad una pronuncia sul merito, venga meno l’impedimento alla trattazione della causa successivamente instaurata (Cass. n. 24529/2018; n. 567/2015).
Nel proprio controricorso al ricorso incidentale il ricorrente principale sostiene che il problema non sussiste a prescindere dalla ricostruzione operata dalla Corte d’appello, tenuto conto della tempestiva proposizione della domanda di rimborso anche nel secondo giudizio poi riunito al primo, che sarebbe stata proposta senza attendere la prima memoria ex articolo 183, comma 6, n. 1, gia’ nel verbale dell’udienza di prima comparizione. Si evidenzia che gia’ in quella sede (OMISSIS) aveva dimesso “documenti e note d’udienza”. In verita’, in base alla trascrizione operata a pag. 8 del controricorso al ricorso incidentale, non risulta che fosse stata univocamente formulata una domanda di rimborso; comunque sia la replica del ricorrente, a voler dare seguito alla sua tesi, vorrebbe dire che la verifica dell’ammissibilita’ della domanda non andrebbe fatta ai sensi dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, ma in applicazione di quanto prevede dello stesso articolo 183, comma 4: alla udienza di prima comparizione, “l’attore puo’ proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto”.
E’ nozione di comune esperienza che la domanda di divisione giudiziale e’ solitamente accompagnata dalla richiesta di resa del conto fra condividenti, sia generica sia sollecitata con riferimento a vicende determinate (atti di amministrazione della cosa o godimento separato di beni), idonee a generare debiti di singoli e corrispondenti crediti proporzionali degli altri. Di la’ dalla normalita’ del collegamento, le pretese obbligatorie dipendenti dalla comunione non fanno parte della domanda di divisione, ma costituiscono domande autonome. Se sono proposte dal convenuto, si applicano i tempi e le forme previsti per le domande riconvenzionali, mentre l’attore deve proporle o con l’iniziale citazione oppure, qualora l’esigenza sia sorta da difese del convenuto, nei limiti consentiti dall’attuale articolo 183 c.p.c..
In questa prospettiva e’ dirimente la considerazione che il giudizio fu proposto da (OMISSIS) solo per la divisione dell’immobile, senza introduzione di pretese obbligatorie. Dal canto suo, la convenuta, nel costituirsi in questo giudizio, chiese che la divisione fosse estesa all’intero asse, senza far valere pretese obbligatorie. In questa prospettiva, la tesi del ricorrente, in ordine al fatto che la domanda costituiva reazione alle difese della convenuta, avrebbe potuto avere un qualche appiglio se le spese fatte valere si riferissero a un immobile diverso da quello oggetto della originaria domanda di divisione, laddove e’ pacifico che si discuteva pur sempre dell’immobile comune in (OMISSIS). Del resto, la stessa Corte d’appello non si e’ mossa su questa linea, ma ha riconosciuto che la domanda fosse per definizione tempestiva in quanto il credito era stato fatto valere nel giudizio preventivamente instaurato e poi riunito. Sotto questo profilo, pero’, la decisione incorre nel vizio di cui sopra, riguardante l’aggiramento delle preclusioni.
Va da se’ che, nella situazione considerata, la pretesa obbligatoria connessa con la divisione non potrebbe essere proposta con la prima memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, non venendo in considerazione una “modificazione” (cfr. Cass., S.U., n. 12310/2015), ma, appunto, l’introduzione di una nuova domanda.
In conseguenza dell’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale rimane assorbito il secondo dello stesso ricorso incidentale.
In conclusione, la sentenza deve essere cassata in relazione al secondo motivo del ricorso principale e al primo motivo del ricorso incidentale. La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Venezia, la quale procedera’ a nuovo esame attenendosi a quanto sopra.
La Corte di rinvio liquidera’ le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti del ricorso principale e del ricorso incidentale; rinvia la causa innanzi alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply