Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 20318.
Il divieto di introdurre nuove eccezioni in appello non opera nel caso di eccezione fondata su fatti sopravvenuti
Nel procedimento d’appello, il divieto di introdurre nuove eccezioni posto dall’articolo 345 cod. proc. civ. non opera nel caso di eccezione fondata su fatti sopravvenuti, verificatisi dopo lo scadere del termine per la loro deducibilità in sede di primo grado dal momento che l’insussistenza del fatto storico nelle more del giudizio di prime cure, che ha reso impossibile sollevare la relativa eccezione, non contrasta con l’esigenza di assicurare il doppio grado di giudizio sul merito (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di responsabilità dell’intermediario finanziario, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto da quest’ultimo, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere la corte d’appello errato nell’omettere di esaminare il fatto decisivo in questione – sopravvenuto nel corso del gravame, documentato e ribadito nella comparsa conclusionale e consistente nella circostanza nella vendita dei titoli obbligazionari da parte della odierna controricorrente – ammissibilmente dedotto dall’appellante). (Riferimenti giurisprudenziali: C assazione, sezione civile I, sentenza 5 luglio 2019, n. 18219).
Ordinanza|| n. 20318. Il divieto di introdurre nuove eccezioni pin appello non opera nel caso di eccezione fondata su fatti sopravvenuti
Data udienza 5 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Procedimento d’appello – Divieto di introdurre nuove eccezioni – Eccezione fondata su fatti sopravvenuti – Articolo 345 c.p.c. – Non si applica
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. VALENTINO Daniela – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. (OMISSIS), (OMISSIS), ed (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso il suo recapito professionale in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1067/2018 del 12.11.2018, depositata il 4.12.2018 della Corte di Appello di Messina;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 5.5.2023 dal
Consigliere Dott. Daniela Valentino.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 27.2.2006 la sig.ra (OMISSIS) conveniva avanti al Tribunale di Patti il (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS)), esponendo di avere impartito, nel mese di (OMISSIS), a detto Istituto un ordine di acquisto di obbligazioni (OMISSIS) per il complessivo controvalore di Euro 191.000.
L’attrice sosteneva di essere stata indotta al compimento dell’investimento in questione dalle rassicurazioni di un funzionario del (OMISSIS), che le avrebbe prospettato l’operazione come “a basso rischio e certamente redditizia”.
Lamentava, inoltre, l’illegittimita’ della condotta di detto Istituto, che avrebbe: a) “omesso le dovute informazioni e gli opportuni chiarimenti”; b) omesso di “evidenziare i rischi” asseritamente correlati alla predetta operazione finanziaria; c) omesso di consegnare all’attrice “la documentazione attinente al rapporto”; d) trasferito all’attrice “titoli a sua disposizione”.
Tutto cio’ premesso, l’attrice chiedeva al Tribunale adito di: a) accertare e dichiarare la nullita’ o l’annullabilita’ del contratto di investimento; b) condannare, per l’effetto, il (OMISSIS) “alla restituzione, diretta o a titolo risarcitorio, della somma di Euro 191.000, oltre interessi legali, nonche’ risarcimento da determinare con riferimento alla maggiore redditivita’ dell’ammontare investito rispetto ai rendimenti minimi garantiti dalla legge”.
Il (OMISSIS) si costituiva in giudizio con comparsa di risposta in data 8.5.2006, eccependo preliminarmente l’erronea introduzione del giudizio secondo le forme del rito ordinario, anziche’ con quelle del rito societario. Il Tribunale di Patti disponeva il mutamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo. Con successiva memoria notificata in data 5.7.2006 la sig.ra (OMISSIS) riassumeva il presente giudizio nelle forme del rito societario.
Il Tribunale, con sentenza non definitiva, rigettava le domande di nullita’ ed annullamento dell’operazione in obbligazioni argentine ma riteneva meritevole di accoglimento la domanda di risarcimento del danno che sarebbe derivato dalla violazione degli obblighi di comportamento ed informazione gravanti sulla Banca convenuta. Con sentenza definitiva del 24 novembre 2010, espletata CTU, il Tribunale condannava la Banca al pagamento di Euro 251.171 quale risarcimento del danno.
