In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19492.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenerne eccessivo l’importo come originariamente determinato con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento della prestazione presidiata dalla clausola, tenendo conto dell’effettiva incidenza dell’adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, a prescindere da una rigida ed esclusiva correlazione con l’effettiva entità del danno subito.

In tema di appalto pubblico, ove lo scioglimento del contratto si dica dipeso dall’annullamento delle delibere di approvazione del progetto e di adozione delle relative varianti per la mancanza o l’inadeguatezza della verifica di compatibilita’ ambientale e la carenza di adeguate indagini geologiche e geognostiche, e ove si dicano altresi’ riscontrate carenze del progetto, viene in considerazione, ai fini delle reciproche responsabilita’, il principio di cui all’articolo 2055 c.c., e cio’ che rileva e’ sempre il fatto nella sua unicita’, a prescindere dalla identita’ delle norme giuridiche violate da ciascuno; in questi casi e’ possibile escludere il nesso di causalita’ rispetto ad alcune delle condotte quando, motivando caso per caso, possa riconoscersi a uno degli antecedenti causali un’efficienza non semplicemente preponderante, ma determinante e assorbente, tale da escludere ogni effettivo nesso tra l’evento e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni

Ordinanza|| n. 19492. In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Data udienza  18 aprile 2023

Integrale

Tag/parola chiave: OPERE E LAVORI PUBBLICI – APPALTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28775/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS) SRL, (OMISSIS) IN CONCORDATO PREVENTIVO GIA’ (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

-ricorrenti-

contro

CONSORZIO (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

-controricorrente-

Nonche’ contro

(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;

-controricorrente-

nonche’ contro

(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;

-controricorrente-

nonche’ contro

COMUNE DI (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

-controricorrente –

sul controricorso incidentale proposto da:

COMUNE DI (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

-ricorrenteincidentale-

sul controricorso incidentale proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));

-ricorrenteincidentale-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 955/2017 depositata il 21/06/2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/04/2023 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Fatti di causa

La vicenda attiene all’appalto per la costruzione della nuova sede dell’ospedale di (OMISSIS) ((OMISSIS)).

Sinteticamente e per quanto ancora di interesse il comune di (OMISSIS), a seguito dell’iter amministrativo presupposto, aveva conferito al Consorzio (OMISSIS) l’espletamento dei servizi occorrenti a mettere in atto un progetto per l’esecuzione delle opere relative all’ospedale, e il consorzio, all’esito delle progettazioni, aveva affidato le opere stesse, dopo licitazione privata, all’associazione temporanea di imprese (hinc solo ATI) costituita dalla (OMISSIS) s.p.a. (poi divenuta (OMISSIS)), mandataria, e dalla (OMISSIS) s.r.l., mandante, stipulando il contratto di appalto nel settembre 1998.

A seguito di eventi franosi intervenuti a dicembre 1998, dapprima il Tar delle (OMISSIS) (con sentenza del 1999) e poi, a seguito di appello, il Consiglio di Stato (con sentenza del 2001) avevano annullato le delibere del comune e della provincia recanti l’approvazione del progetto e dell’adozione delle varianti, attese l’illegittimita’ della verifica di compatibilita’ ambientale e le carenze di indagine geologica e geognostica.

Di conseguenza il sindaco di (OMISSIS) aveva comunicato all’ATI la risoluzione di diritto dell’appalto per effetto dell’annullamento.

A cio’ si era associato il consorzio.

Per converso l’ATI aveva affermato che l’impossibilita’ di proseguire l’appalto non era sopravvenuta ma originaria, ed era imputabile giustappunto al comune e al consorzio, sicche’ ferma l’estinzione dell’appalto aveva chiesto il pagamento di tutte le somme dovute, anche a titolo di riserve.

Ne erano derivate due cause: (i) la prima era stata introdotta dall’ATI contro il comune, il consorzio e gli altri enti interessati, e in questa causa si era avuta, a iniziativa del comune, la chiamata in manleva del direttore dei lavori, arch. 2Prosperetti, che a sua volta aveva chiamato in giudizio il proprio ente assicurativo; (ii) la seconda era stata introdotta dal comune contro l’ATI e le societa’ da cui era composta.

L’adito Tribunale di Ancona sempre per la parte che ancora interessa (i) ha pronunciato la risoluzione del contratto di appalto addebitandola a responsabilita’ congiunta del comune, dell’ATI, del consorzio e del direttore dei lavori; (ii) ha respinto le domande dell’ATI di corresponsione di indennizzi per le riserve e per quanto previsto dell’articolo 33 del capitolato speciale di appalto; (iii) ha respinto la domanda dell’ATI di risarcimento dei danni e quella, sempre di danni, avanzata dal comune di (OMISSIS) contro l’ATI e il direttore dei lavori.

