Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19144.
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
Ove si tratti di immobile costruito abusivamente, ed in relazione al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della determinazione della condizione urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato, e, quindi, determinare la indennità di occupazione legittima, si richiede l’accertamento della circostanza dell’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria, non essendo sufficiente la sola considerazione della presentazione della predetta istanza.
Ordinanza|| n. 19144. Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
Data udienza 28 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’ O PUBBLICO INTERESSE – INDENNITA’
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Presidente
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. RUSSO Rita Elvira – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 12142/2018 R.G. proposto da:
SOCIETA’ (OMISSIS) s.p.a., c.f./p.i.v.a. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), c.f./p.i.v.a. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), e dell’avvocato (OMISSIS), che disgiuntamente e congiuntamente li rappresentano e difendono in virtu’ di procure speciali su fogli allegati in calce ai ricorsi;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) s.p.a., c.f. (OMISSIS), p.i.v.a. (OMISSIS), in persona dell’ingegner (OMISSIS), giusta procura speciale per notar (OMISSIS), di (OMISSIS), in data 28.6.2017, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Brescia n. 286/2018;
udita la relazione nella camera di consiglio del 28 aprile 2023 del Consigliere Dott. Luigi Abete.
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
RILEVATO
Che:
1. Con provvedimento prot. n. CAL – 200709-00004 del 20.7.2009 la ” (OMISSIS)” s.p.a. affidava alla ” (OMISSIS)” s.p.a. l’esercizio dei poteri espropriativi ai fini della realizzazione del collegamento autostradale tra le citta’ di (OMISSIS) (cfr. ricorso, pag. 3).
La ” (OMISSIS)” s.p.a., a sua volta, affidava al ” (OMISSIS)”, quale general contractor, la progettazione e la costruzione della suddetta infrastruttura e lo abilitava al compimento delle attivita’ necessarie per l’acquisizione degli immobili occorrenti per il compimento dell’opera (cfr. ricorso, pag. 3).
La progettazione dell’opera comportava l’acquisizione di taluni terreni, in Comune di (OMISSIS), di proprieta’ dell'” (OMISSIS)” s.p.a..
2. Con decreto in data 30.6.2010 veniva disposta l’occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione, con decreto in data 28.7.2011 veniva disposta l’occupazione d’urgenza preordinata all’asservimento di porzione delle particelle nn. (OMISSIS) del fol. (OMISSIS), con decreto in data 11.3.2014 veniva disposta l’occupazione d’urgenza preordinata all’asservimento per opere di mitigazione ambientale di porzione delle particelle nn. (OMISSIS) del fol. (OMISSIS); ciascun decreto recava indicazione dell’indennita’ provvisoria all’uopo offerta (cfr. ricorso, pagg. 3 – 4).
3. A seguito di richiesta dell'” (OMISSIS)” veniva attivata procedura di stima a mezzo di collegio peritale. La “terna tecnica” determinava l’indennita’, nel complesso, in Euro 1.477.048,00 (cfr. ricorso, pag. 4).
4. Con decreto in data 19.7.2016 veniva disposta l’espropriazione per sede autostradale ed opere integrate delle particelle catastali nel medesimo decreto puntualmente indicate (cfr. ricorso, pag. 5).
5. Con ricorso del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, ex articolo 29 e articolo 702 bis c.p.c., alla Corte d’Appello di Brescia depositato il 17.9.2016 la ” (OMISSIS)” s.p.a. ed il ” (OMISSIS)” si opponevano alla stima (cfr. ricorso, pag. 5).
6. Si costituiva l'” (OMISSIS)” s.p.a..
Instava per il rigetto dell’avversa opposizione e, in via riconvenzionale, per la determinazione in maggior misura dell’indennita’ di espropriazione nonche’ per la quantificazione dell’indennita’ di occupazione (cfr. ricorso, pag. 5).
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
7. La ” (OMISSIS)” s.p.a. non si costituiva e veniva dichiarata contumace.
8. Espletata la consulenza tecnica d’ufficio, con ordinanza n. 286/2018 la Corte d’Appello di Brescia determinava in Euro 1.056.000,00, oltre interessi legali, l’indennita’ di espropriazione ed in Euro 508.766,65, oltre interessi, l’indennita’ di occupazione dovute ad ” (OMISSIS)” s.p.a.; compensava integralmente le spese di lite e ripartiva in pari misura tra le parti le spese di c.t.u..
Evidenziava la corte che il c.t.u. aveva condivisibilmente determinato in Euro 579.000,00 il valore dei manufatti presenti al momento dell’immissione in possesso (massicciata, capannone, fondazione di recinzioni e cancelli, recinzioni, cancelli, vasche, fognatura) e poi demoliti, “previo analitico accertamento dell’esistenza di autorizzazioni edilizie” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 7); che invero l’ausiliario aveva fatto luogo ad “una indagine accurata e precisa che (aveva) valorizzato tutti gli elementi, di diversa natura (dalla regolarita’ edilizia allo stato manutentivo) che influenzavano il valore” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 7).
