Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19873.
Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
In caso di promessa del fatto del fatto o dell’obbligazione del terzo, il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”, consistente nell’adoperarsi affinché il terzo si impegni o tenga il comportamento promesso, è tenuto al risarcimento del danno cagionato al promissario, sempre che ne risulti provata l’esistenza
Ordinanza|| n. 19873. Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
Data udienza 8 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Promessa di pagamento – Ricognizione del debito – Promessa del fatto di terzo – Assunzione obbligazione di facere – Inadempimento – Conseguenze – Risarcimento del danno – Presupposti
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Andrea – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20654-2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
Avverso la sentenza n. 405/2020 della Corte di Appello di Lecce, depositata il 05/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 08/03/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.
Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
Fatto
1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 405/20, del 5 maggio 2020, con cui la Corte di Appello di Lecce – nel pronunciarsi quale giudice del rinvio, a seguito della sentenza n. 5629/17, del 7 marzo 2017, merce’ la quale questa Corte ebbe a cassare la sentenza n. 392/14, del 10 giugno 2014, della medesima Corte salentina – ha accolto il gravame esperito da (OMISSIS), in via di principalita’, avverso la sentenza n. 1279/13, del 10 ottobre 2013, del Tribunale di Brindisi, per l’effetto rigettando la domanda di risarcimento dei danni proposta, nei confronti del (OMISSIS), da (OMISSIS).
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver adito l’autorita’ giudiziaria sul presupposto che il proprio nipote “ex sorere”, (OMISSIS), lo avrebbe convinto a rilasciargli una procura a vendere un immobile, del quale egli era comproprietario unitamente alle sue due sorelle, bene, poi, fatto oggetto – con rogito del 20 dicembre 2007 – di un contratto di compravendita, per il prezzo di Euro 300.000,00, in favore della societa’ (OMISSIS) A.r.l., della quale il predetto (OMISSIS) era socio.
2.1. In particolare, l’allora attore lamentava di essere stato indotto a tale scelta in forza dell’impegno assunto da suo nipote risultante, a propria volta, da una scrittura del 2 maggio 2007 (di pari data, rispetto alla rilasciata procura a vendere) redatta in uno studio notarile, alla presenza di una dipendente del professionista a riconoscergli una quota sociale della suddetta societa’, pari a Euro 100.000,00, cio’ che gli avrebbe dato una sicurezza per gli anni a venire, data la condizione personale di grave disabilita’ di cui esso (OMISSIS), paraplegico agli arti inferiori, risulta portatore. Dolendosi del fatto che il (OMISSIS) ebbe a venire meno al proprio impegno, il (OMISSIS) chiedeva all’adito Tribunale brindisino la condanna del nipote al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi Euro 250.000,00, dei quali Euro 150.000,00 per la perdita di chance (pretesa, questa, poi abbandonata in appello) in relazione alla redditivita’ dell’investimento societario non realizzato.
Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
Costituitosi in giudizio, il convenuto dapprima contestava l’anteriorita’ rispetto alla conclusa compravendita immobiliare della scrittura contenente l’impegno suddetto (a suo dire risalente al 2 maggio del 2008, e non del 2007), lamentando l’avvenuta grossolana correzione della data, per poi, comunque, dedurre l’assenza di validita’ ed effetto giuridico della stessa, essendo egli solo un socio, e non il rappresentante legale, della compagine societaria, non senza rilevare, infine, come l’articolo 8 dell’atto costitutivo della stessa prevedesse che il trasferimento delle partecipazioni sociali, per atto “inter vivos”, presupponesse una previa offerta in prelazione agli altri soci, in proporzione alla partecipazione da ciascuno di essi posseduta, ad eccezione del trasferimento di quota ai parenti in linea retta ed al coniuge. Assumeva, inoltre, il convenuto – in particolare, nel resistere alla domanda di liquidazione del danno da perdita di chance – la nullita’ ex articolo 1346 c.c. della scrittura suddetta, per impossibilita’ dell’oggetto della prestazione.
In ogni caso, il (OMISSIS) evidenziava come la promessa di trasferimento delle quote societarie fosse solo un’opportunita’, prospettata al (OMISSIS), di reinvestire quanto ricavato dalla cessione del terreno, opportunita’ della quale il (OMISSIS) non si era avvalso preferendo la monetizzazione della propria quota del prezzo di vendita.
Il giudice di prime cure accoglieva parzialmente la domanda risarcitoria, condannando il convenuto a pagare all’attore l’importo di Euro 50.000,00, esito cui perveniva sul rilievo della sussistenza della fattispecie del dolo incidente, e cio’ in quanto la promessa del (OMISSIS), rimasta inadempiuta, avrebbe inciso sulle condizioni del contratto di compravendita immobiliare.
2.2. Esperito gravame dal (OMISSIS) in via principale, nonche’, incidentalmente, dal (OMISSIS) (e cio’, in particolare, al fine di conseguire un maggior importo a titolo di risarcimento del danno), il giudice di appello accoglieva il mezzo esperito in via incidentale e, dunque, liquidava in favore del (OMISSIS) l’importo di Euro 100.000,000.
A tale conclusione il giudice di seconde cure perveniva sul rilievo che la presente fattispecie non inquadrabile nella previsione di cui all’articolo 1440 c.c., come invece ritenuto dal primo giudice configurasse, invece, un’ipotesi di responsabilita’ per danni nascenti dal mancato rispetto dell’impegno assunto dal (OMISSIS) con la scrittura del 2 maggio 2007. Affermando, infatti, essere “verosimile ritenere che l’accordo di cessione delle azioni tra le parti sia coevo agli accordi inerenti la vendita del terreno, concorrendo il primo a definire l’intero regolamento negoziale in scrutinio, tale da incidere nella determinazione della vendita del (OMISSIS)”, il giudice di appello ha ritenuto che quella del (OMISSIS) fosse “una condotta contraria ai principi di buona fede e correttezza”, giacche’, a cagione della stessa, “alla fase delle trattative” era “seguita una fase esecutiva del contratto” risultata “difforme da quanto promesso”, donde “l’ipotizzabilita’ della responsabilita’ ex articolo 1337 c.c., alla cui configurazione non e’ di ostacolo l’avvenuta conclusione del contratto”. Veniva, infatti, sottolineato come “la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nelle svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto” assuma rilievo “anche nel caso in cui il contratto sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto, perche’, ove la condotta fosse stata leale, le parti non avrebbero concluso alcun contratto”. Su tali basi, pertanto, si affermava la responsabilita’ “precontrattuale” del (OMISSIS), “per inadempimento di un accordo assunto in sede di trattative”.
2.3. Proponeva ricorso per cassazione il (OMISSIS), sulla base di tre motivi.
Di essi, il primo e il terzo erano ritenuti da questa Corte, rispettivamente, l’uno manifestamente infondato, l’altro, invece, inammissibile. In particolare, per quanto qui ancora di interesse, l’inammissibilita’ del terzo motivo (relativo al mancato inquadramento della fattispecie in esame come espromissione, tale dovendosi ritenere, secondo l’allora ricorrente, l’impegno assunto personalmente dal (OMISSIS) di corrispondere al (OMISSIS), mediante “datio in solutum” delle quote societarie, il corrispettivo della compravendita immobiliare) veniva motivata sul rilievo che quella posta fosse una questione nuova, il cui esame – implicando accertamenti di fatto – risultava precluso in sede di legittimita’.
Veniva, viceversa, accolto il secondo motivo di ricorso, con il quale era stata prospettata l’esistenza di “motivazione apparente, contraddittoria, perplessa e incomprensibile”, avendo questo giudice di legittimita’ stigmatizzato la decisione della Corte territoriale di configurare “non una responsabilita’ da mancato adempimento dell’impegno alla cessione della partecipazione societaria, ma una responsabilita’ precontrattuale a valere su una vendita in tesi gia’ eseguita con pagamento del prezzo valutato adeguato”.
2.4. Riassunto, pertanto, il giudizio innanzi al giudice del rinvio, lo stesso accoglieva il gravame principale del (OMISSIS), cosi’ respingendo la domanda risarcitoria del (OMISSIS). Esito al quale e’ pervenuto sul presupposto che, “alla luce della contestualita’ del rilascio della procura speciale e della sottoscrizione della scrittura privata e del collegamento tra i due atti”, dovesse ritenersi, in applicazione dell’articolo 1362 c.c., che “le parti abbiano inteso attribuire alla quota parte di terreno di (OMISSIS) il valore di Euro 100.000”. Muovendo da tale premessa, si e’ ritenuto, dunque, che “le parti, in origine, abbiano inteso e voluto prevedere come modalita’ di pagamento” tre diverse ipotesi: “il trasferimento della detta quota percentuale di capitale sociale ovvero, a tutto voler concedere, il trasferimento di detta quota come obbligazione alternativa al pagamento del prezzo convenuto o, ancora, posticipare il trasferimento della quota ad un momento successivo”, ma, in questo caso, “previo pagamento del (OMISSIS) del relativo controvalore, non risultando in alcun modo la gratuita’ del trasferimento della quota”. Per ciascuna di tali ipotesi, tuttavia, non sussisterebbero – e’ la conclusione cui perviene il giudice del rinvio – i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria: non nella prima perche’, “avendo il (OMISSIS) accettato incondizionatamente il corrispettivo versatogli”, l’obbligo del (OMISSIS) “deve ritenersi estinto per facta concludentia”; non nella seconda in quanto, trattandosi di obbligazione alternativa, “e’ evidente che il debitore si sia liberato ex articolo 1285 c.c. eseguendo una delle due prestazioni (pagamento del corrispettivo di Euro centomila)”; non nella terza, infine, dal momento che in “nessuna parte della scrittura e’ dato rinvenire la gratuita’ del trasferimento della quota parte del capitale sociale”, valendo esso “sempre quale corrispettivo della cessione del terreno”.
Offrirebbe, del resto, un riscontro al raggiunto esito del rigetto della domanda – osserva, in conclusione, il giudice del rinvio – la circostanza che l’Agenzia delle Entrate “ha definitivamente accertato in Euro 335.000,00 il valore dell’intero terreno, in misura cioe’ quasi sovrapponibile al prezzo pattuito dalle parti”.
3. Avverso la sentenza della Corte salentina ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), sulla base – come detto – di cinque motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. e della Cost., articoli 24 e 111, lamentando violazione del divieto di “nova” ed “error in procedendo”.
Il ricorrente si duole del fatto che, all’esito del primo giudizio di appello (quello sfociato nella sentenza poi cassata da questa Corte), il (OMISSIS) – nel proporre ricorso per cassazione – avrebbe radicalmente modificato la propria difesa, rispetto a quella svolta nei due gradi di merito. Mentre, infatti, l’allora convenuto/appellante aveva sostenuto l’assenza di validita’ e di efficacia della scrittura privata recante l’impegno oggetto del presente giudizio, successivamente, con il proprio ricorso per cassazione avverso la sentenza che ne aveva rigettato il gravame, aveva non solo ammesso l’avvenuta redazione della scrittura alla data del 2 maggio 2007 (circostanza, sino ad allora, negata), ma soprattutto svolto la tesi secondo cui il (OMISSIS), “pur a fronte della promessa” ricevuta, aveva “preferito conseguire la liquidazione del valore del proprio terreno piuttosto che diventare socio per la quota patrimoniale sociale di Euro 100.000,00”.
Si sarebbe, pertanto, determinato un mutamento del “thema decidendum”, visto che il giudice del rinvio avrebbe “sposato in toto” – con l’eccezione “dell’inquadramento giuridico” della fattispecie – “la nuova difesa” del (OMISSIS), donde la necessita’ di rilevare nella presente sede di legittimita’ (cio’ che potrebbe avvenire anche d’ufficio, a dispetto dell’avvenuta accettazione del contraddittorio da parte dell’appellato) “l’inammissibilita’ della domanda nuova”.
Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
3.2. Il secondo motivo denuncia – sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – la nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 384, comma 2, c.p.c., avendo il giudice del rinvio fondato la propria decisione su un motivo dichiarato manifestamente inammissibile da questa Corte di legittimita’, cosi’ violando il divieto dello “ius novorum”.
Si censura la sentenza impugnata perche’ essa, nel procedere all’interpretazione della scrittura privata del 2 maggio 2007 alla stregua del criterio ermeneutico di cui all’articolo 1362 c.p.c., avrebbe disatteso il vincolo nascente dalla sentenza rescindente di questa Corte, la quale ebbe a dichiarare inammissibile (per novita’ della questione) il motivo di ricorso, esattamente il terzo, con cui il (OMISSIS) aveva prospettato la ricorrenza di una “datio in solutum”, cosi’ incorrendo il giudice del rinvio in una violazione dell’articolo 1197 c.c. e, tra gli altri, degli articoli 1362, 1366 e 1371 c.c.
Il giudice del rinvio avrebbe trasgredito all’articolo 384, comma 2, c.p.c., a mente del quale esso “deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte”.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. c.c. “per nullita’ della scrittura privata del 2 maggio 2007 ex articolo 1418 c.c. in combinato disposto con gli articoli 1343 e 1346 c.c.” e con gli articoli 2469 c.c. e 8 dello Statuto della societa’ (OMISSIS), nonche’ violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 1285 e 1362 e ss. c.c..
Si assume che, nel caso in esame, “l’oggetto del contratto di cui alla scrittura privata del 2 maggio 2007” sarebbe “impossibile ed illecito, perche’ contrario a norme imperative”, in quanto (come dichiarato dallo stesso (OMISSIS) nel suo primo atto difensivo), in virtu’ del combinato disposto degli articoli 2649 c.c. e 8 dello Statuto societario, le partecipazioni societarie, “prima di essere liberamente trasferibili” – per atto tra vivi – “dovranno essere offerte in prelazione agli altri soci, in proporzione alla partecipazione da ciascuno di essi posseduta, ad eccezione del trasferimento di quota ai parenti in linea retta ed al coniuge”.
Orbene, l’applicazione dell’articolo 1362 c.c. fatta dalla Corte salentina investirebbe un contratto nullo, come riconosciuto dallo stesso (OMISSIS), che ne aveva anche dedotto l’impossibilita’ dell’oggetto ex articolo 1346 c.c.; siffatta circostanza precludeva l’interpretazione della scrittura e la qualificazione della presente fattispecie come obbligazione alternativa, ai sensi dell’articolo 1285 c.c..
D’altra parte, poi, tale ultima norma risulterebbe violata anche in ragione del fatto che la sentenza impugnata “non si rende conto che nella fattispecie ad obbligarsi sono due soggetti diversi e con due differenti obbligazioni”, mentre l’articolo 1285 c.c. richiede “che il debitore sia unico e che lo stesso si liberi eseguendo una delle due prestazioni”. Nel caso in esame, infatti, “la (OMISSIS) S.r.l. si e’ obbligata a versare la somma di denaro per l’acquisto del terreno”, mentre (OMISSIS) “si e’ impegnato a cedere una quota della societa’ (circostanza impossibile), pur di ottenere la procura a vendere”.
3.4. Il quarto motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – “motivazione contraddittoria ed illogica”, nonche’ “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, oltre a “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, con conseguente violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4), c.p.c..
Inoltre, viene denunciata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1285 c.c..
Si censura la sentenza impugnata perche’ non ha accolto, tra le varie interpretazioni della scrittura privata del 2 maggio 2007, taluna di quelle possibili, bensi’ una “contraria a logica ed incongrua”, giacche’ basata sull’assunto che le parti avessero previsto “come modalita’ di pagamento” del (OMISSIS) “il trasferimento della quota sociale”, mentre esso era “impossibile, per i motivi gia’ ampiamente dedotti”. L’illogicita’ deriva dal fatto che, se da un lato vi era una prestazione possibile (il pagamento del prezzo), dall’altro ve n’era una impossibile (cessione delle quote sociali), sicche’ “se (OMISSIS) avesse optato per la prestazione impossibile – come da scrittura del 2 maggio 2007 – avrebbe ceduto il terreno alla societa’ (OMISSIS) S.r.l. a titolo gratuito non potendo entrare a far parte della compagine sociale in qualita’ di socio”. Del resto, di tale abnormita’ e assurdita’ la Corte salentina sarebbe conscia, “tanto da individuare una terza ipotesi, comunque impossibile, ovvero l’eventualita’ che (OMISSIS) posticipasse il trasferimento della quota ad un momento successivo alla vendita del terreno”, e cio’ “previo pagamento da parte del (OMISSIS) del relativo controvalore”; per contro, “nessun posticipo per l’acquisto delle quote si sarebbe potuto avere”, secondo il ricorrente, visto che il medesimo “non sarebbe potuto comunque entrare nella compagine sociale”, per le ragioni gia’ illustrate.
Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
Illogica e contraddittoria, inoltre, sarebbe anche l’affermazione secondo cui il (OMISSIS) avrebbe “estinto per facta concludentia”, con la propria incondizionata accettazione del corrispettivo in danaro, “l’obbligo assunto dal (OMISSIS)”, giacche’ la Corte salentina omette di considerare che l’odierno ricorrente “ha contratto con due soggetti differenti”, ovvero la societa’ – alla quale ha ceduto il terreno, o meglio la sua quota di comproprieta’, in cambio di Euro 100.000,00 – e il (OMISSIS), con il quale ha concluso la scrittura del 2 maggio 2007.
Si ribadisce, poi, sottolineandone l’illogicita’, l’erroneita’ dell’affermazione relativa alla ricorrenza di un’obbligazione alternativa, perche’ la sentenza impugnata omette di considerare che, nel caso di specie, “ad obbligarsi sono due soggetti differenti e con diverse obbligazioni”.
Censura, infine, il ricorrente anche l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui una conferma del fatto che le parti abbiano solo ed esclusivamente previsto quale corrispettivo della quota di terreno e del (OMISSIS) la somma di Euro 100.000,00 sarebbe offerta dalla circostanza che l’Agenzia delle Entrate “ha definitivamente accertato in Euro 335.000,00 il valore dell’intero terreno, in misura cioe’ quasi sovrapponibile al prezzo pattuito dalle parti”.
La sentenza, per un verso, non terrebbe conto che l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate “e’ intervenuto in epoca di gran lunga posteriore alla sottoscrizione degli impegni”, nonche’, per altro verso, che l’avviso di rettifica per le quotazioni OMI non costituisce fonte tipica di prova, ma nozione di fatto che rientra nella comune esperienza, utilizzabile dal giudice ai sensi dell’articolo 115, comma 2, c.p.c. e quindi idonea “a condurre ad indicazioni di valori di larga massima”.
3.5. Il quinto motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “violazione del canone del minimo costituzionale della motivazione”, per avere la Corte territoriale “omesso di valutare e/o motivare la decisione divergente dai dati risultanti dal testo difensivo in primo grado ed in appello di (OMISSIS)”.
E’ denunciato, inoltre, “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti la cui esistenza risulti dagli atti processuali e che se esaminato avrebbe portato ad un esito differente del giudizio”, in relazione alla “nullita’ del contratto per impossibilita’ dell’oggetto”, nonche’ alla “ammissione postuma dell’esatta data di sottoscrizione della scrittura privata del 2 maggio 2007”.