Il (OMISSIS) proponeva appello dinanzi alla Corte di Appello di Messina che con la sentenza impugnata rigettava gli appelli contro la sentenza non definitiva e quella definitiva.
(OMISSIS) s.p.a. ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
1. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La sentenza di primo grado aveva condannato la Banca a corrispondere alla sig.ra (OMISSIS) un risarcimento di complessivi Euro 251.171,33, tenendo conto di un valore dei titoli alla data della pronuncia per Euro 13.370 e dei ratei riscossi (per Euro 27.389,32) detratti dalle somme dovute dalla Banca.
Si censura la sentenza di appello per non aver esaminato il fatto – sopravvenuto nel corso del giudizio di secondo grado, documentato dalla Banca all’udienza di precisazione delle conclusioni del 26 settembre 2016 e ribadito nella comparsa conclusionale del 23 marzo 2018 – consistente nella vendita dei titoli da parte della sig.ra (OMISSIS), in data (OMISSIS), che ha cosi’ incassato un controvalore (Euro 146.255,11) molto superiore a quello di cui aveva tenuto conto il Tribunale sulla base delle valutazioni dei titoli dell’epoca in cui e’ intervenuta la pronuncia di primo grado (Euro 13.370) e che andava ad aggiungersi ai “ratei” gia’ riscossi. Il fatto era decisivo in quanto idoneo ad escludere il danno o comunque a ridurlo, onde evitare una indebita locupletazione. Tra l’altro le circostanze non erano state nemmeno contestate dalla controricorrente che si era limitata a ribadire che non era possibile addurre fatti sopravvenuti. La ricorrente precisa che l’appello era stato proposto nel febbraio 2011.
2. In subordine: nullita’ della sentenza di secondo grado per omessa pronuncia in ordine ad una eccezione ovvero domanda, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Per l’ipotesi in cui si ritenesse che i rilievi svolti dalla Banca con la comparsa conclusionale in appello, sulla circostanza nuova allegata relativa alla vendita dei titoli, debbano qualificarsi come formulazione di una domanda o di una eccezione, si censura la sentenza di appello per omissione di pronuncia in ordine ad una domanda o eccezione, per violazione dell’articolo 112 c.p.c..
2.1 Il primo motivo e’ fondato. Il fatto nuovo sopravvenuto nel corso del giudizio di appello ben poteva esservi introdotto senza incorrere in decadenze. Nel procedimento d’appello, infatti, lo stesso divieto di introdurre nuove eccezioni, posto dall’articolo 345 c.p.c., non opera nel caso di eccezione fondata su fatti sopravvenuti, verificatisi dopo lo scadere del termine per la loro deducibilita’ in sede di primo grado, dal momento che l’insussistenza del fatto storico nelle more del giudizio di prime cure, che ha reso impossibile sollevare la relativa eccezione, non contrasta con l’esigenza di assicurare il doppio grado di giudizio sul merito (da ult. Cass. 18219/2019).
Il fatto sopravvenuto in questione – il ricavo, cioe’, di una cospicua somma dalla cessione dei titoli da parte dell’investitore – e’ inoltre indubbiamente decisivo ai fini della liquidazione del risarcimento in suo favore. La corretta applicazione del criterio generale della “compensatio lucri cum damno”, infatti, postula che, quando unico e’ il fatto illecito generatore del lucro e del danno, nella quantificazione del risarcimento si tenga conto anche di tutti i vantaggi nel contempo derivati al danneggiato, perche’ il risarcimento e’ finalizzato a sollevare dalle conseguenze pregiudizievoli dell’altrui condotta e non a consentire una ingiustificata locupletazione del soggetto danneggiato; pertanto, come questa Corte ha gia’ avuto occasione di chiarire, e’ corretta la liquidazione del danno, conseguente all’acquisto di obbligazioni argentine, in misura pari al capitale investito, sottraendo da tale importo il valore delle cedole riscosse ed il controvalore dei titoli concambiati, considerati un arricchimento derivante dal medesimo fatto illecito (Cass., n. 16088/2018). Ha dunque errato la Corte d’appello nell’omettere di esaminare il fatto decisivo in questione, ammissibilmente dedotto dall’appellante.
2.2. Il secondo motivo di ricorso, subordinato al primo, e’ assorbito.
3. Per quanto esposto, la sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
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