Evidenziava altresi’, la corte, che erano stati individuati dei “reliquati”, dell’estensione di mq. 50.565, ovvero delle aree inizialmente occupate e poi non espropriate (cfr. ordinanza impugnata, pag. 8).
Evidenziava che il c.t.u. ne aveva reputato azzerato l’iniziale valore, valore stimato, “tenuto conto dei vari tipi di coltura a cui erano originariamente destinati o della categoria catastale e delle relative estensioni” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 8), in complessivi Euro 58.000,00 e senz’altro da indennizzare.
Evidenziava inoltre che era senz’altro da riconoscere – nella misura di Euro 4.000,00 – l’indennita’ per le essenze arboree gia’ esistenti sul fondo (cfr. ordinanza impugnata, pag. 9).
Evidenziava infine che, per il periodo compreso tra la data dell’immissione in possesso e quella di corresponsione dell’indennita’ di espropriazione, spettava all'” (OMISSIS)” l’indennita’ di occupazione, da computare nella misura di 1/12 dell’indennita’ di espropriazione – propriamente nella misura di 1/12 di tutte le voci concorrenti nella quantificazione dell’indennita’ di espropriazione – per ogni anno e nella misura di 1/12 dell’indennita’ di occupazione per ogni mese (cfr. ordinanza impugnata, pagg. 9 – 10).
9. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso la “Societa’ (OMISSIS)” s.p.a. ed il ” (OMISSIS)”; ne hanno chiesto sulla scorta di dieci motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
L'” (OMISSIS)” s.p.a. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile siccome, peraltro, tardivamente proposto; ha chiesto comunque rigettarsi il ricorso siccome destituito di fondamento; in ogni caso con il favore delle spese.
La ” (OMISSIS)” s.p.a. non ha svolto difese.
10. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
CONSIDERATO
Che:
11. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 3, articolo 38, comma 2, e articolo 40, comma 1, e s.m.i. nonche’ del Regio Decreto n. 1443 del 1927, articoli 23 e 43 e s.m.i..
Deducono che l’impugnata ordinanza e’ erronea nella parte in cui, conformemente agli esiti della c.t.u., ha determinato l’indennita’ per i manufatti esistenti al momento dell’immissione in possesso e poi demoliti.
Deducono segnatamente che l’indennita’ non sarebbe stata da riconoscere con riferimento al capannone industriale ed all’intera massicciata, siccome privi di valido titolo edilizio (cfr. ricorso, pag. 11).
Deducono che del resto le attivita’ del consulente hanno palesato che in data 28.9.2009 l'” (OMISSIS)” ha formulato istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, “dimostrando cosi’ l’assenza di regolarita’ edilizia delle opere in questione” (cosi’ ricorso, pag. 11).
12. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32, comma 2, e s.m.i..
Deducono in ogni caso che il riconoscimento dell’indennita’ di espropriazione, limitatamente al capannone industriale, e’ erroneo sotto un ulteriore profilo.
Deducono segnatamente che l'” (OMISSIS)” ha domandato il rilascio del permesso di costruire in sanatoria in data 28.9.2009 ovvero successivamente all’approvazione del progetto definitivo dell’opera avvenuto con Delib. del “C.I.P.E.” 26 giugno 2009, n. 42 (cfr. ricorso, pag. 11).
Deducono quindi che nessuna rilevanza riveste ai fini della quantificazione dell’indennita’ di espropriazione la successiva acquisizione del titolo edilizio (cfr. ricorso, pag. 11).
13. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 3, articolo 38, comma 2 e articolo 40, comma 1, e s.m.i. nonche’ del Regio Decreto n. 1443 del 1927, articoli 23 e 43, e s.m.i. (sotto un ulteriore profilo).
Deducono che l’impugnata ordinanza e’ erronea nella parte in cui, conformemente agli esiti della c.t.u., ha ricondotto i manufatti demoliti alla nozione di “pertinenza mineraria” e ha conseguentemente escluso che i medesimi manufatti dovessero conformarsi agli strumenti urbanistici ed ottenere i necessari titoli edilizi (cfr. ricorso, pag. 13).
Deducono inoltre che manca la prova che i manufatti demoliti, segnatamente il capannone industriale e l’intera massicciata, fossero destinati all’attivita’ di estrazione e quindi costituissero effettivamente “pertinenze minerarie” (cfr. ricorso, pag. 14 – 15).
14. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Regio Decreto n. 1443 del 1927, articolo 35, e s.m.i. e della L. n. 221 del 1990, articolo 9, comma 1; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
Deducono – subordinatamente al mancato accoglimento dei precedenti motivi – che la Corte di Brescia non ha tenuto conto della cessazione della concessione mineraria di cui l'” (OMISSIS)” fruiva in epoca antecedente all’espropriazione per cui e’ controversia (cfr. ricorso, pag. 15).
Deducono segnatamente che la concessione mineraria dell'” (OMISSIS)” era scaduta sin dal 1 gennaio 2002, antecedentemente all’approvazione del progetto preliminare dell’opera (cfr. ricorso, pag. 16).
Deducono quindi che, pur a considerare i manufatti demoliti “pertinenze minerarie”, non vi sarebbe stato margine per riconoscere qualsivoglia indennizzo, atteso l’obbligo del concessionario di far luogo al ripristino dell’area e allo smantellamento di quanto costruito (cfr. ricorso, pag. 16).
Deducono, d’altro canto, che ha errato la Corte di Brescia a non tener conto in sede di quantificazione dell’indennizzo degli obblighi gravanti sul concessionario allorche’ la concessione giunga a scadenza (cfr. ricorso, pag. 16).
15. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32, comma 1, e articolo 33, comma 2, e dei principi in tema di determinazione dell’indennita’ di esproprio; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Deducono che l’impugnata ordinanza e’ comunque erronea, siccome si e’ limitata a recepire le conclusioni del c.t.u., il quale, a sua volta, non aveva tenuto conto delle effettive caratteristiche dei beni espropriati (cfr. ricorso, pag. 18).
Deducono che hanno puntualmente rappresentato la natura di sito minerario dismesso dell’area espropriata, necessitante ingenti e dispendiosi interventi di ristrutturazione ai fini di una sua diversa destinazione (cfr. ricorso, pag. 19).
Deducono quindi che il valore venale dei manufatti demoliti sarebbe stato da stimare in misura pari a zero (cfr. ricorso, pag. 20).
16. Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c..
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
Deducono che la Corte di Brescia, per un verso, ha richiamato sic et simpliciter le conclusioni dell’ausiliario d’ufficio, per altro verso, ha del tutto obliterato i rilievi mossi alle conclusioni del c.t.u. (cfr. ricorso, pag. 21).
Deducono quindi che l’impugnato dictum e’ inficiato da carenza assoluta di motivazione ovvero e’ sorretto da motivazione meramente “apparente” in ordine al riscontro dei presupposti atti a giustificare il riconoscimento dell’indennizzo correlato alla demolizione dei manufatti ovvero, in subordine, atti a giustificare l’operata quantificazione del loro valore venale (cfr. ricorso, pag. 22).
17. Con il settimo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 33; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Deducono che l’ordinanza impugnata e’ erronea nella parte in cui, conformemente agli esiti della c.t.u., ha riconosciuto l’indennizzo per le aree occupate in base al decreto dell’11.3.2014, preordinato all’asservimento per opere di mitigazione ambientale, aree non contemplate nel decreto di espropriazione in data 19.7.2016 (cfr. ricorso, pag. 24).
Deducono che il decreto di asservimento, una volta adottato, consentira’ all'” (OMISSIS)” di domandare il relativo indennizzo, indennizzo che viceversa non puo’ essere accordato in questa sede, pena l’ingiustificata duplicazione delle pretese indennitarie (cfr. ricorso, pag. 24).
Deducono quindi che “vanno espunti dalla stima Euro 58.000,00, corrispondenti al valore venale dei presunti “reliquati”” (cosi’ ricorso, pag. 25).
18. Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32, comma 1, e articolo 33, nonche’ dei principi costituzionali e giurisprudenziali in materia di vincoli espropriativi e conformativi e di esproprio parziale.
Deducono – subordinatamente al rigetto del precedente motivo – che ha errato la Corte di Brescia a riconoscere l’indennizzo per i “reliquati”.
Deducono segnatamente che la corte d’appello ha indennizzato non gia’ la loro perdita di valore bensi’ la loro ricomprensione in fasce di rispetto in spregio all’elaborazione giurisprudenziale alla stregua della quale non e’ indennizzabile, in quanto vincolo conformativo, il pregiudizio derivante da limitazioni di carattere generale – e’ il caso delle fasce di rispetto autostradale – che, indipendentemente dall’intervento ablatorio, gravano su tutti i beni che si trovano in una data posizione (cfr. ricorso, pagg. 25 – 26).
19. Con il nono motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 32, comma 1; ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c..
Deducono che la Corte di Brescia, allorche’ ha determinato l’indennizzo per le essenze arboree presenti nell’area espropriata, si e’ limitata a recepire le conclusioni del c.t.u. e non ha considerato le caratteristiche effettive delle medesime essenze (cfr. ricorso, pag. 28).
Deducono che la corte d’appello, del pari in aderenza alle conclusioni dell’ausiliario d’ufficio, ha ingiustificatamente incrementato la stima operata dalla “terna tecnica” (cfr. ricorso, pag. 29).
Deducono quindi che l’impugnato dictum e’ inficiato da carenza assoluta di motivazione in ordine al riscontro dei presupposti atti a giustificare il riconoscimento dell’indennizzo correlato alla rimozione delle essenze arboree ovvero in ordine al riscontro dei presupposti atti a giustificare la relativa quantificazione (cfr. ricorso, pag. 28).
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
20. Con il decimo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 22 bis e 50, nonche’ dei principi giurisprudenziali in materia di stima dell’indennita’ di occupazione d’urgenza.
Deducono che ha errato la Corte di Brescia a computare l’indennita’ di occupazione (cfr. ricorso, pag. 30).