In sede di gravame la Corte d’appello di Ancona, pronunciando sulle impugnazioni: quella principale della (OMISSIS) in liquidazione, in proprio e quale mandataria dell’ATI, e quelle incidentali del comune, del consorzio (OMISSIS) in liquidazione, del 2Prosperetti e dell’Asl (OMISSIS), ha riformato parzialmente la decisione di primo grado e (i) ha dichiarato che lo scioglimento dell’appalto era addebitabile al solo comune; (ii) ha determinato in 597.124,63 EUR il credito della (OMISSIS) in liquidazione e concordato preventivo (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), quale capogruppo dell’ATI, nei confronti del comune e in 402.758,00 EUR il controcredito del comune nei confronti dell’ATI; (iii) ha dichiarato la compensazione delle partite a credito e a debito e ha condannato il comune al pagamento della differenza; (iv) ha confermato la sentenza di primo grado in tutte le residue parti, regolando le spese di lite.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Contro la sentenza d’appello hanno proposto ricorso principale la (OMISSIS), in proprio e quale impresa mandante dell’ATI, e la (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), in proprio e quale mandataria dell’ATI medesima, deducendo quattro motivi variamente articolati al loro interno.

Gli intimati si sono costituiti con distinti controricorsi.

Il comune di (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale in cinque motivi.

(OMISSIS), nella qualita’ di erede dell’arch. (OMISSIS) (gia’ costituita come tale in appello), ha proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del quinto motivo del ricorso del comune.

Sono stati depositati controricorsi in replica ai ricorsi incidentali. Le parti controricorrenti hanno depositato memorie.

Ragione della decisione.

I. – L’oggettiva complessita’ della vicenda processuale induce a dar conto in sequenza dei motivi di ricorso prospettati hinc et inde.

II. – Il ricorso principale dell’ATI e delle societa’ in essa costituite e’ articolato nelle seguenti censure:

(i) nullita’ della sentenza per omessa o comunque apparente motivazione in ordine al mancato accoglimento della riserva formulata con lettera del 29-11-1999 e della conseguente mancata condanna del comune allo svincolo delle ritenute di legge accantonate fino al secondo Sal e al pagamento degli interessi;

(II) violazione degli articoli 1226 e 2056 c.c., e 115 c.p.c., e dei principi civilistici sull’inadempimento delle obbligazioni, per il mancato accoglimento delle riserve riguardanti il pagamento per lavori eseguiti durante e dopo il secondo Sal, nonche’ di quanto dovuto a seguito delle sospensioni dei lavori per i materiali giacenti in cantiere;

(iii) violazione degli articoli 1372, 1458, 1362 e seg., 2697 c.c. in riferimento alla pronunciata condanna dell’appaltatrice al pagamento dell’importo (sia pure ridotto) della penale di cui all’articolo 33 del capitolato speciale;

(iv) violazione degli articoli 1321, 1218 e 2055 c.c. e omesso esame di fatti decisivi a proposito del rigetto delle domande proposte contro il consorzio (OMISSIS), essendo stato il consorzio a proporre la variante e a consentire dopo di questa lo svolgimento e la contabilizzazione dei lavori pur in difetto di approvazione da parte del comune.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

III. – Il ricorso incidentale del comune di (OMISSIS) denunzia i seguenti vizi:

(i) violazione o falsa applicazione degli articoli 22 della l. n. 584 del 1977, 23 del Decreto Legislativo n. 406 del 1991, 95 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, per avere la corte d’appello errato nel ritenere esistente la legittimazione attiva dell’ATI nonostante il venir meno, a seguito dello scioglimento del contratto di appalto, del mandato collettivo conferito alla capogruppo;

(ii) violazione o falsa applicazione dell’articolo 1453 c.c. per avere la sentenza provveduto a bilanciare, ai fini della risoluzione dell’appalto, comportamenti e profili non bilanciabili, avendo valorizzato l’annullamento degli atti amministrativi quale inadempimento colposo del comune tale da esser ritenuto prevalente, nel reciproco bilanciamento, rispetto all’inadempimento altrui;

(iii) violazione o falsa applicazione degli articoli 1218 e 1362 c.c., in relazione all’articolo 33 del capitolato speciale, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che lo scioglimento del contratto di appalto fosse dovuto al mero recesso unilaterale del comune di (OMISSIS), con conseguente riconoscimento in capo all’ATI del decimo dei lavori non eseguiti ai sensi dell’articolo 33 del capitolato speciale, nonostante l’accertata (e pur riconosciuta) sussistenza di responsabilita’ e inadempimenti dell’ATI e del consorzio (OMISSIS);

(iv) violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., 1382, 1384 c.c. in relazione all’articolo 33 del capitolato speciale, in quanto la corte d’appello, accogliendo la domanda proposta dal comune di (OMISSIS) di condanna dell’ATI e delle imprese ivi riunite al pagamento della clausola penale di cui all’articolo 33 capitolato speciale, ha proceduto alla riduzione dell’importo alla meta’ sull’irrilevante presupposto dell’assenza “di piu’ specifiche prove del risarcimento dei danni subiti dall’Ente locale”;

(v) violazione o falsa applicazione degli articoli 27 della l. n. 109 del 1994, 124 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, 1667, 1669, 1218 e 2055 c.c. – nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, poiche’ la domanda di manleva proposta dal comune contro il direttore dei lavori arch. (OMISSIS) sarebbe stata respinta senza motivazione o con motivazione apparente.

IV. – Il ricorso incidentale della sig.ra (OMISSIS), erede dell’arch. (OMISSIS), denunzia, in unitario contesto e in forma condizionata all’accoglimento del quinto motivo del ricorso incidentale del comune, (i) la violazione o falsa applicazione degli articoli 343 e 346 c.p.c. a proposito dell’affermazione secondo la quale il suddetto (OMISSIS) aveva rinunciato alla domanda di manleva nei confronti dell’assicurazione (OMISSIS) s.p.a., e di conseguenza (ii) la violazione dell’articolo 92 c.p.c. sul rilievo che questa Corte, cassata la sentenza nella parte relativa all’intempestivita’ della domanda di garanzia, sarebbe tenuta a provvedere sulle spese dei due gradi del giudizio di merito.

V. – Il primo motivo del ricorso principale e’ inammissibile.

Le ricorrenti lamentano che sia mancato ogni esame, o comunque una motivazione, a proposito delle domande di restituzione delle trattenute a garanzia del 5,5% sui primi due Sal e di pagamento degli interessi sugli importi dei medesimi Sal, liquidati in ritardo.

Tuttavia e’ da osservare che dalla sentenza non emerge se e quando simili pretese siano state devolute al giudizio d’appello, e al riguardo il ricorso, nella genericita’ della relativa esposizione, non soddisfa il fine di autosufficienza.

VI. – Il secondo motivo del ricorso principale e’ in parte inammissibile e in parte infondato.

Si impugna il mancato accoglimento delle riserve riguardanti il pagamento dei lavori eseguiti durante e dopo il secondo Sal, nonche’ di quanto dovuto a seguito delle sospensioni dei lavori per i materiali giacenti in cantiere.

Il motivo ben vero si articola in distinte argomentazioni, la prima generale, la seconda e la terza dedotte in altrettante sub-doglianze.

Nella prima parte (punto 2 dell’illustrazione) non e’ indicata la tipologia di errore, rientrante nel paradigma del pur richiamato articolo 360 c.p.c., n. 3, alla quale la ricorrente abbia inteso riferire la censura, mentre questa Corte e’ ferma nel ribadire che nel ricorso per cassazione l’onere di specificita’ dei motivi, sancito dall’articolo 366, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’articolo 360, n. 3, a pena d’inammissibilita’ della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata; affermazioni che occorre espressamente richiamare al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (v. Cass. Sez. U n. 23745-20).

Nella seconda parte (punto 2.1 dell’illustrazione) il motivo e’ parimenti inammissibile perche’, sebbene nel riferimento a presunte violazioni di norme e principi in tema di interpretazione del contratto e di obblighi di adempimento della prestazione dell’appaltatore, ovvero a presunte omissioni motivazionali, non contiene riferimenti alle riserve che si dice esser state specificamente formulate.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Nella terza parte (compendiata nel punto 2.2 dell’illustrazione) il motivo e’ inammissibile perche’ nella sua genericita’ si risolve in una critica di merito, ed e’ poi anche infondato per la ragione che segue.

Si discute della categoria di riserve relativa alle componenti “diverse dalla sospensione, nonche’ ai lavori eseguiti e ai materiali esistenti in cantiere”.

Al riguardo la corte d’appello ha ritenuto che la pretesa risarcitoria non fosse stata assistita da “adeguata dimostrazione, avendo la c.t.u. evidenziato che alcune delle riserve rientra(va)no tra gli oneri contrattuali”, e atteso che la stessa c.t.u. aveva messo in risalto che dalla documentazione esibita non era possibile “ricavare una esatta ricostruzione dei lavori eseguiti dall’ATI ne’ eseguire una contabilizzazione dei lavori medesimi (..) accedendo ai luoghi oggetto di causa”.

La sostanza della critica rivolta dalla parte ricorrente e’ che invece l’effettivita’ del danno si sarebbe dovuta apprezzare in forza di molteplici e convergenti elementi, e che la corte d’appello ha basato la decisione sulla mancanza di prove relative non al danno ma alla “esatta consistenza in termini di quantita’ dei lavori e di loro contabilizzazione o valorizzazione”, per cui avrebbe dovuto far ricorso, semmai, alla liquidazione equitativa.

Ora, per quanto la ricorrente insista nel dire violati gli articoli 1226 e 2056 c.c., e 115 c.p.c., col corredo dei principi civilistici sull’inadempimento delle obbligazioni, resta che quella della corte territoriale e’ una motivazione in fatto, con la quale e’ stata stabilita l’impossibilita’, anche mediante la c.t.u., di riscontrare il fondamento delle voci appostate a riserva.

Che cio’ sia indicativo dell’essere il danno certo ma semplicemente difficile da dimostrare nella sua esatta entita’ corrisponde a una mera opinione della difesa della ricorrente, non giustificata affatto da quanto indicato in sentenza.

La liquidazione equitativa del danno patrimoniale, ai sensi degli articoli 2056 e 1226 c.c., richiede comunque la prova, anche presuntiva, della sua reale esistenza. E in difetto di detta prova non vi e’ spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale (v. Cass. Sez. 1 n. 17677-09, cui adde Cass. Sez. 3 n. 11353-10, Cass. Sez. 3 n. 1196813 e molte altre).

La corte d’appello ha escluso la reale certezza del danno.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

VII. – Il terzo motivo del ricorso principale e’ inammissibile.

Ci si riferisce all’importo (sia pure ridotto) della penale di cui all’articolo 33 del capitolato speciale e si assume, contro la sentenza, che la penale era stata prevista solo per l’ipotesi di risoluzione d’ufficio del contratto, sicche’ essa non si sarebbe dovuta considerare applicabile al caso concreto nel quale la stessa corte d’appello aveva imputato la risoluzione a carenze originarie addebitabili al comune di (OMISSIS).

La ragione di inammissibilita’ della censura e’ che quella alla quale la ricorrente allude e’ questione di interpretazione del contratto.

Si discuteva (e si discute) della penale per il ritardo nella restituzione del cantiere dopo la risoluzione del contratto, e la corte d’appello ha previamente affermato che l’interesse alla celere restituzione era invocabile in ogni caso, giacche’ l’articolo 33 del capitolato speciale lo aveva previsto facendo riferimento, per l’evenienza della risoluzione, all’onere di immediata riconsegna dei lavori e delle opere da parte dell’appaltatore nello stato in cui si fossero trovate.

Tale situazione – ha aggiunto la corte d’appello – si sarebbe dovuta considerare rilevante in ogni ipotesi di risoluzione.

La ricorrente oppone che vi sarebbe un’anomalia nella conclusione, perche’ la penale e’ commisurata al valore di un’opera divenuta ineseguibile per fatto non addebitabile all’appaltatore; e inoltre vi sarebbe un contrasto con gli articoli 1362 e seg. c.c. in relazione all’articolo 33 del capitolato speciale.

Puo’ di contro osservarsi che dal primo punto di vista la censura difetta di pertinenza, perche’ presuppone che sia da condividere la tesi opposta a quella sostenuta dal giudice del merito quanto all’ambito applicativo della previsione negoziale. Mentre dal secondo punto di vista la censura si risolve in una critica direttamente coinvolgente l’esito della valutazione interpretativa, notoriamente insindacabile in cassazione.

Nell’appalto di opere pubbliche, ferma la derogabilita’ delle norme sostanziali del capitolato generale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 16 luglio 1962, n. 1063, visto che esso ha valore normativo e vincolante solo per i contratti stipulati dallo Stato, e non dagli enti pubblici diversi (v. tra le moltissime Cass. Sez. 1 n. 3768-06, Cass. Sez. 1 n. 17635-07), e’ ben legittimo regolamentare il rapporto mediante un capitolato speciale, il quale possiede rilevanza negoziale.

L’interpretazione del capitolato speciale compete al giudice di merito ed e’ censurabile in cassazione solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione (v. Cass. Sez. 1 n. 13229-11, Cass. Sez. Lav. n. 15057-01, Cass. Sez. 3 n. 7584-01).

Per costante insegnamento di questa Corte, la parte che denunzi in cassazione l’erronea determinazione della volonta’ negoziale, ritenuta dal giudice di merito in violazione degli articoli 1362 e seg. c.c., non puo’ limitarsi a richiamare le norme afferenti, ma e’ tenuta a indicare quali specifici canoni o criteri interpretativi siano stati violati e in quale concreto modo.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Invero l’individuazione della volonta’ negoziale, avendo a oggetto una realta’ fenomenica e oggettiva, si risolve in un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito, che e’ censurabile non quando semplicemente le ragioni addotte a sostegno sono diverse da quelle ritenute dalla parte, bensi’ quando esse contrastino specificamente contro canoni esegetici stabiliti per legge.

Nella fattispecie, la ricorrente si e’ invece limitata a contrapporre la propria interpretazione della norma del capitolato speciale a quella ritenuta dalla corte del merito, e peraltro senza neppure riportare il contenuto specifico della clausola in questione.

VIII. – Il quarto motivo del ricorso principale e’ invece fondato nella parte in cui censura la sentenza con riferimento al rigetto delle domande proposte contro il consorzio (OMISSIS), per violazione dell’articolo 2055 c.c. e per omesso esame di fatti decisivi.

La corte d’appello ha riconosciuto l’esistenza, a monte dello scioglimento dell’appalto, anche di carenze progettuali imputabili al consorzio (OMISSIS), ma ha escluso che vi fosse stata un’incidenza causale della relativa condotta sull’impossibilita’ di proseguire l’opera.

Tanto ha affermato nonostante l’accertata riconducibilita’ al consorzio sia del progetto originario sia di quello di variante, adottato per rimediare alle carenze progettuali emerse in fase esecutiva; e tanto ha affermato nonostante l’abbastanza ovvia incidenza dei progetti sui lavori, che difatti erano andati avanti anche quando erano emerse le criticita’ geologiche al fondo dello smottamento del terreno.

Allorche’ ha ritenuto infondata la domanda riconvenzionale del consorzio (OMISSIS) nei confronti dell’ATI la corte d’appello ha reso d’altronde la seguente espressione di sintesi: “tale domanda non puo’ trovare accoglimento in quanto la perdita della concessione e’ conseguita all’annullamento pronunciato dal Consiglio di Stato, motivato con l’omessa verifica di compatibilita’ ambientale da parte del comune di (OMISSIS), ed e’ semmai riferibile anche a carenze progettuali imputabili allo stesso consorzio”.

Il significato sintattico-grammaticale delle parole impiegate rende chiaro che era stato accertato il concorso di fatti imputabili a entrambi i soggetti: al comune, per l’omissione della previa verifica di compatibilita’, e al consorzio, per la carenza progettuale alla quale sarebbe stata destinata l’iniziativa della variante.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Come in tale condizione sia stato possibile escludere la corresponsabilita’ del consorzio a proposito dei fatti incidenti all’esecuzione dell’appalto resta, alla lettura della pur lunga sentenza, assolutamente inspiegabile.

E’ implicito il riferimento all’articolo 2055 c.c.

Ma le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che l’articolo 2055 c.c. e’ norma sulla causalita’ materiale integrata nel senso dell’articolo 41 c.p.; per essa e’ richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a piu’ persone, ancorche’ le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilita’ – contrattuale ed extracontrattuale -, in quanto la norma considera essenzialmente l’unicita’ del fatto dannoso, e riferisce tale unicita’ esclusivamente al danneggiato, senza intenderla come identita’ delle norme giuridiche violate (v. Cass. Sez. U n. 13143-22).

Niente esclude di applicare tale norma all’ipotesi dell’appalto pubblico.

E’ vero che la fattispecie di responsabilita’ suppone che sia accertato il nesso di causalita’ tra le condotte caso per caso. Ma cio’ vuol dire che e’ possibile escluderlo, nei casi di astratta imputabilita’ di un fatto a piu’ soggetti, solo quando a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta un’efficienza determinante e assorbente, tale da escludere ogni effettivo nesso tra l’evento dannoso e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni (cosi’ sempre Cass. Sez. U n. 13143-22).

Cio’ impone un’analisi e una motivazione adeguate in vista della esclusione dell’efficienza causale: analisi e motivazione niente affatto evincibili nell’inesplicato assunto della corte territoriale; il quale si fonda sull’apodittica tesi per cui l’impossibilita’ di prosecuzione sarebbe dipesa dal fatto “che il comune di (OMISSIS), a seguito della sentenza del Tar delle (OMISSIS), poi oggetto di ricorso al Consiglio di Stato, (aveva) ritenuto detto contratto risolto ipso iure”.

E’ pero’ immotivata, oltre che poco rilevante, l’affermazione basica secondo cui, al di la’ delle argomentazioni del gruppo di lavoro istituito dalla regione (OMISSIS) (la cui relazione era stata richiamata dalle sentenze amministrative), un’incidenza causale “preponderante” in ordine allo scioglimento del rapporto contrattuale si sarebbe dovuta addebitare al comune di (OMISSIS) – perche’ “l’impossibilita’ di dare esecuzione al contratto (era) conseguita non all’adozione della variante (..) ma alla accertata mancanza di una adeguata verifica di compatibilita’ ambientale da parte dell’ente locale”: ed e’ poco rilevante in quanto, nel contesto di una serie causale, la preponderanza di una condotta non esclude la potenziale rilevanza anche delle ipotetiche altre.

In questa prospettiva la statuizione appare illogica, visto che le mancanze della verifica di compatibilita’ erano state, secondo quanto dalla sentenza si apprende, per l’appunto collegate “anche” alle carenze progettuali, e visto che al rimedio di dette carenze era stata funzionale (sulla carta) pure la variante.

Vanamente allora la sentenza si attarda a dire che la mancanza della verifica di compatibilita’ aveva comportato l’annullamento della deliberazione del consiglio provinciale di Ancona e degli atti conseguenti, e cosi’ impedito (in iure) la prosecuzione del rapporto.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Simile argomentazione non giustifica affatto il giudizio di estraneita’ causale della condotta del consorzio, e pure questa condotta si inseriva nella serie causale oggetto di accertamento.

IX. – Occorre passare all’esame del ricorso incidentale del comune di (OMISSIS).

X. – Il primo motivo di tale ricorso, col quale la decisione d’appello e’ censurata a proposito della ritenuta legittimazione dell’ATI, e’ infondato.

La tesi e’ che la costituzione di un raggruppamento di imprese comporta un conferimento del mandato speciale collettivo irrevocabile all’impresa capogruppo, il quale attribuisce al legale rappresentante di quest’ultima la rappresentanza processuale nei confronti dell’amministrazione appaltante e delle imprese terze controinteressate.

L’estinzione del rapporto contrattuale per qualsiasi causa implica il venir meno dello stesso mandato speciale collettivo irrevocabile conferito alla capogruppo, e la mandataria e le mandanti finiscono per prospettarsi nei confronti della stazione appaltante, in ipotesi di controversie iniziate successivamente al verificarsi della causa di estinzione, come singoli operatori economici.

Sennonche’ il punto critico dell’argomentazione e’ che il comune si affida a cio’ che la giurisprudenza di questa Corte verte a sottolineare per l’ipotesi del fallimento della mandante.

Non si dubita che in caso di appalto di opere pubbliche stipulato da imprese riunite in associazione temporanea il fallimento della mandante determina ex articolo 78 L.F. lo scioglimento del mandato collettivo con rappresentanza esistente fra le imprese associate; cosa che comporta il venir meno dei poteri gestori e rappresentativi affidati alla mandataria (c.d. capogruppo). Per cui ove tale dichiarazione di fallimento intervenga prima della proposizione della domanda giudiziale la mandataria risulta privata della legittimazione a far valere i diritti dell’impresa mandante nei confronti dell’ente committente (ex aliis, oltre a quelle indicate dal comune, v. di recente Cass. Sez. 1 n. 354623, Cass. Sez. 1 n. 34116-19).

L’insegnamento pero’ ha la sua specificita’ nella disciplina fallimentare – e segnatamente nella regola stabilita dall’articolo 78 L. Fall.

Non puo’ estendersi indiscriminatamente, per analogia come il ricorrente pretende, alle diverse ipotesi di scioglimento del rapporto contrattuale per l’adempimento del quale le imprese si siano riunite in ATI.

Non vale l’assunto che la peculiarita’ della fattispecie, rispetto a cio’ che la legge fallimentare stabilisce, risiederebbe “nel solo fatto che nel nostro caso lo scioglimento del mandato non avviene ex lege ma per volonta’ delle parti”.

Si assume in vero esistente un’esplicita previsione contrattuale legittimante l’inferenza che lo scioglimento del contratto determina il venir meno automatico dell’ATI.

Ma a parte che tale previsione neppure e’ riportata nel ricorso, non puo’ seguirsi il rilievo neppure in astratto, perche’ il venir meno dell’ATI ben puo’ rilevare sul piano degli obiettivi di realizzazione dell’appalto senza che cio’ intacchi, in mancanza di una previsione esplicita di legge, il profilo del mandato di rappresentanza ai fini processuali.

Va dunque confermato il principio per cui al mandatario di un’associazione temporanea d’impresa e’ riconosciuta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino all’estinzione di ogni rapporto (v. Cass. Sez. 1 n. 11949-18, Cass. Sez. 1 n. 25204-11). E le cause di estinzione del mandato in favore della capogruppo per fatti riconducibili alla volonta’ della mandante possono assumere rilievo nei soli rapporti interni fra le imprese riunite, tanto da esser inopponibili alla committente (v. Cass. Sez. 1 n. 24180-17).

Cio’ vuol dire che possono essere fatte valere unicamente dalle imprese interessate.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

XII. – Il secondo motivo del ricorso del comune e’ inammissibile.

Si assume che l’annullamento da parte del giudice amministrativo sarebbe stato considerato alla stregua di inadempimento colposo del comune tale da essere ritenuto causa principale dello scioglimento del contratto; cosa che tuttavia si dice non poteva esser fatta nel contesto dei reciproci inadempimenti, essendosi trattato di un evento precedente ed esterno al contratto.

La censura e’ estranea alla ratio decidendi.

Il ricorrente implicitamente ammette la correttezza della decisione nella parte in cui ha ritenuto che l’annullamento avesse inciso sull’atto provocandone lo scioglimento per il tramite del venir meno della convenzione con il consorzio (OMISSIS).

Quel che allora unicamente interessa, anche in termini correttivi della motivazione della corte d’appello nella parte menzionante il non essenziale profilo della reciprocita’ delle condotte inadempienti, e’ solo questo: che con affermazione in fatto non censurata quanto alla motivazione – nei limiti in cui il vizio di motivazione e’ ancora deducibile in cassazione (v. Cass. Sez. U n. 8053-14) – la corte stessa ha accertato come avente incidenza eziologica sul venir meno del contratto di appalto il vizio dell’iter amministrativo; vizio che ha detto imputabile al comune per la mancanza di una adeguata valutazione di compatibilita’ ambientale ascrivibile a sua diretta colpa.

XIII. – E’ invece fondato il terzo motivo del ricorso suddetto, e lo e’ per una ragione sostanzialmente analoga a quella rappresentata a proposito del quarto motivo del ricorso principale.

Si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che lo scioglimento del contratto di appalto fosse dovuto semplicemente al recesso unilaterale del comune di (OMISSIS), con conseguente riconoscimento in capo all’ATI del decimo dei lavori non eseguiti ai sensi dell’articolo 33 del capitolato speciale, nonostante l’accertata sussistenza di responsabilita’ e inadempimenti dell’ATI e del consorzio (OMISSIS).

La sostanza della censura invece e’ che il contratto di appalto si era risolto a seguito della decisione assunta dal Consiglio di Stato, nel senso che era stato tale pronunciamento a determinarne la caducazione.

L’impugnata sentenza avrebbe errato in cio’: che le gravi carenze riscontrate nel lavoro svolto da entrambi questi soggetti, come evidenziate dalla decisione del Consiglio di Stato e dai documenti processuali richiamati nel ricorso, erano tali da non poter giustificare l’esenzione di addebiti in capo a questi ultimi (l’ATI e il consorzio), essendo stata l’amministrazione comunale semmai danneggiata dalla vicenda.

Il motivo e’ fondato perche’, seppure con poco pertinente menzione delle regole di interpretazione del contratto (della quale menzione non e’ dato capire la rilevanza), mette in evidenza la stessa torsione del ragionamento della corte territoriale che e’ stato gia’ evidenziato a proposito del vaglio della relazione causalistica.

Non si comprende dalla motivazione in nome di quale sillogismo logico-giuridico sia stata ritenuta la “preponderanza” causale dell’addebito ascrivibile al comune a fronte di carenze affermate come riscontrabili – cosa del resto riferita anche dal tribunale -nell’operato del consorzio e della stessa ATI. E quindi in nome di quale ragionamento sia stata riconosciuta all’ATI la sorte reclamata per l’ipotesi (prevista dal capitolato) di recesso puro e semplice della stazione appaltante.

Non senza dire che, di nuovo, la “preponderanza” e’ concetto non decisivo ai fini che interessano.

XIV. – E’ fondato pure il quarto motivo del ricorso del comune.

Si contesta la legittimita’ della sentenza nella parte in cui, accogliendo la domanda di condanna dell’ATI e delle imprese ivi riunite al pagamento della penale di cui all’articolo 33 capitolato speciale, ha proceduto alla riduzione dell’importo alla meta’ sul presupposto dell’assenza “di piu’ specifiche prove del risarcimento dei danni subiti dall’Ente locale”.

Anche tale pronuncia non e’ giustificata dalla motivazione espressa dal giudice a quo.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

In questo caso la corte d’appello ha in sequenza affermato: (a) l’impossibilita’ di proseguire l’esecuzione dell’appalto era addebitabile al comune e cio’ escludeva il diritto del medesimo di ottenere il risarcimento dei danni sotto il profilo della spesa inutilmente sostenuta;

(b) diverso discorso era da fare quanto alla penale per il ritardo nella restituzione del cantiere da parte dell’ATI, giacche’ in proposito l’articolo 33 del capitolato speciale aveva previsto la penale “per il sol fatto del ritardo o del rifiuto nella riconsegna indipendentemente dalla fondatezza o meno della contestazione dell’appaltatore sulla risoluzione d’ufficio”;

(c) il comune aveva ottenuto la riconsegna dell’area solo in data 15 maggio 2003, a seguito di un provvedimento cautelare del tribunale;

(d) la previsione sulla penale poteva fungere da criterio utilizzabile nella quantificazione dei danni subiti dal comune.

In concreto ha ridotto la penale, nel contratto calcolata “in un importo pari al ventesimo dell’importo netto dei lavori appaltati” e suscettibile di raddoppio “in caso di ritardo prolungato oltre i 15 giorni”, semplicemente menzionando la “assenza di piu’ specifiche prove del risarcimento dei danni subiti dall’Ente locale”.

La motivazione e’ inconferente perche’ tanto ai fini della applicazione quanto ai fini della riduzione di una penale si prescinde del tutto dalla prova del danno e dall’ammontare eventuale del risarcimento.

La penale puo’ essere diminuita equamente dal giudice (articolo 1384 c.c.) se l’obbligazione principale e’ stata eseguita in parte ovvero se l’ammontare e’ manifestamente eccessivo avuto riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento.

Il potere di riduzione della penale a equita’, attribuito al giudice dalla norma citata, e’ funzionale alla tutela dell’equilibrio contrattuale, fatto – questo – che, essendo di interesse generale, legittima l’esercizio della potesta’ anche d’ufficio (Cass. Sez. 3 n. 24458-07) e anche nei contratti di cui e’ parte la pubblica amministrazione (v. di recente Cass. Sez. 6-2 n. 11439-20), ferma la necessita’ di previo assolvimento di oneri di allegazione e prova incombenti sulla parte circa le circostanze rilevanti per la valutazione della eccessivita’ (v. Cass. Sez. 2 n. 3402119, Cass. Sez. 3 n. 8071-08, Cass. Sez. Lav. n. 24166-06).

Il criterio per esercitare il potere di riduzione non e’ mai – pero’ – la valutazione del danno che sia stato accertato o risarcito, quanto piuttosto l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione specifica cui ha diritto (cfr. Cass. Sez. 1 n. 10626-07, Cass. Sez. 6-1 n. 17731-15).

XV. – Il quinto motivo del ricorso del comune e’ infondato.

Sebbene menzionandosi gli articoli 27 della l. n. 109 del 1994, 124 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, 1667, 1669, 1218 e 2055 c.c., la censura si incentra su un’asserita nullita’ della sentenza per carenza di motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 4), nella parte in cui e’ stata respinta la domanda di manleva proposta contro il direttore dei lavori arch. (OMISSIS).

La critica e’ rivolta alla motivazione della sentenza in se’, perche’ si dice che la corte d’appello non avrebbe potuto respingere la domanda di manleva sul presupposto della accertata “prevalente responsabilita’ del comune in ordine alla impossibilita’ di portare a compimento il rapporto d’appalto”, e perche’ in altra parte della motivazione era stato sottolineato che il direttore dei lavori aveva “sostanzialmente avallato la variante”.

Secondo il comune la motivazione della corte d’appello sarebbe solo apparente e contraddittoria, tale da rendere nulla la sentenza.

In contrario va ribadito che la motivazione e’ apparente quando non consente di percepire la ratio decidendi e che la motivazione e’ contraddittoria quando contiene affermazioni il cui senso si elida a vicenda.

Nel caso concreto la ratio decisionale in forza della quale e’ stata respinta la domanda di manleva avanzata in pregiudizio del direttore dei lavori e’ ben individuabile nell’affermata responsabilita’ del comune.

Codesta, rapportata alla valutazione della condotta del direttore dei lavori, implica un giudizio di irrilevanza di tale condotta sul piano causale; irrilevanza in questo caso non illogica in termini di astratta consequenzialita’, visto che il direttore dei lavori (in base alla sentenza) non risulta esser stato coinvolto che in relazione al momento della variante, finalizzata a rimediare a carenze gia’ riscontrate come decisive.

Tanto basta a escludere la dedotta nullita’ della sentenza per vizio processuale.

XVI. – Il rigetto del ripetuto quinto motivo determina l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto dalla sig.ra (OMISSIS) nella qualita’ di erede dell’arch. (OMISSIS).

XVII. – In conclusione, debbono essere accolti il quarto motivo del ricorso principale e il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale del comune di (OMISSIS).

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

La sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

Essa rinnovera’ l’esame attenendosi ai seguenti principi:

– in tema di appalto pubblico, ove lo scioglimento del contratto si dica dipeso dall’annullamento delle delibere di approvazione del progetto e di adozione delle relative varianti per la mancanza o l’inadeguatezza della verifica di compatibilita’ ambientale e la carenza di adeguate indagini geologiche e geognostiche, e ove si dicano altresi’ riscontrate carenze del progetto, viene in considerazione, ai fini delle reciproche responsabilita’, il principio di cui all’articolo 2055 c.c., e cio’ che rileva e’ sempre il fatto nella sua unicita’, a prescindere dalla identita’ delle norme giuridiche violate da ciascuno; in questi casi e’ possibile escludere il nesso di causalita’ rispetto ad alcune delle condotte quando, motivando caso per caso, possa riconoscersi a uno degli antecedenti causali un’efficienza non semplicemente preponderante, ma determinante e assorbente, tale da escludere ogni effettivo nesso tra l’evento e gli altri fatti ridotti al semplice rango di occasioni;

– in ipotesi di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice e’ tenuto a esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenerne eccessivo l’importo come originariamente determinato con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento della prestazione presidiata dalla clausola, tenendo conto dell’effettiva incidenza dell’adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, a prescindere da una eventuale rigida ed esclusiva correlazione con l’effettiva entita’ del danno subito.

XVIII. – La complessita’ oggettiva della vicenda induce a compensare per intero le spese processuali quanto al rapporto con l’erede del direttore dei lavori e l’ente assicurativo.

p.q.m.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale e il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale del comune, rigetta i restanti motivi e dichiara assorbito il ricorso incidentale di (OMISSIS), compensando le spese processuali quanto a questa e all’ente assicuratore; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla corte d’appello di Ancona anche per le spese del giudizio di cassazione.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *