Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18583.
Affinché sorga la servitù sorga per destinazione del padre di famiglia
La previsione di cui all’articolo 1062 del Cc, al di là del suo dato letterale, non trova applicazione in modo universale in tutte le ipotesi in cui la servitù sorga per destinazione del padre di famiglia, dovendosi, caso per caso, valutare le caratteristiche del vincolo funzionale, o rapporto di subordinazione, esistente tra le porzioni del fondo prima della cessazione della loro appartenenza a un unico proprietario. La reciprocità delle servitù, quindi, potrà essere affermata solo allorquando sia possibile constatare che lo stato dal quale risulta la servitù si era tradotto in una destinazione funzionale reciproca di ciascuna porzione del fondo a favore dell’altra, mentre, qualora si verifichi la unilateralità di tale stato – risultando una porzione del fondo funzionalmente subordinata all’altra, e non viceversa – si dovrà invece pervenire alla conclusione per cui la servitù sorta ex art. 1062 Cc è una sola e vede un fondo esclusivamente servente ed un fondo esclusivamente dominante. (Nel caso di specie, ha osservato la S.C., si deve osservare che la Corte territoriale, con accertamento in fatto che non è stato adeguatamente impugnato, ha ritenuto che effettivamente il vincolo funzionale tra le due porzioni del fondo – in origine della sola ricorrente e delimitate dal portone per cui è causa – fosse un vincolo di reciprocità, avendo lo stesso giudice di appello osservato che detto portone valeva a consentire il transito in entrambe le direzioni dei fondi, concludendo quindi che, in caso di applicazione dell’articolo 1062 Cc, la servitù in tale modo costituitasi avrebbe dovuto presentare caratteristiche di reciprocità).
Ordinanza|| n. 18583. Affinché sorga la servitù sorga per destinazione del padre di famiglia
Data udienza 8 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Servitù – Costituzione per destinazione del padre di famiglia – Articolo 1062 c.c. – Accesso e scarico – Accesso in due direzioni verso due vie pubbliche
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARRATO Aldo – Presidente
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. ROLFI Federico – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36845/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) DI (OMISSIS) e C SAS, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
oltre che contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS);
(OMISSIS);
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 2451/2018 depositata il 17/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2023 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi.
Affinché sorga la servitù sorga per destinazione del padre di famiglia
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S. cito’, innanzi il Tribunale di Monza, (OMISSIS) S.R.L. e l’arch. (OMISSIS) chiedendo accertarsi l’esistenza, a favore del fondo urbano di cui era titolare in (OMISSIS), di una servitu’ – costituita per destinazione del padre di famiglia – di passaggio carraio e pedonale sul contiguo fondo della societa’ convenuta, con condanna della stessa alla eliminazione delle opere che ostacolavano l’esercizio di detta servitu’ e condanna sia della medesima (OMISSIS) S.R.L. che dell’arch. (OMISSIS) quale direttore dei lavori mediante i quali erano stati posti in essere gli impedimenti all’utilizzo della servitu’ – al risarcimento dei danni.
Riferi’ l’attrice di essersi resa acquirente nel 1993 di una porzione immobiliare – facente parte di un piu’ ampio compendio – e per l’esattezza di un’area adibita ad uffici e magazzini e di un’area a destinazione industriale, reciprocamente comunicanti tramite un portone scorrevole in acciaio che consentiva alla stessa attrice di accedere a due diverse vie pubbliche, transitando attraverso un cortile in comproprieta’ con altra societa’ – l’ (OMISSIS) di (OMISSIS) e C. s.a.s. – che si era resa acquirente, dal medesimo soggetto che aveva venduto all’attrice, dell’altra parte dell’originario compendio.
Riferi’, infatti, l’attrice che era stata costituita su tale cortile servitu’ di passaggio, accesso e scarico in favore del fondo dell’attrice.
Successivamente, prosegui’ l’attrice, nel 2006 la societa’ (OMISSIS) s.r.l. si era resa acquirente, dalla stessa attrice, di una parte della porzione immobiliare precedentemente acquistata da quest’ultima, e precisamente dell’area adibita a destinazione industriale collegata tramite il suddetto portone all’area ad uffici rimasta, invece, nella titolarita’ della stessa attrice.
L’acquirente (OMISSIS) s.r.l., poi, aveva ceduto detta area ad uso industriale alla convenuta (OMISSIS) S.R.L., la quale – resasi nel frattempo acquirente anche dell’altra parte dell’unico originario compendio, originariamente alienata alla (OMISSIS) di (OMISSIS) e C. s.a.s. – aveva intrapreso lavori di realizzazione di un complesso edilizio, rimuovendo il portone scorrevole esistente a confine con la proprieta’ dell’attrice e realizzando una soletta di cemento armato ad una quota superiore a quella del sedime stradale, in tal modo precludendo definitivamente il transito.
2. Costituitisi (OMISSIS) S.R.L. e l’arch. (OMISSIS) per resistere alla domanda ed esteso poi il giudizio, in virtu’ di chiamata in causa, sia all’arch. (OMISSIS) – progettista dei lavori – sia alle compagnie assicuratrici dei due professionisti – e cioe’ la (OMISSIS) e la (OMISSIS) ( (OMISSIS)) L.D.T. – il Tribunale di Monza, con sentenza 2662/2016 in data 18 ottobre 2016, accerto’ l’esistenza a favore del fondo della (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S. di una servitu’ di passaggio sia pedonale che carraio acquistata per destinazione del padre di famiglia ex articolo 1062 c.c., condannando (OMISSIS) S.R.L. al ripristino dello stato dei luoghi.
Il Tribunale, invece, rigetto’ la domanda proposta dall’attrice nei confronti di (OMISSIS).
3. Proposti separati appelli sia da parte della (OMISSIS) S.R.L. sia da parte della (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S., la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione di tutti gli appellati e previa riunione dei due gravami, in riforma della sentenza del Tribunale brianzolo, respinse la domanda della (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale della (OMISSIS) S.R.L., condanno’ la prima a procedere alla definitiva chiusura del portone.
La Corte meneghina rilevo’, in primo luogo, che la fattispecie di cui all’articolo 1062 c.c. non poteva ritenersi integrata con il primo acquisto del 1993, dal momento che, per effetto dello stesso, le due porzioni di fondo collegate dal portone erano venute a ricadere entrambe nella titolarita’ della (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S., a nulla rilevando che fosse stata costituita una distinta servitu’ sul cortile rimasto in comproprieta’ delle acquirenti delle due parti dell’unico originario compendio.
Affinché sorga la servitù sorga per destinazione del padre di famiglia
Passando a valutare la possibile configurazione delle condizioni della fattispecie di cui all’articolo 1062 c.c. per effetto dell’alienazione di una delle due porzioni nel 2006, la Corte territoriale rilevo’ che doveva ritenersi sussistente il requisito della visibilita’ delle opere funzionali all’esercizio del passaggio, dal momento che, proprio per effetto dell’alienazione del 2006, il portone si era venuto a trovare al confine tra le proprieta’ ora di due distinti soggetti, ma rilevo’ che, prima di tale atto, non poteva ritenersi sussistente una situazione di asservimento delle due porzioni di fondo all’epoca entrambe di titolarita’ della (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S., in quanto queste ultime potevano essere utilizzate indifferentemente per il transito e l’accesso in due direzioni verso due vie pubbliche, peraltro in un caso transitando attraverso il cortile oggetto di asservimento.
La Corte milanese, allora, dopo aver rilevato che con l’alienazione del 2006 la (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S. aveva ceduto anche la propria quota di comproprieta’ sul cortile, concluse che con tale vendita si era proceduto ad una modificazione dello stato dei luoghi, determinando una regolamentazione dei medesimi incompatibile con la costituzione della servitu’ per destinazione del padre di famiglia, essendo stato, tra l’altro, escluso un diritto di passaggio all’acquirente sul fondo della (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S., in tal modo escludendo la reciprocita’ che avrebbe dovuto caratterizzare una servitu’ costituita ex articolo 1062 c.c..
4. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre ora (OMISSIS) S.A.S. DI (OMISSIS) e C. S.A.S.
Resistono con separati controricorsi (OMISSIS) S.R.L., (OMISSIS) e (OMISSIS).
Sono rimasti intimati (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)) L.D.T.
5. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.
6. Tutte le parti hanno depositato memoria.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ della sentenza “per violazione del principio dispositivo nonche’ dei principi di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del tantum devolutum quantum appellatum”.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata:
a) sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione, venendosi a basare su fatti – l’esistenza nell’atto di vendita del 2006 di una volonta’ incompatibile con la costituzione della servitu’ per destinazione del padre di famiglia – che non erano state oggetto di deduzione ad opera di alcuna delle parti in causa e non avevano costituito oggetto dei motivi di appello articolati da (OMISSIS) S.R.L.;
b) in ogni caso, procedendo al rilievo d’ufficio di questioni non dedotte, avrebbe omesso di provocare il contraddittorio tra le parti, violando l’articolo 101 c.p.c..
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 1027, 1062, comma 2, 1362, 1363, 1364 e 1366 c.c..
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata:
a) avrebbe erroneamente ritenuto necessaria, ai fini della costituzione della servitu’ ex articolo 1062 c.c., la reciprocita’ dell’asservimento, laddove carattere delle servitu’ ex articolo 1027 segg. c.c. sarebbe invece la unilateralita’, mentre l’articolo 1062 c.c. non prevede alcun requisito di reciprocita’ per le servitu’ costituite per destinazione del padre di famiglia;
b) avrebbe violato le norme in tema di interpretazione del contratto, ritenendo che le pattuizioni contenute nell’atto del 2006 fossero incompatibili con la costituzione della servitu’ ex articolo 1062 c.c., omettendo di tenere conto sia del senso letterale delle previsioni sia del comportamento successivo tenuto dalle parti, avendo essa ricorrente continuato ad esercitare il passaggio sino all’anno 2011 senza contestazioni.
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1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce:
a) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione;
b) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1071 c.c..
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata:
a) avrebbe omesso di considerare che, anche a seguito dell’atto del 2006, essa ricorrente aveva conservato il diritto di servitu’ sul cortile, servitu’ al cui esercizio il transito attraverso il portone risultava funzionale;
b) avrebbe violato l’articolo 1071 c.c., escludendo il persistere della servitu’ a favore del fondo rimasto nella titolarita’ della ricorrente ed omettendo di considerare che, per effetto di tale circostanza, sussisteva una situazione di fatto idonea a comportare l’insorgenza della servitu’ ex articolo 1062 c.c..
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 1362 segg. e 1071 c.c..
Argomenta, in particolare, il ricorso che la pronuncia impugnata, nell’affermare che, per effetto dell’atto di vendita del 2006, essa ricorrente si era spogliata della titolarita’ della propria quota di comproprieta’ sul cortile gravato di servitu’:
a) avrebbe violato degli articolo 1362 segg. c.c., in quanto dal tenore letterale della clausola doveva desumersi che la ricorrente aveva ceduto non l’integralita’ della propria quota del 50% di proprieta’ sul cortile, bensi’ meta’ di tale quota, e quindi il 25%;
b) avrebbe ulteriormente violato l’articolo 1071 c.c. “posto che con la clausola in esame le parti non avrebbero comunque inteso escludere, in deroga al disposto dell’articolo 1071 c.c., la conservazione, anche a favore del fondo rimasto di proprieta’ di (OMISSIS), della servitu’ di passaggio carraio e pedonale costituita con l’atto del 1993”.
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2. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Va premesso che il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso – nemmeno implicitamente o virtualmente – nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti, mentre non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che esamini una questione non espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate (Cass. 6 – 5, Ordinanza n. 17897 del 03/07/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 29200 del 13/11/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22595 del 26/10/2009).
Nel caso in esame, invece, la Corte meneghina, non solo non ha attribuito o negato alcun diritto diverso rispetto a quello oggetto delle domande, ma neppure ha esaminato una questione non espressamente formulata, procedendo invece alla verifica della sussistenza dei presupposti della causa petendi che la stessa ricorrente aveva invocato a fondamento della propria domanda, e cioe’ della costituzione della servitu’ per destinazione del padre di famiglia.
Nell’esaminare e valutare il tenore dell’atto del 2006 che faceva parte sin dall’inizio del thema decidendum, in quanto fonte della fattispecie ex articolo 1062 c.c., la Corte territoriale si e’, quindi, rigorosamente mantenuta nei limiti della domanda originaria, verificandone la fondatezza sulla scorta di quella che era stata individuata ab initio come fattispecie generatrice – cioe’ causa petendi – e, quindi, senza esorbitare ne’ dalle domande ne’ dalle allegazioni.
Quanto sinora osservato vale anche ad escludere la violazione dell’articolo 101 c.p.c., sempre per la ragione che il tenore e gli effetti (in relazione alla possibile costituzione della servitu’ ex articolo 1062 c.c.) del contratto del 2006 facevano parte sin dall’inizio dell’ambito delle allegazioni e delle valutazioni rimesse al giudicante, operando, quindi, il principio per cui l’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio, ai sensi dell’articolo 101, comma 2, c.p.c., ha lo scopo di evitare le decisioni c.d. “a sorpresa” o “della terza via” e, pertanto, vale solo per le questioni che il giudice rilevi effettivamente d’ufficio per non essere state dedotte dalle parti mentre non vale per le questioni che – pur rilevabili d’ufficio – siano state introdotte dalle parti sotto forma di eccezione c.d. “in senso lato”, in quanto tali questioni fanno gia’ parte del thema decidendum (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 29098 del 05/12/2017 e Cass. Sez. U – Sentenza n. 7294 del 22/03/2017).
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3. Anche il secondo motivo di ricorso e’ infondato.
Quanto alla dedotta violazione o falsa applicazione degli articoli 1027 e 1062, comma 2, c.c. giova premettere che il giudice di appello, nel proprio percorso argomentativo, ha preso correttamente le mosse dal principio, enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, a mente del quale la costituzione di una servitu’ per destinazione del padre di famiglia e’ impedita solo dalla contraria manifestazione di volonta’ del proprietario dei due fondi al momento della loro separazione, e tale contraria manifestazione di volonta’ non puo’ desumersi per facta concludentia, ma deve rinvenirsi in una clausola contrattuale con la quale si convenga esplicitamente di volere escludere il sorgere della servitu’ corrispondente alla situazione di fatto esistente fra i due fondi e determinata dal comportamento del comune proprietario, ovvero in una qualsiasi clausola il cui contenuto sia incompatibile con la volonta’ di lasciare integra ed immutata la situazione di fatto che, in forza della legge, determinerebbe la nascita della servitu’ (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 4872 del 01/03/2018 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13534 del 20/06/2011).
La Corte territoriale si e’ conformata a tale principio, in quanto ha ritenuto che le pattuizioni del contratto del 2006, sebbene prive di una esplicita esclusione della fattispecie di cui all’articolo 1062 c.c., presentassero in ogni caso un contenuto incompatibile con la volonta’ di mantenere la situazione di fatto da cui doveva scaturire l’asservimento del fondo alienato.
Tale approdo non risulta in alcun modo integrare una violazione degli articoli 1027 e 1062 c.c. con riferimento al profilo della reciprocita’ delle servitu’, in quanto la previsione di cui all’articolo 1062, comma 2, nel fissare – pur con i limiti che ci si appresta a vedere – una regola riferita alla speciale fattispecie da esso disciplinata, non viene in alcun modo a contrastare con l’articolo 1027 c.c., il quale, invece, risulta caratterizzare in via generale tutte le servitu’, senza tuttavia in alcun modo escludere o precludere in linea di principio la costituzione di servitu’ reciproche.
Gia’ tali elementi varrebbero ad evidenziare la fragilita’ della tesi dalla ricorrente, dovendosi osservare che cio’ di cui la ricorrente viene – singolarmente – a dolersi e’ il fatto che la Corte territoriale abbia applicato proprio la regola di cui all’articolo 1062 c.c., quasi che fosse la regola stessa a violare l’articolo 1027 c.c..
E’, tuttavia, vero che la regola in questione e’ stata anche oggetto di critiche da parte della dottrina, a causa della rigidita’ della sua formulazione, in quanto la stessa sembra prevedere la reciprocita’ delle servitu’ che sorgono ex articolo 1062 c.c. in tutte le ipotesi in cui quest’ultima previsione viene ad operare, laddove si puo’ concordare con l’osservazione formulata da tale dottrina in ordine al fatto che detta reciprocita’ in realta’ non viene ad imporsi costantemente, ben potendosi configurare situazioni nelle quali l’asservimento ex articolo 1062 c.c. abbia invece carattere unilaterale.
Si puo’, quindi, pure affermare che la previsione di cui all’articolo 1062 c.c., al di la’ del suo dato letterale, non trovera’ applicazione in modo universale in tutte le ipotesi in cui la servitu’ sorga per destinazione del padre di famiglia, dovendosi, caso per caso, valutare le caratteristiche del vincolo funzionale, o rapporto di subordinazione, esistente tra le porzioni del fondo prima della cessazione della loro appartenenza ad un unico proprietario.
La reciprocita’ delle servitu’, quindi, potra’ essere affermata solo allorquando sia possibile constatare che “lo stato dal quale risulta la servitu'” si era tradotto in una destinazione funzionale reciproca di ciascuna porzione del fondo a favore dell’altra, mentre, qualora si verifichi la unilateralita’ di tale stato – risultando una porzione del fondo funzionalmente subordinata all’altra, e non viceversa – si dovra’ invece pervenire alla conclusione per cui la servitu’ sorta ex articolo 1062 c.c. e’ una sola e vede un fondo esclusivamente servente ed un fondo esclusivamente dominante.
Nel caso di specie, tuttavia, si deve osservare che la Corte territoriale, con accertamento in fatto che non e’ stato adeguatamente impugnato, ha ritenuto – e peraltro abbondantemente argomentato sulla base di una meticolosa ricostruzione dello stato dei luoghi – che effettivamente il vincolo funzionale tra le due porzioni del fondo – in origine della sola ricorrente e delimitate dal portone per cui e’ causa – fosse un vincolo di reciprocita’, avendo lo stesso giudice di appello osservato che detto portone valeva a consentire il transito in entrambe le direzioni dei fondi, concludendo quindi che, in caso di applicazione dell’articolo 1062 c.c., la servitu’ in tal modo costituitasi avrebbe dovuto presentare caratteristiche di reciprocita’.
Ne’, ad infirmare tale ragionamento, vale il richiamo di parte ricorrente a Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16842 del 20/07/2009, in quanto il principio da tale decisione enunciato e’ riferito all’ipotesi in cui le servitu’ reciproche si siano gia’ costituite appunto ex articolo 1062 c.c. evidente essendo che, una volta costitute, le servitu’ reciproche vivono autonomamente ed autonomamente possono estinguersi, laddove nel caso ora in esame il problema affrontato dalla Corte territoriale concerneva la stessa costituzione delle servitu’.
Esclusa, quindi, la dedotta violazione o falsa applicazione degli articoli 1027 e 1062 c.c. – e passando allora alle censure relative ai profili interpretativi sui quali si basa tale conclusione – si deve parimenti escludere che la Corte territoriale sia incorsa in una violazione delle regole di interpretazione del contratto, allorche’ ha ritenuto che il contratto del 2006 – avendo escluso un transito nelle due direzioni del portone, e quindi a favore anche dell’acquirente – fosse venuto a dettare una regolamentazione dello stato dei luoghi incompatibile con la volonta’ di lasciare integra ed immutata la situazione di fatto che avrebbe determinato la nascita della servitu’.
Il motivo di ricorso, infatti, pur sforzandosi di individuare gli errori interpretativi della Corte territoriale, fallisce nel tentativo di individuare i vizi in cui sarebbe incorso il percorso interpretativo della Corte e si limita a contrapporre una interpretazione e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), laddove questa Corte ha chiarito che per escludere la violazione delle regole di interpretazione e’ sufficiente che l’interpretazione accolta nella decisione impugnata, pur non essendo l’unica astrattamente possibile, costituisca comunque una delle plausibili interpretazioni, sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
4. Il terzo ed il quarto motivo debbono essere dichiarati congiuntamente inammissibili quanto alla dedotta violazione o falsa applicazione dell’articolo 1071 c.c..
I controricorrenti, infatti, hanno eccepito che tale profilo non era stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, mentre parte ricorrente, ben lungi dallo sconfessare tale contestazione, l’ha implicitamente suffragata, deducendo nella memoria ex articolo 380 bis.1. c.p.c. (pag. 10) che il richiamo all’articolo 1071 c.c. si era “reso necessario a fronte dell’indebito rilievo d’ufficio da parte della Corte d’Appello (…) di un preteso evento impeditivo all’insorgenza della servitu’ ex articolo 1062 c.c.”.
Osservato, in relazione a tale deduzione, che la stessa risulta infondata alla luce di quanto gia’ illustrato in relazione al primo motivo di ricorso, l’inammissibilita’ dei due motivi nella parte in esame deriva dal principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilita’ della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtu’ del principio di necessaria specificita’, anche indicare precisamente in quale atto del giudizio precedente cio’ sia avvenuto, giacche’ i motivi di ricorso devono investire questioni gia’ comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimita’, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili di ufficio (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
5. Il terzo motivo di ricorso, nella parte in cui deduce l’omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360, n. 5), c.p.c., e’, invece, infondato.
Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, infatti, la Corte di secondo grado ha valutato la circostanza della preesistente servitu’ sul cortile ma ha escluso, in modo argomentato, la rilevanza del profilo, evidenziando sia che la quota di comproprieta’ della ricorrente su detto ente era stata fatta oggetto di alienazione nel 2006 sia che la preesistente costituzione di una servitu’ di fonte convenzionale non poteva assumere concreta incidenza ai fini della valutazione della sussistenza dei presupposti per la successiva costituzione di una servitu’ per destinazione del padre di famiglia su altri enti.
6. Il quarto motivo di ricorso, nella parte in cui deduce la violazione degli articoli 1362 segg. c.c. e’ invece, a propria volta, inammissibile.
Richiamati, in tema di deduzione della violazione delle regole di interpretazione del contratto in sede di legittimita’, i principi gia’ illustrati in sede di esame del secondo motivo, si deve osservare che in questo caso le censure mosse dalla ricorrente all’interpretazione fornita dal giudice di merito, oltre ad apparire carenti nella riproduzione delle clausole del contratto del 2006 sulle quali si dovrebbe basare l’interpretazione caldeggiata dalla ricorrente medesima, si limitano genericamente a dedurre la violazione degli articoli 1362 segg. c.c. senza in alcun modo evidenziare le ragioni che dovrebbero portare ad escludere radicalmente la correttezza del ragionamento seguito dalla Corte territoriale e limitandosi a caldeggiare apoditticamente un’interpretazione alternativa non adeguatamente supportata da concreti argomenti.
7. Il ricorso deve, quindi, essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate direttamente in dispositivo.
8. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto”, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere, a favore di ciascuna parte controricorrente, le spese del presente giudizio, che si liquidano, per ognuna, in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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