Infine, e’ denunciata – ai sensi dell’articolo 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c. – violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale “omesso di valutare in sentenza la nullita’ del contratto del 2 maggio 2007”.
Si censura la sentenza impugnata perche’ “in nessun passaggio argomentativo della motivazione” opera “la disamina del comportamento assunto dal Sig. (OMISSIS) sia nella stipula della scrittura privata sia nei contraddittori atti difensivi in ordine alla dichiarata nullita’ del contratto medesimo del 2 maggio 2007”, cio’ che integrerebbe violazione dell’articolo 115, comma 2, c.p.c., oltre omessa valutazione di circostanze decisive per il giudizio.
4. E’ rimasto solo intimato il (OMISSIS).
5. La trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
RITENUTO CHE:
6. Il ricorso va accolto, sebbene nei limiti di seguito indicati.
6.1. Il primo motivo e’, infatti, inammissibile.
6.1.1. Nessuna violazione dell’articolo 345 c.p.c. e’ prospettabile nel caso di specie.
Invero, quelle che il (OMISSIS) avrebbe mutato nel corso del giudizio non erano – diversamente da quanto si legge nel presente ricorso – delle “domande”, sicche’ gia’ sotto questo profilo si palesa l’inammissibilita’ della censura in esame.
Esse, per contro, erano delle eccezioni in senso lato, relative alla non imputabilita’ del dedotto inadempimento rispetto all’obbligazione di far acquisire, al (OMISSIS), le quote societarie. Di conseguenza, siffatta eccezione risultava “rilevabile d’ufficio e, quindi, non soggetta alla decadenza ex articolo 167 c.p.c.” (ne’ al divieto di “nova” ex articolo 345 c.p.c.), purche’ il fatto che ne costituiva oggetto emergesse, come appunto verificatosi nel caso di specie, “dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo”, consistendo “nell’allegazione non riservata all’iniziativa della parte – per legge o perche’ collegata alla titolarita’ di un’azione costitutiva – di un fatto diverso, non compreso tra quelli dedotti dalla controparte e dotato normativamente di idoneita’ impeditiva, in via immediata e diretta, del diritto azionato in giudizio” (cosi’ Cass. Sez. 6-3, ord. 30 giugno 2020, n. 12980, Rv. 658372-01).
Altra questione, invece, e’ quella – che viene in rilievo con riferimento ai motivi terzo e quarto del presente ricorso (e di cui si dira’) – circa la correttezza “in iure” della valutazione compiuta dalla sentenza impugnata per escludere l’imputabilita’ dell’inadempimento.
6.2. Il secondo motivo non e’ fondato.
6.2.1. Non ricorre alcuna violazione dell’articolo 384, comma 2, c.p.c., dal momento che questa Corte aveva valutato come questione nuova – e come tale inammissibile (peraltro, nel giudizio di legittimita’, e cio’ per l’impossibilita’ di compiere, in detta sede, accertamenti di fatto) – la riconduzione della presente fattispecie all’istituto della “datio in solutum”.
Dalla decisione adottata, dunque, non derivava alcuna preclusione in termini assoluti all’uso, da parte del giudice del rinvio, dei canoni dell’ermeneutica contrattuale, giacche’ cio’ che questa Corte aveva, allora, ritenuto inammissibile era solo l’esito del loro impiego, consistito nella pretesa di ricondurre la scrittura privata oggetto di giudizio all’istituto di cui all’articolo 1197 c.c..
6.3. I motivi terzo e quarto – scrutinabili congiuntamente, data la loro connessione, giacche’ entrambi censurano, da complementari prospettive, la qualificazione della presente fattispecie come obbligazione alternativa (contestando, piu’ in generale, la possibilita’ di interpretare la scrittura del 2 maggio 2007 come produttiva di effetti, in quanto affetta da nullita’) – sono fondati, sebbene per quanto di ragione.