Deducono che l’indennita’ di occupazione non puo’ essere calcolata anche sulla parte d’indennita’ di espropriazione riconosciuta per i “reliquati”, cioe’ per il deprezzamento della proprieta’ residua (cfr. ricorso, pag. 30).
Deducono che del pari dalla base di calcolo dell’indennita’ di occupazione vanno esclusi i manufatti demoliti e le essenze arboree, indennizzati integralmente con il riconoscimento dell’indennita’ di espropriazione, pena un’ingiustificata duplicazione degli indennizzi (cfr. ricorso, pag. 31).
21. E’ destituita di fondamento la pregiudiziale eccezione del controricorrente di inammissibilita’ del ricorso siccome tardivamente proposto (cfr. pagg. 7 – 8).
22. Invero, la comunicazione dell’ordinanza ex articolo 702 ter c.p.c., non e’ idonea a far decorrere il termine “breve” – di sessanta giorni – per la proposizione del ricorso per cassazione; propriamente il termine “breve” per la proposizione del ricorso per cassazione decorre solo a seguito della notificazione ad istanza di parte (cfr. Cass. 14.5.2018, n. 11701, ove in motivazione si legge testualmente: “esaminando, tuttavia, la giurisprudenza della Corte sia pure in ambiti diversi (vedi Cass. n. 18704/2015 e 23427/17), emerge che l’articolo 702 quater c.p.c., non puo’ trovare applicazione nel giudizio di legittimita’ trattandosi di disposizione relativa al solo rito sommario di cognizione e pertanto applicabile ai giudizi di merito mentre nel giudizio di legittimita’ resta ferma la regolamentazione del termine ordinario ex articolo 327 c.p.c., considerando altresi’ che non puo’ adottarsi un’interpretazione palesemente in contrasto con il diritto delle parti ad un giusto processo ed all’effettivita’ del diritto di difesa”; Cass. (ord.) 22.9.2015, n. 18704; Cass. sez. lav. 18.11.2000, n. 14936, secondo cui il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione avverso le ordinanze aventi contenuto decisorio e carattere definitivo decorre solo a seguito della notificazione ad istanza di parte, mentre e’ irrilevante, al predetto fine, che le stesse siano pronunziate in udienza o che, se pronunziate fuori udienza, siano state comunicate dal cancelliere, con la conseguenza che, in assenza della suddetta notifica, e’ applicabile il termine lungo di cui all’articolo 327 c.p.c., decorrente dalla data di deposito dei provvedimenti).
Nella specie l’ordinanza impugnata e’ stata notificata il 12.2.2018, il ricorso e’ stato – tempestivamente – spedito per la notifica a mezzo posta il 13.4.2018.
23. Il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo sono senza dubbio connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; in ogni caso i medesimi mezzi di impugnazione sono destituiti di fondamento e da respingere.
24. Innegabilmente del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 3, disconosce il diritto all’indennizzo in ipotesi di costruzioni “abusive”. A sua volta, dell’articolo 38, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica cit., statuisce che, “qualora la costruzione ovvero parte di essa sia stata realizzata in assenza della concessione edilizia o della autorizzazione paesistica, ovvero in difformita’, l’indennita’ e’ calcolata tenendo conto della sola area di sedime in base all’articolo 37, ovvero tenendo conto della sola parte della costruzione realizzata legittimamente”.
Nondimeno, le sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che, ove si tratti di immobile costruito abusivamente, ed in relazione al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della determinazione della condizione urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato, e, quindi, determinare la indennita’ di occupazione legittima, si richiede l’accertamento della circostanza dell’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria, non essendo sufficiente la sola considerazione della presentazione della predetta istanza (cfr. Cass. sez. un. 14.5.2010, n. 11730; Cass. 3.2.2012, n. 1587, ove in motivazione si legge: “deve richiamarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell’evento ablativo non risulti gia’ rilasciata la concessione in sanatoria”; Cass. (ord.) 31.10.2017, n. 25987, in motivazione).
Del resto, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 38, comma 2 bis, dispone che, “ove sia pendente una procedura finalizzata alla sanatoria della costruzione, l’autorita’ espropriante, sentito il comune, accerta la sanabilita’ ai soli fini della corresponsione delle indennita’”.
25. Su tale scorta si rimarca che dallo stralcio della relazione di c.t.u. che gli stessi ricorrenti hanno riprodotto a pagina 9 del ricorso, si desume, limitatamente al capannone industriale, ossia con riferimento al primo dei due cespiti per i quali i ricorrenti hanno puntualmente negato il diritto all’indennizzo per difetto di valido titolo edilizio (cfr. ricorso, pag. 11; al riguardo cfr. altresi’ memoria dei ricorrenti, pag. 5), che in data 28.9.2009 fu inoltrata domanda di rilascio del permesso di costruire in sanatoria ed in data 16.10.2009 (ovvero circa tre mesi dopo il provvedimento del 20.7.2009 con cui la ” (OMISSIS)” s.p.a. ebbe ad affidare alla ” (OMISSIS)” s.p.a. l’esercizio dei poteri espropriativi) il permesso di costruire in sanatoria (con n. 4925 di protocollo) fu rilasciato (d’altronde, la Corte lombarda ha dato atto che in sede di determinazione del valore dei manufatti il consulente aveva tenuto conto anche “delle spese sostenute da (OMISSIS) per ottenere il permesso di costruire in sanatoria”: cosi’ ordinanza impugnata, pag. 7).
Conseguentemente e’ vana qualsivoglia censura in ordine all'(asserito) difetto, per il capannone industriale, di un valido titolo edilizio.
Si ribadisce infatti che i decreti di occupazione d’urgenza si sono susseguiti il 30.6.2010, 28.7.2011 e 11.3.2014; il decreto di espropriazione e’ sopraggiunto il 19.7.2016 (cfr. ricorso, pag. 5).
26. La regolarizzazione edilizia del capannone industriale, in ogni caso legittimamente ed efficacemente sopravvenuta in pendenza dell’iter espropriativo, rende vana pur la censura che, ben vero con esclusivo riferimento a tale cespite, e’ veicolata dal secondo mezzo di impugnazione.
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
27. La legittima ed efficace regolarizzazione edilizia del capannone industriale rende vana inoltre la censura che, con riferimento a questo stesso cespite, e’ veicolata dal terzo mezzo di impugnazione.
Piu’ esattamente, non occorre far luogo al vaglio dell’asserita erronea qualificazione – operata dal c.t.u. ed “implicitamente richiamata dall’ordinanza impugnata” (cosi’ ricorso, pag. 12) – del capannone industriale in guisa di “pertinenza mineraria”, qualificazione sulla cui scorta – prospettano i ricorrenti – l’ausiliario d’ufficio e, di seguito, la corte distrettuale avrebbero poi escluso la necessita’ della conformita’ urbanistica del cespite de quo ai fini della sua indennizzabilita’.
28. Limitatamente all'”intera massicciata”, ossia con riferimento al secondo dei due cespiti per i quali i ricorrenti hanno puntualmente negato il diritto all’indennizzo per difetto di valido titolo edilizio (cfr. ricorso, pag. 11; al riguardo cfr. altresi’ memoria dei ricorrenti, pag. 5), non puo’ che rilevarsi quanto segue.
Per un verso, la corte territoriale ha dato atto – lo si e’ anticipato – che il consulente d’ufficio aveva atteso alla stima di tutti i manufatti esistenti al momento dell’immissione in possesso – tra i quali la massicciata – “previo analitico accertamento dell’esistenza di autorizzazioni edilizie” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 7).
Per altro verso, l’asserito difetto, pur per la massicciata, di un valido titolo edilizio per nulla e’ stato dai ricorrenti addotto in forme “autosufficienti”, in ottemperanza al disposto dell’articolo 366 c.p.c., c.p.c., comma 1, n. 6 (cfr. Cass. sez. un. 18.3.2022, n. 8950, secondo cui il principio di “autosufficienza” del ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, quale corollario del requisito di specificita’ dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve, certo, essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, cosi’ da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e, tuttavia, postula che nel ricorso sia comunque puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure. Cfr. altresi’ Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628, secondo cui il difetto di “autosufficienza” non puo’ ritenersi superabile, qualora le indicazioni siano contenute in altri atti).
Invero, della relazione di c.t.u. e’ stato riprodotto un semplice stralcio, ove non vi e’ alcun riferimento alla “massicciata” e ove, anzi, si riferisce, con riferimento agli “accessi”, di un’autorizzazione edilizia domandata in data 1.8.1973 e rilasciata in data 6.8.1973 (cfr. ricorso, pag. 9).
D’altronde, i ricorrenti si sono limitati ad addurre – genericamente – che “il c.t.u. ha accertato che solo una parte dei manufatti presenti nell’area e’ munita di titolo edilizio” (cosi’ ricorso, pag. 10; cfr., analogamente, ricorso, pag. 6, “(…) affermandone (il c.t.u.) la natura di pertinenze minerarie (…) muniti in parte di titoli abilitativi”).
29. L’impregiudicato riscontro – evidentemente “in fatto” – della regolarita’ edilizia dell’intera massicciata rende vana inoltre la censura che, pur con riferimento a questo cespite, e’ veicolata dal terzo mezzo di impugnazione.
Piu’ esattamente e parimenti, non occorre far luogo al riscontro dell’asserita erronea qualificazione (operata dal c.t.u. ed “implicitamente richiamata dall’ordinanza impugnata”: cosi’ ricorso, pag. 12) della massicciata in guisa di “pertinenza mineraria”, qualificazione sulla cui base – affermano i ricorrenti – il consulente d’ufficio e, di seguito, la Corte bresciana avrebbero poi analogamente disconosciuto la necessita’ della conformita’ urbanistica del cespite de quo ai fini della sua indennizzabilita’.
30. Una duplice finale puntualizzazione si impone.
Il possibile riferimento, nel corpo e del primo e del terzo mezzo di
impugnazione, a manufatti ulteriori – rispetto al capannone industriale e alla massicciata – privi di valido titolo edilizio e qualificati in guisa di “pertinenze minerarie” e’ del tutto generico ed aspecifico.
Nel corpo dell’impugnata ordinanza non si rinviene specifica traccia della qualificazione dei manufatti dapprima esistenti e poi demoliti in guisa di “pertinenze minerarie”.
Cosicche’ le censure addotte sulla scorta di siffatta qualificazione risultano, a rigore, avulse dalla “ratio decidendi”.
31. Il quarto motivo e’ similmente privo di fondamento e da respingere.
32. Con il mezzo in disamina i ricorrenti censurano in fondo il giudizio “di fatto” cui la Corte di Brescia, sulla scorta degli esiti della c.t.u., ha atteso ai fini dell’indennizzo per i manufatti gia’ esistenti e poi demoliti, “senza considerare che la concessione mineraria era scaduta” (cosi’ ricorso, pag. 15) e senza considerare “gli adempimenti successivi alla chiusura di un pozzo, in primis quelli di ripristino” (cosi’ ricorso, pag. 17).
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
In tal guisa il mezzo in esame si qualifica essenzialmente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Del resto, e’ propriamente il motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).
33. Nel solco, dunque, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e nel segno della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte si osserva quanto segue.
Da un canto, e’ da escludere che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite teste’ menzionata – e tra le quali non e’ annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte d’appello ha ancorato il suo dictum.
Con riferimento all'”anomalia” della motivazione “apparente” (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) la corte distrettuale ha, lo si e’ premesso, compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Ulteriormente la corte territoriale ha dato atto che il c.t.u. aveva “inoltre tenuto conto del grado di vetusta’ dei manufatti, del grado di obsolescenza, funzionale ed economica e quindi della scarsa attualita’ e dello stato manutentivo, nonche’ in detrazione dello sconto di impresa per le opere edili (…)” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 7).
D’altro canto, la Corte lombarda ha sicuramente disaminato il fatto storico dalle parti discusso a carattere decisivo, ossia ha riscontrato il valore venale dei manufatti demoliti.
34. I ricorrenti in pari tempo si dolgono per la mancata considerazione della “scheda relativa alla concessione Canonica (…) presente sul portale UNMIG del Ministero dello Sviluppo Economico dalla quale risulta che la stessa era scaduta sin dal 1 gennaio 2002 (…) dunque ben prima dell’approvazione del progetto preliminare dell’opera” (cosi’ ricorso, pag. 16).
Tuttavia, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque – e’ il caso di specie – preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415).
35. Il quinto motivo ed il sesto motivo sono evidentemente connessi; il che ne rende opportuno l’esame simultaneo; gli anzidetti mezzi di impugnazione comunque sono del pari destituiti di fondamento e da rigettare.
36. Si evidenza dapprima che pur il quinto motivo si risolve, per ampia parte, nella censura – non si e’ tenuto conto della “natura di sito minerario dismesso delle aree espropriate” (cosi’ ricorso, pag. 18) – del giudizio “di fatto” cui la corte d’appello ha atteso.
In tal guisa, similmente, nel solco dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce della pronuncia n. 8053/2014 delle sezioni unite, non puo’ che ribadirsi che nessuna forma di “anomalia motivazionale” inficia l’impugnato dictum.
37. Si evidenza dipoi che il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte (e’ il caso de quo: “le contrapposte osservazioni sollevate dai consulenti di parte sono superabili proprio sulla base dei chiarimenti e delle precisazioni formulate dal perito in risposta alle stesse”: cosi’ ordinanza impugnata, pag. 7), esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perche’ incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio gia’ valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (cfr. Cass. (ord.) 2.2.2015, n. 1815; Cass. 3.4.2007, n. 8355; Cass. (ord.) 9.4.2021, n. 9483; Cass. 4.3.2011, n. 5229).
In questi termini invano i ricorrenti prospettano – in verita’ con il quarto motivo – che il loro consulente aveva richiamato nelle sue osservazioni del Decreto 22 marzo 2011, articolo 31, del Direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico, che “disciplina gli adempimenti successivi alla chiusura di un pozzo” (cosi’ ricorso, pagg. 16 – 17).
In questi termini invano i ricorrenti prospettano che “l’ordinanza decisoria si e’ limitata a recepire le conclusioni del perito (…) omettendo qualsiasi valutazione autonoma” (cosi’ ricorso, pag. 20).
In questi termini invano i ricorrenti prospettano che “le contestazioni avanzate (..) sulla stima dei manufatti demoliti compiuta dal c.t.u. non sono state esaminate dalla Corte d’Appello” (cosi’ ricorso, pag. 21).
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
In questi termini invano i ricorrenti denunciano il vizio di carenza di motivazione ovvero di motivazione “apparente”.
38. Il settimo motivo e l’ottavo motivo sono parimenti connessi (d’altronde, l’ottavo motivo e’ formulato in via gradata rispetto al settimo motivo); il che analogamente ne suggerisce il vaglio contestuale; gli anzidetti mezzi di impugnazione in ogni caso sono privi di fondamento e da rigettare.
39. In primo luogo invano i ricorrenti si dolgono – con il settimo mezzo – per l’operata determinazione dell’indennita’ di esproprio con riferimento ad aree non comprese nel decreto di espropriazione.
Nella specie si e’ senza dubbio al cospetto di un’espropriazione parziale (cfr. Cass. sez. un. 8.4.2008, n. 9041, secondo cui nell’espropriazione parziale regolata dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 40, va compresa ogni ipotesi di diminuzione di valore (nella specie interclusione) della parte non interessata dall’espropriazione, con necessario riferimento al concetto unitario di proprieta’ ed al nesso di funzionalita’ tra cio’ che e’ stato oggetto del provvedimento ablativo e cio’ che e’ rimasto nella disponibilita’ dell’espropriato, tanto piu’ ove si tratti di suoli a destinazione agricola, in cui rileva l’unitarieta’ costituita dalla destinazione a servizio dell’azienda agricola).
Cosicche’ e’ sufficiente ribadire l’insegnamento di questa Corte – puntualmente menzionato dalla corte di merito (cfr. ordinanza impugnata, pag. 8) – a tenor del quale nel caso di espropriazione parziale (che si configura quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare caratterizzato da una destinazione economica unitaria e da un nesso di funzionalita’ tra cio’ che e’ stato oggetto del provvedimento ablativo e cio’ che e’ rimasto nella disponibilita’ dell’espropriato) l’indennizzo riconosciuto al proprietario dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 33, non puo’ riguardare soltanto la porzione espropriata ma anche la compromissione o l’alterazione delle possibilita’ di utilizzazione della restante porzione del bene rimasta nella disponibilita’ del proprietario, in tutti i casi in cui il distacco di una parte del fondo e l’esecuzione dell’opera pubblica influiscano negativamente sulla parte residua (cfr. Cass. 7.10.2016, n. 20241).
Del resto, questa Corte spiega ulteriormente che, in tema di espropriazione per pubblica utilita’, rispetto al soggetto espropriato non sono concepibili due distinti crediti, l’uno a titolo di indennita’ di espropriazione e l’altro quale risarcimento del danno per il deprezzamento che abbiano subito le parti residue del bene espropriato, tenuto conto che questa seconda voce e’ da considerare ricompresa nella prima che, per definizione, riguarda l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo per effetto del provvedimento ablativo. (cfr. Cass. (ord.) 18.2.2021, n. 4264; Cass. 8.4.2016, n. 6926).
In questi termini a nulla vale che i ricorrenti prospettino il pericolo di ingiustificata duplicazione delle pretese indennitarie, siccome il decreto dell’11.3.2014 e’ preordinato all’asservimento per opere di mitigazione ambientale delle aree non contemplate nel decreto di espropriazione.
E cio’ viepiu’ che gli stessi ricorrenti hanno riferito che il c.t.u. aveva, a sua volta, puntualizzato che “al momento non c’e’ notizia di procedure secondo cui le aree reliquate risulteranno oggetto di un nuovo decreto di esproprio” (cfr. ricorso, pag. 23).
40. In secondo luogo invano i ricorrenti si dolgono – con l’ottavo mezzo – per la riconosciuta indennizzabilita’ dei “reliquati”, “attribuendo rilievo alla presenza della fascia di rispetto che costituisce vincolo conformativo non indennizzabile” (cosi’ ricorso, pag. 25; cfr. memoria dei ricorrenti, pag. 16).
In verita’, al di la’ del riferimento operato alla previsione, nel piano particellare, per taluni dei “reliquati”, della costituzione di servitu’ pubbliche ed all’appartenenza nel P.G.T., di taluni dei “reliquati”, a fasce di rispetto della viabilita’ (cfr. ordinanza impugnata, pag. 8), la Corte di Brescia (contrariamente a quanto assumono i ricorrenti pur in memoria: cfr. pag. 17) ha correlato l’indennita’ di espropriazione per i “reliquati” essenzialmente alle “regole” in tema di espropriazione parziale.
Piu’ esattamente, la corte d’appello ha tenuto conto della impossibilita’ di comodo accesso ai “reliquati” “in quanto interclusi fra le infrastrutture per la viabilita’ realizzate dal (OMISSIS) e connesse con l’autostrada” (cosi’ ordinanza impugnata, pag. 8).
Invano, quindi, i ricorrenti prospettano che, trattandosi di vincolo conformativo (ossia di un vincolo non ablatorio, incidente a tempo indeterminato sul regime di uso della proprieta’ nei confronti di una generalita’ di beni e di una pluralita’ indifferenziata di soggetti: cfr. Cass. (ord.) 20.2.2018, n. 4100), “la sua previsione non puo’ dar luogo ad alcun indennizzo, neppure in termini di deprezzamento della proprieta’ residua” (cosi’ ricorso, pag. 27).
D’altra parte, il c.t.u. aveva evidenziato che “dalla documentazione agli atti cosi’ come dalle informazioni acquisite non sono emerse notizie riguardo l’esistenza di vincoli di natura non espropriativa” (cfr. al riguardo controricorso, pag. 34).
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
41. Il nono motivo e’ parimenti destituito di fondamento e da respingere.
42. Con il mezzo in esame i ricorrenti censurano il giudizio “di fatto” merce’ il quale la Corte di Brescia, in aderenza agli esiti della c.t.u., ha provveduto alla determinazione del valore delle essenze arboree gia’ esistenti sulle aree oggetto di espropriazione.
In tal guisa, analogamente nel solco dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il dictum della Corte bresciana pur in parte qua non e’ inficiato da nessuna delle ipotesi di “anomalia motivazionale”.
In realta’ l’ausiliario d’ufficio, le cui conclusioni la corte territoriale ha recepito, ha provveduto ad un mero “arrotondamento in aumento” del valore determinato dalla “terna tecnica” (cfr. controricorso, pag. 35).
E, d’altro canto, alle osservazioni del consulente tecnico dei ricorrenti il c.t.u. aveva motivatamente controdedotto (cfr. controricorso, pag. 36).
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
43. Il decimo motivo e’ del pari privo di fondamento e da rigettare.
44. In primo luogo, va reiterato l’insegnamento di questo Giudice secondo cui, in tema di espropriazione parziale per pubblica utilita’, una volta accertata – e’ il caso di specie – l’unita’ funzionale tra la parte espropriata e quella rimasta in proprieta’ del privato e la negativa incidenza del distacco della prima dalla seconda, l’indennita’ di occupazione legittima e’ correttamente determinata in misura percentuale rispetto alle somme astrattamente dovute a titolo di indennita’ di esproprio, ivi comprese quelle imputabili al deprezzamento delle porzioni residue dell’immobile rimaste nella giuridica disponibilita’ del proprietario, anche se non sono divenute di fatto inutilizzabili a causa della realizzazione dell’opera pubblica (cfr. Cass. (ord.) 23.5.2022, n. 16528, ove in motivazione si legge testualmente: “Il quinto motivo, con il quale la ricorrente deduce che erroneamente nella base di calcolo dell’indennita’ ex articolo 22 bis T.U.E. sono stati compresi anche il deprezzamento dell’area residua e il danno da tubazioni, e’ infondato. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuita’, sussiste un collegamento funzionale tra occupazione temporanea ed espropriazione (Cass., Sez. U., 10362/2009; Cass. 12366/2018), pure se la prima e’ diretta a compensare la privazione del godimento del bene occupato e l’altra a “ristorare” l’ablazione, nel senso che il perimetro di tutela e’ lo stesso, nonostante siano distinti i beni della vita oggetto del “ristoro”. Ne consegue che l’unica indennita’ di esproprio, anche comprensiva del pregiudizio alla porzione non espropriata, e’ il parametro di calcolo ex articolo 50 T.U.E. dell’indennita’ di occupazione temporanea. Pertanto la Corte territoriale, una volta accertata l’unita’ funzionale tra la parte espropriata e quella residua e la negativa influenza del distacco della prima dalla seconda, correttamente ha determinato l’indennita’ di occupazione legittima in misura percentuale rispetto alle somme astrattamente dovute a titolo di indennita’ di espropriazione, ivi comprese quelle imputabili al deprezzamento subito dalle porzioni residue dell’immobile rimaste nella giuridica disponibilita’ del proprietario, pur se non siano divenute di fatto inutilizzabili a causa della realizzazione dell’opera pubblica. A questo principio, gia’ affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ (Cass. n. 7294/2009, n. 13745/2003), si deve dare continuita’, essendo coerente con l’esigenza di garantire una piena reintegrazione patrimoniale al privato. Peraltro, l’articolo 50, e’ oggi il solo criterio normativo esistente per compensare l’occupazione temporanea collegabile all’espropriazione di qualunque tipologia di suolo, edificabile e inedificabile (Cass. 12366/2018 citata)”; Cass. 26.3.2009, n. 7294).
In tal guisa ingiustificatamente i ricorrenti adducono che l’indennita’ di occupazione non sarebbe stata da calcolare “anche sulla parte di indennita’ riconosciuta per il deprezzamento della proprieta’ residua e/o per i “reliquati”” (cosi’ ricorso, pag. 30).
In tal guisa correttamente a base di calcolo dell’indennita’ di occupazione e’ stata considerata l’indennita’ di espropriazione comprensiva e dell’indennita’ riconosciuta per i manufatti dapprima esistenti e poi demoliti e dell’indennita’ riconosciuta per le essenze arboree prima esistenti e poi divelte.
45. In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno condannati in solido a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimita’. La liquidazione segue come da dispositivo.
La ” (OMISSIS)” s.p.a. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va nei suoi confronti assunta.
Costruzione abusiva con successiva istanza di condono ed il valore reale di mercato
46. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede:
rigetta il ricorso;
condanna in solido i ricorrenti, “Societa’ (OMISSIS)” s.p.a. e ” (OMISSIS)”, a rimborsare al controricorrente, ” (OMISSIS)” s.p.a., le spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nel complesso in Euro 14.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica n. cit., se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply