Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19147.
Una volta ritenuta l’unitarietà della dichiarazione pur se contenuta in più fogli dei quali solo l’ultimo firmato
Una volta ritenuta l’unitarietà della dichiarazione, pur se contenuta in più fogli dei quali solo l’ultimo firmato, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, poiché la sottoscrizione, ai sensi dell’articolo 2702 del Cc, si riferisce all’intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, rimanendo irrilevante la mancata firma dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l’intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest’ultimo ha l’onere di proporre querela di falso.
Ordinanza|| n. 19147.
Data udienza 2 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: BORSA E MERCATI FINANZIARI – CONTRATTI DI BORSA
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 16948/2018 promosso da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 224/2018, pubblicata l’11/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/05/2023 dal Cons. Dott. ELEONORA REGGIANI;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 224/2018, pubblicata l’11/01/2018, la Corte di appello di Roma, rigettando l’appello incidentale condizionato della (OMISSIS) s.r.l., ha accolto l’appello principale proposto dalla (OMISSIS) s.p.a. contro la sentenza del Tribunale di Roma che aveva (per la parte ancora d’interesse) dichiarato la nullita’ del contratto interest rate swap (di seguito, (OMISSIS)) datato 22/08/2007, condannando la banca alla restituzione dell’importo di Euro 143.535,66 e rigettando la domanda riconvenzionale di quest’ultima, volta ad ottenere il pagamento del saldo di conto corrente ancora a debito della cliente.
In particolare, per quanto ancora oggetto di contesa, il giudice di primo grado aveva dichiarato la nullita’ del contratto (OMISSIS), fondando la decisione sulla considerazione che la missiva inviata il (OMISSIS) dalla direzione generale della banca alla (OMISSIS) s.r.l. – nella quale era scritto che alla data del 22/08/2007 non risultava stipulato alcun contratto (OMISSIS) dalla cliente – dovesse essere considerata una confessione stragiudiziale.
Nel proporre appello, la banca aveva lamentato l’erroneita’ della pronuncia relativa alla riscontrata nullita’ della negoziazione del 22/08/2007. La (OMISSIS) s.r.l. aveva invece chiesto il rigetto dell’impugnazione, proponendo appello incidentale condizionato per le questioni di merito ritenute assorbite in primo grado.
Il giudice di secondo grado, accogliendo l’appello principale, ha ritenuto che l’unico contratto scritto intercorso tra le parti fosse il contratto quadro, firmato il 05/03/2007, perche’ le singole negoziazioni non richiedevano la forma scritta, potendo eseguirsi persino per via telefonica, come previsto dall’articolo 14 del menzionato contratto quadro. Secondo la Corte d’appello, il Tribunale aveva, dunque, erroneamente ritenuto che l’operazione (OMISSIS), negoziata il 22/08/2007, non fosse stata concordata, mentre invece vi era agli atti la conferma, sottoscritta e mai disconosciuta dalla (OMISSIS) s.r.l.. Inoltre, lo stesso Tribunale aveva attribuito valore confessorio alla missiva del (OMISSIS), mentre invece quest’ultima, per la Corte di merito, costituiva una mera comunicazione di carattere informativo, effettuata in risposta alla richiesta di documentazione della cliente.
Con riguardo all’impugnazione condizionata della (OMISSIS) s.r.l., la medesima Corte ha ritenuto infondata la domanda di accertamento della nullita’ dell’operazione del 22/08/2007, incentrata sull’asserita assenza di un effettivo scambio di consensi. Secondo la (OMISSIS) s.r.l., la documentazione prodotta dalla banca, quale atto di conferma della menzionata operazione, non costituiva un documento unico e inscindibile, poiche’ le pagine in cui erano state apposte le sottoscrizioni erano del tutto scollegate dalle altre, le quali erano tra loro distinte e separate, con la conseguenza che poteva contestare la valenza probatoria di tale documentazione, senza operare il disconoscimento della scrittura e senza proporre querela di falso. La Corte d’appello ha, invece rilevato che “la (OMISSIS) ha prodotto prima in copia e successivamente in originale l’atto di conferma dell’operazione oggetto di contestazione, costituito da cinque fogli separati, dei quali i primi tre relativi alle condizioni dell’operazione e i successivi due al piano di ammortamento, che recano la sottoscrizione della (OMISSIS) nel terzo e nel quinto foglio”, aggiungendo di non poter condividere le difese di quest’ultima, “poiche’ la fattispecie, caratterizzata dalla sottoscrizione di solo di due fogli, uno dei quali recante unicamente la data, e dalla contestazione del contenuto degli altri fogli, deve inquadrarsi nella ipotesi della prospettazione di riempimento abusivo absque pactis, che postula la proposizione della querela di falso, come affermato dalla Suprema Corte con orientamento consolidato (Cass. sentenze n. 5417 del 2014, n. 25445 del 2010 e n. 2524 del 2006)”.
In conclusione, il giudice del gravame, in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda della (OMISSIS) s.r.l., volta ad ottenere la declaratoria di nullita’ del contratto (OMISSIS) del (OMISSIS) e le domande conseguenti, condannando la stessa a corrispondere alla banca la somma di Euro 326.508,68, oltre interessi, quale saldo finale a debito del conto corrente ad essa intestato.
Avverso detta sentenza, la (OMISSIS) s.r.l. affidato a tre motivi.
L’intimata si e’ difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione agli articoli 221 c.p.c. e segg., ed in relazione agli articoli 2697, 2702 e 2725 c.c., nonche’ la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di fatti decisivi.
La ricorrente ha, in particolare, affermato che nella sentenza impugnata non sono stati esaminati due fatti.
In primo luogo, secondo la (OMISSIS) s.r.l., nel valutare l’atto di conferma del contratto (OMISSIS) oggetto di contestazione, la Corte non si e’ avveduta che non si trattava di un’ipotesi di riempimento abusivo absque pactis di uno o piu’ fogli in bianco, ma di un caso in cui vi era stata la collazione (ad opera della banca) di piu’ fogli separati, di cui alcuni sottoscritti dalla (OMISSIS) s.r.l., che pero’ non erano in nulla riferibili, nel contenuto, agli altri fogli non sottoscritti. La ricorrente ha ricordato che, gia’ in primo grado, a seguito della produzione in copia della menzionata conferma ad opera della banca, aveva evidenziato che le pagine sottoscritte erano solo la terza e la quinta; che le prime due pagine erano prive di sottoscrizioni e non formavano un unico corpo con la terza; che la quarta e la quinta pagina non formavano un unicum; che vi era incongruenza tra i fogli sul previsto ammortamento, perche’ nella prima pagina era indicata come data iniziale il (OMISSIS) (mentre la banca aveva dedotto che avrebbe avuto inizio il (OMISSIS)), ma nella quarta pagina risultava indicata la data del (OMISSIS); che vi erano evidenti difformita’ tra il documento che conteneva la conferma in questione e quello redatto in precedenza, relativo alla negoziazione poi consensualmente risolta.
La stessa ricorrente ha affermato di avere reiterato tali rilievi nella comparsa di costituzione in appello, ove aveva evidenziato che la conferma in questione era composta di cinque pagine (e non di quattro pagine come quella precedente); le sottoscrizioni erano apposte solo alla terza e alla quinta pagina (mentre quella precedente era firmata in ogni pagina); la seconda pagina recava degli anomali spazi in bianco, che non giustificavano lo spostamento alla terza pagina della sottoscrizione delle parti; nella terza pagina vi era solo la sottoscrizione, la dicitura “cordiali saluti” e la data del (OMISSIS) (scritta a mano); la quarta pagina non era firmata da nessuno; la quinta pagina recava solo la sottoscrizione delle parti. Ha, inoltre, aggiunto che, in appello, aveva anche rappresentato che l’atto di conferma era diverso anche dal fac-simile allegato al contratto quadro e che il numero di riferimento (n. (OMISSIS)), che compariva al secondo foglio della conferma contestata, era diverso da quello indicato dalla banca nella comunicazione del (OMISSIS), ove, accanto all’ammissione dell’inesistenza di un contratto (OMISSIS) sottoscritto il (OMISSIS), vi era l’indicazione di un altro contratto stipulato il (OMISSIS), contraddistinto dal n. (OMISSIS).
Proprio tale ultima considerazione e’ stata prospettata, nel ricorso per cassazione, come ulteriore fatto decisivo ignorato dalla Corte di merito.
Secondo la ricorrente, inoltre, la sentenza impugnata ha violato le norme sulla querela di falso. Richiamando un precedente di questa Corte, la parte ha ricordato che la scrittura privata fa prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni contenute in due o piu’ fogli, dei quali solo l’ultimo sia sottoscritto, sempre che le dichiarazioni contenute nei fogli costituiscano, sul piano logico e lessicale, un unico ed inscindibile corpo, aggiungendo che, nel caso di specie, tale evenienza non si era verificata, perche’, per le ragioni sopra evidenziate, il documento non poteva ritenersi un unicum e, pertanto, non poteva imputarsi alla sua volonta’ il contenuto delle inconciliabili dichiarazioni ivi contenute.
Il motivo contiene anche la prospettazione dell’asserita violazione degli articoli 2697, 2702 e 2725 c.c., per le stesse ragioni appena prospettate. Secondo la ricorrente, la Corte d’appello non ha considerato che si era in presenza di fogli separati, non costituenti un unicum corpus e caratterizzati da evidenti anomalie e contraddizioni logiche e lessicali, il documento era privo di valore probatorio e la banca avrebbe dovuto svolgere ulteriore attivita’ istruttoria, per provare l’avvenuta conferma dell’operazione, che, invece, non aveva espletato.
2. Con il secondo motivo, e’ dedotta la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione agli articoli 115 e 345 c.p.c., e agli articoli 2730 e 2732 c.c., unitamente alla violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo.
In particolare, la ricorrente ha ritenuto che la sentenza impugnata ha violato l’articolo 115 c.p.c., e articolo 2730 c.c., perche’ ha escluso valore confessorio alla missiva del (OMISSIS), proveniente dalla direzione generale della banca, la quale, invece, avrebbe dovuto essere ritenuta munita, fino a prova contraria, del potere di impegnare l’istituto di credito, il quale, nella specie, era peraltro stato contestato solo in appello, in violazione dell’articolo 345 c.p.c..
La ricorrente ha, poi, aggiunto che la Corte di merito e’ incorsa nella violazione dell’articolo 2735 c.c., perche’, per escludere il valore di confessione alla menzionata missiva, la banca avrebbe dovuto dedurre e provare l’errore di fatto (o la violenza) che l’aveva indotta ad affermare l’inesistenza della conferma in questione.
Secondo la (OMISSIS) s.r.l., infine, la sentenza impugnata ha omesso di considerare un fatto decisivo, rappresentato dalla circostanza che la dichiarazione contenuta nella missiva non aveva valore meramente informativo, ma era stata resa in ottemperanza dell’obbligo legale di cui al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 119, ed era stata preceduta da altra comunicazione, che era di senso del tutto opposto, ove affermava l’esistenza della negoziazione (OMISSIS) del (OMISSIS), sia pure senza fornire di esso alcuna prova.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente ha dedotto la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione all’articolo 2697 c.c., perche’ in conseguenza dell’accoglimento dei precedenti due motivi, avrebbe dovuto essere rigettata la domanda riconvenzionale della banca, in quanto priva di prova scritta.
4. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile nella parte in cui e’ prospettato l’omesso esame di fatti ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
4.1. Si consideri che l’omesso esame di elementi istruttori puo’ integrare il vizio appena richiamato solo quando tale omissione determini l’omesso esame di un fatto storico, primario o secondario, rilevante ai fini della decisione e discusso tra parti in causa (cfr. Cass., Sez. 2, n. 27415/2018).
Il libero convincimento del giudice e’, infatti, sindacabile solo per mancato esame di fatti storici, anche se veicolati da elementi indiziari non esaminati e, dunque, non considerati dal giudice, che siano decisivi, nel senso che siano in grado di determinare una diversa soluzione, con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento e’ fondato (Cass., Sez. 1, n. 10253/2021).
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non una questione o un punto, ma un vero e proprio accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 2, n. 26274/2018).
Non costituiscono, viceversa, fatti, il cui omesso esame possa cagionare il vizio previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass., Sez. 2, n. 14802/2017; Cass., Sez. 5, n. 21152/2014), gli elementi istruttori in se’ considerati, le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello.
4.2. Nel caso di specie e’ evidente che parte ricorrente, nell’illustrare il motivo di ricorso per violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ha lamentato la mancata considerazione non di fatti storici, ma di argomenti difensivi dalla stessa offerti, che attengono alla valutazione della documentazione acquisita al processo, e quindi al merito della vertenza, come tale insindacabile in cassazione, quando la motivazione sia rispettosa del minimo costituzionale.
5. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile anche nella parte in cui viene dedotta la violazione delle norme che attengono alla proposizione della querela di falso.
5.1. Com’e’ noto, il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ricomprende tanto la violazione di legge, intesa quale erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, quanto la falsa applicazione della legge, riconducibile alla sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perche’ la fattispecie astratta da essa prevista non e’ idonea a regolarla, oppure consistente nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (v. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 23851 del 25/09/2019).
In particolare, e’ stato precisato che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata. Il vizio di falsa applicazione di legge consiste nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perche’ la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non e’ idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra, invece, nell’ambito applicativo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione di fatto, riservata al giudice di merito, sottratta percio’ al sindacato di legittimita’ (cosi’ Cass., Sez. 1, n. 640 del 14/01/2019).
Con specifico riferimento alle norme che disciplinano la valutazione delle risultanze istruttorie, poi, la censura e’ ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione e il giudice abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che sia solo stato male esercitato il prudente apprezzamento della prova, anche senza valutare alcuni elementi rilevanti, la censura e’ ammissibile solo ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (nella specie non formulata), nei rigorosi limiti in cui e’ ancora consentito il sindacato di legittimita’ (v. da ultimo Cass., Sez. U., Sentenza n. 20867 del 30/09/2020 e Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021).
E, in effetti, la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attivita’ riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (cosi’ Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; v. anche Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021).
5.2. Nel caso di specie, nell’illustrare il motivo di ricorso per cassazione, la (OMISSIS) s.r.l. ha ricordato il principio secondo cui la scrittura privata fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni contenute in due o piu’ fogli, dei quali solo l’ultimo sia sottoscritto, sempre che le dichiarazioni contenute nei fogli costituiscano, sul piano logico e lessicale, un unico ed inscindibile corpo (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4093 del 15/06/1988; Cass. Sez. L, Sentenza n. 9820 del 16/09/1995), aggiungendo, poi, che nel caso di specie quest’ultima condizione non sussisteva, perche’, per le ragioni sopra evidenziate, il documento non poteva ritenersi un unicum.
Ancora una volta, dunque, e’ stata inammissibilmente censurata la valutazione operata in fatto dal giudice di merito che, dopo aver descritto in modo unitario il documento in questione (“la (OMISSIS) ha prodotto prima in copia e successivamente in originale l’atto di conferma dell’operazione oggetto di contestazione, costituito da cinque fogli separati, dei quali i primi tre relativi alle condizioni dell’operazione e i successivi due al piano di ammortamento, che recano la sottoscrizione della (OMISSIS) nel terzo e nel quinto foglio”), ha esplicitamente affermato di non poter condividere l’assunto del ricorrente (che cioe’ non era necessario disconoscere il documento ne’ proporre querela di falso in considerazione del fatto che le sottoscrizioni non erano riferite ad un atto unico e inscindibile).
5.3. La statuizione e’, peraltro, stata adottata in conformita’ ad una giurisprudenza oramai consolidata, secondo la quale, una volta ritenuta l’unitarieta’ della dichiarazione, pur se contenuta in piu’ fogli dei quali solo l’ultimo firmato, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, poiche’ la sottoscrizione, ai sensi dell’articolo 2702 c.c., si riferisce all’intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, rimanendo irrilevante la mancata firma dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l’intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest’ultimo ha l’onere di proporre querela di falso (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 7681 del 19/03/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4886 del 01/03/2007).
6. E’ altresi’ inammissibile il motivo di ricorso, nella parte in cui e’ dedotta la violazione degli articoli 2697, 2702 e 2725 c.c., essendo fondato sulle medesime ragioni in fatto inammissibilmente prospettate con la censura appena esaminata attinente alla disciplina della querela di falso.
7. Il secondo motivo e’ del pari inammissibile.
Come anticipato, la censura attiene al valore probatorio della missiva della banca datata (OMISSIS), nella parte in cui, in risposta alla richiesta di documentazione della ricorrente, ha rappresentato che non risultava essere stato stipulato alcun contrato relativo a derivati il (OMISSIS).
La Corte d’appello ha ritenuto che il giudice di primo grado avesse errato nell’attribuire valore di confessione stragiudiziale al contenuto di tale missiva, poiche’ si trattava di una mera comunicazione di carattere informativo, ove la banca, in risposta ad una richiesta della (OMISSIS), affermava, conformemente al vero, che non risultava alcuna stipulazione di contratti in data (OMISSIS) (p. 6 della sentenza della Corte d’appello).
7.1. E’, pertanto, inammissibile la censura nella parte in cui e’ prospettata la violazione degli articoli 115 e 345 c.p.c., oltre che dell’articoli 2730 c.c., per non avere il giudice del gravame considerato la tardivita’ e comunque l’infondatezza della contestazione relativa alla sussistenza del potere di impegnare l’istituto di credito in capo alla direzione generale della banca.
La decisione della Corte di merito non si fonda, infatti, su tale argomento, ma soltanto sul ritenuto carattere meramente informativo, e non confessorio, della dichiarazione contenuta nella missiva.
Com’e’ noto, infatti, la proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilita’ del ricorso, risolvendosi in un “non motivo”.
L’esercizio del diritto di impugnazione puo’ considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali e’ esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa e’ errata, da considerarsi in concreto e dalle quali non possano prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneita’ al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020).
Nella specie, invece, la censura non attinge alcun capo della decisione impugnata, ma si sostanzia in una riproposizione delle argomentazioni difensive illustrate nelle fasi di merito e, come tale, deve ritenersi inammissibile.
7.2. Allo stesso modo e’ inammissibile la censura riferita all’asserita violazione dell’articolo 2732 c.c., ove e’ previsto che la confessione non puo’ essere revocata se non viene provato che e’ stata determinata da un errore di fatto (o da violenza).
Come appena ricordato, il giudice d’appello non ha ritenuto che, nella specie, fosse intervenuta la revoca di una confessione stragiudiziale, ma ha escluso che vi fosse stata una confessione stragiudiziale.
Anche sotto questo profilo, la censura si rivela inammissibile per gli stessi motivi appena illustrati, dal momento che non attinge alcun capo della decisione impugnata.
7.3. E’ inammissibile il motivo anche con riguardo alla censura formulata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella parte in cui e’ prospettata l’omessa considerazione fatto decisivo, rappresentato dalla circostanza che la dichiarazione contenuta nella missiva non aveva valore meramente informativo ma confessorio.
E’ evidente che la critica non attiene al mancato esame di un fatto storico ma a una valutazione operata dal giudice di merito, attinente alla sussistenza o meno delle caratteristiche richieste dall’articolo 2730 c.c..
7.4. Quest’ultima censura non puo’ neppure essere utilmente riqualificata quale prospettazione di una falsa applicazione di legge, riferita alla menzionata qualificazione giuridica, non essendovi una specifica allegazione delle ragioni per cui dovrebbe ritenersi sussistente l’animus confitendi, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, risolvendosi pertanto la critica un una censura generica e, come tale, inammissibile.
8. Il terzo motivo di ricorso e’ da ritenersi assorbito, poiche’, come pure dedotto dalla ricorrente, presuppone l’accoglimento dei motivi precedenti.
4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 6. Le spese di lite seguono la soccombenza.
7. In applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla controricorrente, che liquida in Euro 12.000,00 per compenso, oltre Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge;
da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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