6.3.1. Esclusa, infatti, la correttezza dell’inquadramento giuridico della presente fattispecie operato dal giudice di prime cure, richiamando l’ipotesi del dolo “incidente” (giacche’ esso, proveniente nel caso che si esamina da un “terzo”, il (OMISSIS), potrebbe comportare la responsabilita’ per danni solo del “contraente”, vale a dire la societa’ acquirente l’immobile gia’ di proprieta’ del (OMISSIS), oltretutto alla sola condizione di dimostrarne la malafede, secondo quanto espressamente previsto articolo 1440 c.c.), altrettanto errato risulta pure il riferimento all’obbligazione alternativa, compiuto dalla sentenza qui in esame.
Il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”
Infatti, la fattispecie di cui all’articolo 1285 c.c. presuppone – come esattamente osserva il ricorrente – l’identita’ del soggetto obbligato, il quale puo’ adempiere la propria obbligazione (nel caso in esame, in ipotesi, quella di versare il corrispettivo dovuto al (OMISSIS) per il trasferimento dell’immobile di sua comproprieta’) attraverso l’esecuzione, in alternativa appunto, di due diverse prestazioni. Nella specie, per poter ipotizzare la ricorrenza della fattispecie di cui all’articolo 1285 c.c., si dovrebbe ritenere che il (OMISSIS) potesse impegnare – con la scrittura privata del 2 maggio 2007 – la volonta’ della societa’ di cui era, pero’, solo un socio e non anche il rappresentante legale. Sicche’ gia’ solo tale circostanza osta alla configurazione dell’obbligazione alternativa.
Ne’, d’altra parte, per la medesima ragione, risulta corretta la differente ricostruzione della fattispecie qui in esame – rispetto a quella, gia’ illustrata, dell’obbligazione alternativa – pure proposta dalla sentenza impugnata. Invero, secondo la Corte salentina, anche ad ammettere che l’oggetto dell’obbligazione assunta nei confronti del (OMISSIS) fosse solo quella di erogare – quale corrispettivo del trasferimento dell’immobile di comproprieta’ dello stesso – alcune quote della societa’ acquirente, l’avvenuta accettazione, da parte dello stesso, dell’importo di Euro 100.000,00 comporterebbe l’estinzione di tale obbligazione. Senonche’, pure in questo caso non si spiega come l’obbligazione di trasferire le quote societarie – provenendo da un soggetto non legittimato ad impegnare la volonta’ della societa’ acquirente l’immobile – potesse vincolare la stessa.
Piu’ in generale, l’errore concettuale in cui e’ incorso il giudice del rinvio e’ consistito nel voler configurare – come era gia’ accaduto in occasione del primo giudizio di appello – l’impegno assunto dal (OMISSIS), alla cessione di quote societarie, non in modo autonomo, ma come previsione di una modalita’ per remunerare il (OMISSIS) in ragione dell’avvenuto trasferimento, a un distinto soggetto, ovvero la societa’ (OMISSIS), dell’immobile di cui egli era (com)proprietario.
Per contro, come questa Corte aveva gia’ affermato con chiarezza nel precedente arresto relativo alla presente vicenda, il “thema decidendum” e’ solo quello di una (ipotetica) “responsabilita’ da mancato adempimento dell’impegno alla cessione della partecipazione societaria”, rimanendovi, invece, estranea ogni valutazione dei suoi effetti “a valere su una vendita in tesi gia’ eseguita con pagamento del prezzo valutato adeguato”.
6.3.2. In questa stessa prospettiva, pertanto, deve sottolinearsi l’erroneita’ della sentenza per non aver valutato la riconducibilita’ della vicenda in esame alla previsione normativa cui all’articolo 1381 c.c., che contempla l’ipotesi della promessa del fatto o dell’obbligazione del terzo.
Non osta a tale rilievo la circostanza che detta norma non sia stata evocata dal ricorrente, e cio’ perche’, “in ragione della funzione del giudizio di legittimita’ di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonche’ per omologia con quanto prevede la norma di cui al comma 2 dell’articolo 384 c.p.c., deve ritenersi che, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti”, questa Corte possa dichiarare “fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa” (e, quindi, “anche” per una ragione giuridica diversa) “da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata” e che tale riqualificazione non confligga “con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto” (cosi’ Cass. Sez. 3, sent. 22 marzo 2007, n. 6935, Rv. 597297-01; in senso analogo Cass. Sez. 6-3, ord. 17 maggio 2011, n. 10841, Rv. 617225-01; Cass. Sez. 6 3, sent. 14 febbraio 2014, n. 3437, Rv. 629913-01; Cass. Sez. 3, ord. 26 luglio 2017, n. 18775, Rv. 645168-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 5 ottobre 2021, n. 26991, Rv. 662510-01).
Spettera’, dunque, al giudice del rinvio stabilire – essendo tale valutazione preclusa a questa Corte, richiedendo accertamenti di fatto, non consentiti nella presente sede di legittimita’ – se la pretesa risarcitoria che il (OMISSIS) ha azionato verso il (OMISSIS) trovi titolo (e, soprattutto, riscontro) nell’inadempimento dell’obbligazione, assunta da costui, di adoperarsi affinche’ il terzo, la societa’ (OMISSIS), tenesse il comportamento promesso.
Giova, infatti, rammentare che – secondo il consolidato indirizzo di questa Corte – “con la promessa del fatto del terzo di cui all’articolo 1381 c.c., il promittente assume una prima obbligazione di facere, consistente nell’adoperarsi affinche’ il terzo tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l’interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di dare, cioe’ di corrispondere l’indennizzo nel caso in cui, nonostante si’ sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi”; sicche’ “qualora l’obbligazione di facere non venga adempiuta e l’inesecuzione sia imputabile al promittente, ovvero venga eseguita in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il promissario avra’ a disposizione gli ordinari rimedi contro l’inadempimento, quali la risoluzione del contratto, l’eccezione di inadempimento, l’azione di adempimento e, qualora sussista il nesso i causalita’ tra inadempimento ed evento dannoso, il risarcimento del danno”, il rimedio indennitario essendo, invece, destinato ad operare – in attuazione dell’obbligazione di “dare” – allorche’ “il promittente abbia adempiuto a tale obbligazione di facere e, ciononostante, il promissario non ottenga il risultato sperato” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 21 novembre 2014, n. 24853, Rv. 633880-01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. Lav., sent. 19 dicembre 2003, n. 19472, Rv. 569067-01).
Tocchera’, dunque, al giudice del rinvio stabilire se vi sia stato inadempimento colpevole da parte del (OMISSIS) dell’obbligazione di “facere” assunta verso il (OMISSIS), sicche’, ove tale ipotesi fosse riscontrata, il promittente sarebbe tenuto “a risarcire i danni secondo le generali regole risarcitorie”, sempre che il promissario abbia dato “la prova degli effettivi danni subiti in conseguenza dell’inadempimento” (cosi’, in particolare, Cass. Sez. Lav., sent. n. 19472 del 2003, cit.).
6.4. Il quinto motivo resta assorbito dall’accoglimento dei due che lo precedono.
7. In conclusione, in ragione dell’accoglimento dei motivi di ricorso terzo e quarto, la sentenza va cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Lecce, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito (oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’), nel rispetto dei seguenti principi di diritto:
“l’obbligazione alternativa presuppone che entrambe le prestazioni dedotte in obbligazione facciano carico al medesimo soggetto”;
“in caso di promessa del fatto del fatto o dell’obbligazione del terzo, il promittente che si renda colpevolmente inadempiente all’obbligazione di “facere”, consistente nell’adoperarsi affinche’ il terzo si impegni o tenga il comportamento promesso, e’ tenuto al risarcimento del danno cagionato al promissario, sempre che ne risulti provata l’esistenza”.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, accoglie il terzo e il quarto e dichiara assorbito il quinto, cassando in relazione la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello di Lecce, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply