Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 febbraio 2022| n. 4564.
Locazione ed il carattere abusivo dell’immobile .
Nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il carattere abusivo dell’immobile o la mancanza di titoli autorizzativi necessari o indispensabili ai fini dell’utilizzo della “res” (secondo la sua intrinseca destinazione economica o conformemente all’uso convenuto) dipendenti dalla situazione edilizia del bene non incidono sulla validità del negozio, né costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell’art. 1578 cod. civ., ma possono configurare un inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni, astrattamente idoneo ad incidere un interesse del conduttore, al quale ultimo spetta l’onere di allegare e provare il concreto pregiudizio sofferto in conseguenza dell’abusività del cespite, senza che possa prospettarsi in tale caratteristica un danno “in re ipsa”; ciò peraltro, solo nel caso in cui il locatore abbia assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento
Ordinanza|11 febbraio 2022| n. 4564. Locazione ed il carattere abusivo dell’immobile
Data udienza 19 gennaio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: LOCAZIONE – OBBLIGAZIONI DEL LOCATORE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26194/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, n. 1018/2019, pubblicata il 14 gennaio 2020.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19 gennaio 2022 dal Consigliere Emilio Iannello.
Locazione ed il carattere abusivo dell’immobile
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa citta’ che – pronunciando in controversia promossa, con ricorso ex articolo 447-bis c.p.c., da (OMISSIS) (locatore) nei confronti di (OMISSIS) (conduttore) – aveva dichiarato risolto il contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo intercorso tra i due, per il grave inadempimento del conduttore, consistito nell’aver lasciato il locale senza dare congruo preavviso nei termini di legge e senza provvedere alla rimozione delle opere realizzate per lo svolgimento dell’attivita’ ed al ripristino del locale nello stato in cui era prima della locazione, con la conseguente condanna dello stesso al pagamento della complessiva somma di Euro 3.808,80, a titolo di canoni scaduti e non pagati e risarcimento danni, al netto del deposito cauzionale.
2. Le doglianze riproposte dall’appellante, circa la nullita’ del contratto di locazione per difetto delle autorizzazioni amministrative necessarie e per la mancata menzione in contratto del certificato APE (e, comunque, per la mancata informazione circa la sua esistenza), sono state rigettate in sentenza sulla base dei seguenti rilievi:
– e’ documentato che il bene locato era munito di regolare certificato di agibilita’ ad uso sia commerciale che artigianale;
– l’indicazione della autorizzazione non e’ requisito di validita’ del contratto di locazione;
– e’ irrilevante che le autorizzazioni fossero intestate ad altro soggetto, dal momento che si tratta di documenti relativi all’immobile e non a qualita’ personali del proprietario;
– il conduttore non ha mai provato, come era suo onere, che la SCIA gli sia stata rifiutata a causa delle presunte irregolarita’ autorizzative originarie dell’immobile, ne’ tantomeno che gli impianti non fossero conformi alle vigenti disposizioni legislative;
– l’immobile era munito di regolare attestazione APE (attestazione di prestazione energetica) rilasciata in data antecedente al contratto;
– alla luce della normativa di riferimento la locazione e’ da ritenersi valida anche se il proprietario ha omesso di allegare al contratto l’attestazione di prestazione energetica (APE);
– ai sensi del Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, articolo 15, comma 9, il proprietario locatore che non doti, in caso di nuovo contratto di locazione, l’immobile dell’attestato di prestazione energetica, ai sensi del suddetto D.Lgs., articolo 6, comma 2, e’ esposto ad una sanzione amministrativa non inferiore a 3.000 Euro e non superiore a 18.000 Euro; il locatore inadempiente puo’ dunque essere multato ma il conduttore e’ comunque tenuto a corrispondere i canoni di locazione;
– la mancata informativa non costituisce di per se’, in assenza di vizi sostanziali, un motivo di inadempimento grave che giustifichi la risoluzione a carico del locatore;
– nel caso di specie, peraltro, e’ discutibile che vi fosse l’obbligo di allegazione dell’attestato APE, essendo da tale obbligo esclusi gli edifici industriali e artigianali i cui ambienti siano riscaldati o raffrescati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili ovvero quando il loro utilizzo e/o le attivita’ svolte al loro intermo non ne prevedano il riscaldamento o la climatizzazione; al qual riguardo va considerata la presenza di un camino all’interno del locale e la destinazione ad attivita’ di rosticceria.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste l’intimato, depositando controricorso.
4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Locazione ed il carattere abusivo dell’immobile
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Devesi preliminarmente rilevare l’inammissibilita’ del controricorso, non essendovi prova in atti del perfezionamento della sua notifica a mezzo posta (v. Cass. 28/03/2001, n. 4559).
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, “con riferimento al mancato espletamento della c.t.u. invocata e richiesta”.
Deduce che il c.t.u. avrebbe potuto ampiamente riferire non solo in merito alle censure in fatto relativamente all’immobile locato “ma soprattutto in riferimento a quelle in diritto”.
Afferma di avere dimostrato sin dal primo grado la difformita’ dell’immobile e che la c.t.u. era l’unico mezzo per accertare la correttezza e la legittimita’ dell’eccezione formulata gia’ in primo grado.
3. Con il secondo motivo egli denuncia “violazione per falsa applicazione della normativa inerente (a)l certificato energetico APE nella parte in cui non e’ stato messo a disposizione del locatario in fase di sottoscrizione del relativo contratto” (questa, testualmente, l’intestazione)
Lamenta che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto che la mancata allegazione al contratto del certificato predetto non fosse rilevante ne’ avesse provocato danni al ricorrente, dal momento che -afferma – emerge per tabulas che l’immobile locato, al momento della sottoscrizione del contratto, non fosse idoneo alla locazione e cio’, tra l’altro, proprio per la mancanza dell’APE.
Afferma, inoltre, che la certificazione di agibilita’ n. (OMISSIS) del (OMISSIS) non era da considerarsi valida per l’esercizio dell’attivita’ programmata ed il controricorrente non aveva mai provveduto ad integrarla o a sostituirla in base alle indicazioni del Decreto Ministeriale n. 37 del 2008, in materia di sicurezza degli impianti e, soprattutto, non era stata integrata “dalle variazioni strutturali relativa alla costruzione della canna fumaria” (cosi’ testualmente in ricorso).
4. Il primo motivo e’ inammissibile sotto diversi profili.
4.1. Anzitutto per la preclusione che deriva – ai sensi dell’articolo 348-ter c.p.c., u.c., (come sostituito dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera a), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis) – dall’essere la decisione confermativa di quella di primo grado, non avendo dimostrato il ricorrente, in presenza di doppia conforme, la diversita’ delle questioni di fatto alla base delle due decisioni di merito.
4.2. In secondo luogo, perche’ il vizio non e’ comunque dedotto nei termini in cui la giurisprudenza di questa Corte lo dice deducibile (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014, Cass. n. 8054 del 2014): quale “omesso esame”, cioe’, di un “fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”.
Giova al riguardo ribadire che alla nozione di “fatto storico” (principale o secondario), non puo’ essere ricondotta la consulenza tecnica d’ufficio in quanto tale.
Come questa Corte ha avuto modo piu’ volte di precisare, infatti, il “fatto storico” di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, e’ accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo, ossia a quella sequela di atti e di attivita’ disciplinate dal codice di rito che, dunque, viene a caratterizzare la diversa natura e portata del “fatto processuale”, il quale segna il differente ambito del vizio deducibile, in sede di legittimita’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4 (v. ex multis Cass. n. 18328 del 2019; Cass. n. 7024 del 2020; Cass. n. 12387 del 2020; Cass. n. 19370 del 2021).
E’, pertanto, evidente che, avendo il giudice d’appello motivato specificamente le ragioni per le quali ha ritenuto di pervenire ad una valutazione, in tesi, diversa da quella auspicata dalla parte, e non avendo il ricorrente evidenziato quale “fatto storico”, decisivo, egli abbia omesso di esaminare, la doglianza si risolve nella prospettazione di un vizio di motivazione non dedotta in modo coerente con il paradigma di cui all’attuale formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
4.3. Il motivo, peraltro, non si confronta con l’alternativa ratio decidendi spesa in sentenza secondo cui era documentato che il bene locato era munito di regolare certificato di agibilita’ ad uso sia commerciale che artigianale e il conduttore non aveva provato come era suo onere, che la SCIA gli fosse stata rifiutata a causa delle presunte irregolarita’ autorizzative originarie dell’immobile, ne’ tantomeno che gli impianti non fossero conformi alle vigenti disposizioni legislative, limitandosi sul punto solo ad una mera generica asserzione contraria.
4.4. Occorre peraltro rammentare – per evidenziare anche il difetto del requisito della decisivita’ del dedotto vizio – che, secondo indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il carattere abusivo dell’immobile o la mancanza di titoli autorizzativi necessari o indispensabili ai fini dell’utilizzo della res (secondo la sua intrinseca destinazione economica o conformemente all’uso convenuto), dipendenti dalla situazione edilizia del bene, non incidono sulla validita’ del negozio, ne’ costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell’articolo 1578 c.c., ma possono configurare un inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni, astrattamente idoneo a incidere un interesse del conduttore, al quale ultimo spetta l’onere di allegare e provare il concreto pregiudizio sofferto in conseguenza dell’abusivita’ del cespite, senza che possa prospettarsi in tale caratteristica un danno in re ipsa (Cass. 21/08/2020, n. 17557; Cass. 28/12/2021, n. 41744); cio’, peraltro, solo nel caso in cui il locatore abbia assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento (Cass. 20/08/2018, n. 20796).
5. Il secondo motivo e’ a sua volta inammissibile, per aspecificita’, ex articolo 366 c.p.c., n. 4.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione
e falsa applicazione della legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 2, giusta il disposto di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilita’, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 16132 del 2005, Cass. n. 26048 del 2005, Cass. n. 20145 del 05, Cass. n. 1108 del 2006, Cass. n. 10043 del 2006, Cass. n. 20100 del 2006, Cass. n. 21245 del 2006, Cass. n. 14752 del 2007, Cass. n. 3010 del 2012 e Cass. n. 16038 del 2013). In altri termini, non e’ il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.
Nel caso di specie accade per l’appunto che il ricorrente, lungi dal precisare le ragioni per le quali la ritenuta irrilevanza della mancata allegazione al contratto dell’attestato di prestazione energetica (APE) dovrebbe ritenersi erronea in diritto, si limita a contrapporvi affermazioni generiche e di carattere meramente assertivo, in buona parte anche eccentriche rispetto al vizio denunciato in quanto volte a riproporre la questione, gia’ esaminata con riferimento al primo motivo, relativa alla esistenza di valido e aggiornato certificato di agibilita’.
6. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Stante l’inammissibilita’, per le ragioni dette, del controricorso, non v’e’ luogo a provvedere sul regolamento delle spese.
7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, articolo 1-bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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