Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza n. 1890 del 31/3/2012

N. 01890/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02624/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2624 del 2011, proposto da***
contro***
nei confronti di***
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. V, n. 1055/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE E GESTIONE DELL’CONTROINTERESSATA 3 REGIONALE “INTEGRAZIONE SISTEMA TRANSPADANO-DIRETTRICE BRONI-PAVIA-MORTARA”- RIS. DANNI
Visti il ricorso in revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Infrastrutture Lombarde Spa, di Controinteressata Spa, della Regione Lombardia e di Controinteressata 2 Soc.Coop.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Nico Moravia, anche su delega dell’avv. Piera Pujatti, Alberto M. Bruni, nonché Gianluigi Pellegrino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il presente ricorso ha per oggetto l’impugnativa per revocazione della decisione di questa Sezione 18 febbraio 2011 n. 1055, resa sull’appello proposto dal Ricorrente in epigrafe avverso la sentenza del Tar Lombardia, Sez. I, n. 1701/2010.
La controversia riguardava la procedura indetta da Infrastrutture Lombarde s.p.a. per l’affidamento in regime di concessione della progettazione definitiva, del relativo studio di impatto ambientale, della progettazione esecutiva, della costruzione e gestione dell’controinteressata 3 regionale lombarda “Integrazionedel sistema transpadano Direttrice Brioni-Pavia Mortara”.
In sintesi, formavano oggetto di contestazione :
– l’esclusione dalla gara del Ricorrente;
– la successiva aggiudicazione provvisoria in favore della Controinteressata, impugnata dallo stesso Consorzio davanti al TAR per la Lombardia con motivi aggiunti, unitamente all’ammissione /mancata esclusione dalla procedura di Controinteressata S.p.A. e di Ati Controinteressata 2.
Il Tribunale adìto con la sentenza n. 1701/2010 respingeva il ricorso proposto dal Consorzio e ne dichiarava inammissibili i motivi aggiunti.
Questa Sezione, dinanzi alla quale tale pronuncia veniva gravata, a sua volta definitivamente pronunciandosi, con la decisione n. 1055/2011 respingeva l’appello incidentale della Infrastrutture Lombarde s.p.a., e, soprattutto, in parte respingeva, e per il residuo dichiarava improcedibile, l’appello principale del Ricorrente.
Più in particolare, la Sezione :
– respingeva, reputandoli infondati, i motivi di appello con i quali il Consorzio aveva contestato la conferma della propria esclusione dalla gara;
– dichiarava improcedibili i motivi dell’appello principale che erano stati articolati, sostanzialmente riproponendo i motivi aggiunti di prime cure, contro l’aggiudicazione provvisoria alla Controinteressata, nonché contro l’ammissione alla gara della stessa Controinteressata e di ATI Controinteressata 2.
Ai fini della presente impugnativa per revocazione sarebbe venuto in specifico rilievo questo secondo capo della decisione.
Nel relativa motivazione (paragr. III della pronuncia) la Sezione esponeva quanto segue :
“ … va preso atto che, come affermato in memorie difensive e ribadito nella discussione orale, nelle more dell’odierno grado di giudizio è intervenuta la aggiudicazione definitiva impugnata (con ricorso principale e motivi aggiunti) avanti al Tar Lombardia, Milano, dal Ricorrente.
Ne consegue in parte qua la improcedibilità dell’appello, alla stregua del ricordato principio giurisprudenziale, applicabile in via di principio agli atti di cui trattasi diversi dalla esclusione, (Cons. Stato , sez. V, 14 novembre 2008 , n. 5691) secondo cui: “..l’aggiudicazione provvisoria di un appalto ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice; tale lesione si verifica soltanto con l’aggiudicazione definitiva, per cui la concorrente non aggiudicataria ha non l’onere, bensì la mera facoltà di impugnare immediatamente l’aggiudicazione provvisoria, salvo l’onere di impugnare com’è avvenuto nella specie la successiva aggiudicazione definitiva. Ne deriva che, questa intervenuta, l’interesse idoneo a sorreggere l’impugnativa si sposta dal giudizio sull’aggiudicazione provvisoria a quello sull’aggiudicazione definitiva. In altri termini, è nell’ambito di quest’ultimo giudizio che detto concorrente può utilmente ottenere la tutela della propria posizione soggettiva.”
Al primo giudice, acquisita in base alla odierna decisione la legittimità della esclusione del Consorzio, spetta quindi ex novo l’approfondimento di ogni altra questione in rito e di merito, in relazione alle difese svolte dalle parti nel giudizio da ultimo instaurato avanti al Tar Lombardia , Milano, avverso l’aggiudicazione definitiva,.
Pertanto l’appello nella parte in cui è diretto contro l’ammissione delle controparti e l’aggiudicazione provvisoria alla Controinteressata deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.”.
Il Ricorrente proponeva indi il proprio ricorso per revocazione, con il quale assumeva che il capo della decisione appena trascritto sarebbe stato affetto da un vizio revocatorio riconducibile all’ipotesi dell’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 cod.proc.civ., sotto forma di
una “graveomissione di pronuncia”.
Ai fini dell’invocato giudizio rescissorio, la ricorrente riproponeva le argomentazioni ed i motivi di appello già proposti nel pregresso giudizio celebrato dinanzi alla Sezione, esprimendo l’avviso che la revocazione non avrebbe dovuto essere parziale, ma, venendo in rilievo un vizio “tale da incideresulla decisione gravata nella sua essenza”, la nuova pronuncia avrebbe dovuto riguardare l’intero contenzioso.
Le tesi di parte ricorrente venivano riprese e puntualizzate con una successiva memoria.
Resistevano al ricorso per revocazione la Regione Lombardia, la Controinteressata 2 Soc. Coop., la Infrastrutture Lombarde S.p.A. e la Controinteressata S.p.A., che con dovizia di argomenti eccepivano l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso.
Le rispettive posizioni di parte venivano ulteriormente lumeggiate attraverso scritti di replica.
Alla pubblica udienza del 20 marzo 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
1 Il Collegio ritiene opportuno dare preliminarmente atto che la causa è stata spedita in decisione all’odierna udienza, pur in concomitanza con un’astensione professionale collettiva dalle udienze in atto, e nell’assenza di legali di parte ricorrente, in quanto non è pervenuta alla Sezione alcuna comunicazione, nelle forme prescritte, circa un’eventuale adesione all’astensione da parte dei legali assenti.
E’ appena il caso di ricordare che il Codice di autoregolamentazione di categoria stabilisce, all’art. 3, che, affinché la mancata comparizione all’udienza di un legale possa essere ricondotta all’astensione in corso, occorre che la sua adesione all’astensione sia stata comunicata, alternativamente : con atto scritto pervenuto all’ufficio almeno due giorni prima della data stabilita; oppure mediante dichiarazione, personale del legale o per il ministero di un suo sostituto, fatta all’inizio della stessa udienza.
Orbene, nella fattispecie nessuna delle due ipotesi si è verificata.
Alla Sezione non è difatti pervenuta in proposito alcuna comunicazione scritta.
Il verbale dell’odierna udienza attesta, inoltre:
– che nessuno dei legali costituiti per il Consorzio era presente; né lo era altro legale che fosse stato munito all’uopo della prescritta delega;
– che un avvocato presente all’udienza per altre ragioni, che precisava, dunque, di non essere costituito difensore né munito di delega ai fini del presente giudizio, aveva riferito risultargli che i procuratori della ricorrente avrebbero avuto intenzione di aderire all’astensione, ma sarebbero nel prosieguo comparsi per rendere la relativa dichiarazione;
– che neppure quando la causa era stata richiamata, tuttavia, alcuno dei legali costituiti era comparso; come neppure era comparso in loro vece alcun soggetto da loro delegato.
Donde l’inevitabile decisione, all’esito, di spedire la causa a sentenza, stante appunto l’assenza di qualsivoglia comunicazione, nelle forme ammesse, di un’eventuale adesione all’astensione da parte dei legali del Consorzio assenti.

2 Tanto premesso, il ricorso è inammissibile.

Secondo l’assunto di parte ricorrente, la decisione impugnata sarebbe affetta da un errore di fatto sotto forma di una “grave omissione di pronuncia”. La Sezione avrebbe tralasciato, precisamente, l’esame dell’ottavo motivo di appello, riflettente i motivi aggiunti articolati dallo stesso Consorzio in prime cure (vertenti sull’ammissione alla gara della controinteressata aggiudicataria Sabron).
La ricorrente al riguardo rammenta che la sentenza oggetto di appello aveva confutato anche nel merito tali motivi aggiunti, pur dichiarandoli all’esito inammissibili (punti 12-12.7 della pronuncia del Tribunale).
Il Consorzio, quindi, nel riproporre i propri motivi aggiunti con l’ottavo mezzo di appello, aveva sottoposto la sentenza del Tribunale a specifiche critiche anche di merito. Ma questa Sezione con la propria decisione n. 1055/2011, per il fatto di essersi limitata alla rilevazione della ragione di improcedibilità sopra esposta, non aveva preso posizione sul merito delle doglianze appena dette ; e neppure aveva esplicitamente annullato la sentenza di primo grado in parte qua.
Da ciò l’ulteriore deduzione del Consorzio che “Costituisce in ultima analisi una grave omissione l’aver dichiarato l’improcedibilità dell’appello senza aver conseguentemente annullato, per quanto di interesse, la sentenza del Giudice di primo grado impugnata con l’apposito motivo di appello qui ribadito”, in quanto gli accertamenti compiuti sul punto dal Tribunale rischierebbero “di cristallizzarsi in via tendenzialmente definitiva” (in altre parole, come si legge nella memoria del Consorzio del
2 marzo 2012, pag. 3, “quella parte della sentenza impugnata rischia di poter essere considerata passata in giudicato, con ogni evidente e consequenziale pregiudizio per l’esponente”).
3 La Sezione, dopo avere così delineato le tesi di parte ricorrente, ritiene che non guasti ricordare, in termini generali, le caratteristiche dell’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione.
Questo si sostanzia, come noto, in una falsa percezione da parte del giudice della realtà risultante dagli atti di causa, consistente in una svista materiale che lo abbia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto incontestatamente inesistente, oppure a considerare inesistente un fatto la cui verità risulti, al contrario, positivamente accertata.
In ambo i casi ciò vale, peraltro, solo se il fatto (erroneo) sia stato un elemento decisivo della pronuncia revocanda (l’errata percezione deve, cioè, avere rivestito un ruolo determinante rispetto alla decisione, nel senso che occorre un rapporto di necessaria causalità tra l’erronea supposizione e la pronuncia stessa : cfr. Cons Stato, V, 20 ottobre 2005, n. 5896; 31 luglio 2008, n. 3816; IV, 19 giugno 2009, n. 3296); e se il fatto non attenga ad un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato, perché in tale diverso caso sussisterebbe, semmai, un errore di diritto (C.G.A., 3 marzo 1999, n. 83), e con la domanda di revocazione si verrebbe a censurare, in sostanza, la valutazione e l’interpretazione delle risultanze processuali (Cons. Stato, Ad.Pl., n. 2 del 17\5\2010).
L’errore rispondente a tali requisiti, inoltre, deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche. Esso non può consistere, perciò, in un –preteso- inesatto od incompleto apprezzamento delle risultanze e documenti processuali, ovvero in un’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, vertendosi, in questo caso, in un’ipotesi di errore di giudizio attinente all’attività valutativa del giudice, che come tale esula dall’ambito della revocazione, pena la trasformazione dello strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio (cfr., tra le più recenti, Cons. St., V, 18 settembre 2008 n. 4495; 29 gennaio 2008, n. 241). Donde la pacifica inammissibilità della domanda di revocazione che si fondi sull’erroneo apprezzamento delle risultanze del fatto stesso, e quindi su di una inesatta sua valutazione o interpretazione (Cons. Stato, Ad. Plen., 10 giugno 1980, n. 27, e 17 maggio 2010, n. 2; IV, 13 aprile 2005, n. 1735; per il giudizio civile v. Cass. 18 febbraio 1995, n. 1803, e 26 febbraio 1992, n. 2394, secondo cui l’errore che cade sull’apprezzamento delle risultanze processuali, in quanto errore di giudizio, non costituisce motivo di revocazione, ma integra piuttosto un motivo denunziabile in Cassazione sotto il profilo della contraddittoria o insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c.).
4 Tutto ciò posto, anche alla luce dei consolidati indirizzi giurisprudenziali esposti l’inammissibilità del ricorso in trattazione si rivela in maniera immediata.
E’ agevole rilevare, invero, che sul motivo d’appello cui la ricorrente correla la presunta omissione di pronuncia che dovrebbe giustificare la presente domanda di revocazione la Sezione, in realtà, si è espressamente e puntualmente pronunciata a tempo debito. Ciò dichiarando, come si è già visto, l’improcedibilità dell’appello in parte qua, sul rilievo che nelle more processuali era intervenuta l’aggiudicazione definitiva, a sua volta fatta oggetto di ricorso da parte dello stesso Consorzio dinanzi al T.A.R. per la Lombardia. Donde la conclusione del Collegio che a quest’ultimo Giudice, “acquisita in base alla odierna decisione la legittimità della esclusione del Consorzio, spetta quindi ex novo l’approfondimento di ogni altra questione in rito e di merito, in relazione alle difese svolte dalle parti nel giudizio da ultimo instaurato avverso l’aggiudicazione definitiva.”
La inequivocabile presenza di siffatto specifico capo di pronuncia, benché emesso in punto di rito, rende allora evidente come nemmeno in ordine al tema sollevato (i motivi di appello circa le ammissioni alla procedura di Controinteressata e di Ati Controinteressata 2, nonché l’aggiudicazione provvisoria alla prima) la Sezione abbia mancato di
svolgere la propria attività valutativa.
Giusta o meno che possa apparire, la suddetta decisione costituisce infatti, in ogni caso, il frutto della valutazione del Collegio: e questo è già sufficiente ad escludere che il medesimo sia incorso in un’omissione di pronuncia, e la sentenza impugnata affetta dall’ipotizzato vizio revocatorio.
Effettivamente costituisce jus receptum di questo Consiglio (C.d.S., Ad. Pl., 22 gennaio 1997, n. 3; V, 17 settembre 2009, n. 5552) il principio secondo il quale potrebbe rilevare come errore di fatto ex art. 395 n. 4) c.p.c. anche l’omessa pronuncia su un profilo della controversia devoluta in appello. Questo, peraltro, qualora la ragione di siffatta omissione risulti causalmente riconducibile alla mancata percezione dell’esistenza o del contenuto di atti processuali. Laddove nella specie non è presente né l’uno né l’altro elemento: non l’omessa pronuncia, come si è appena detto; ma nemmeno l’abbaglio dei sensi o travisamento di fatto delle risultanze che dovrebbe averla determinata. Da ciò la conferma che non sussiste alcun errore revocatorio.
5 La ricorrente si duole, inoltre, che la Sezione, una volta riscontrata l’improcedibilità dell’appello sotto il profilo indicato, non ne abbia “portato a termine la statuizione annullando la sentenza dei giudici milanesi oggetto di quell’appello” (memoria 9 marzo 2012, pag. 10). Il dedotto vizio di omessa pronuncia non sarebbe riferibile, allora, tanto “ai motivi in e per considerati, bensì alle conseguenze che la statuizione di improcedibilità avrebbe dovuto portare con ” (ivi, pag. 12).
Nemmeno da questa angolazione il ricorso può però superare il vaglio di ammissibilità.
E’ assorbente notare, infatti, che, come hanno concordemente obiettato le parti intimate, l’annullamento del conferente capo della sentenza del Tribunale era in realtà inequivocabilmente implicito nella pronuncia in epigrafe, la cui declaratoria di improcedibilità non poteva non assorbire e sostituire il diverso decisum emesso sullo stesso punto dal primo Giudice.
Questa conclusione è difatti imposta dalla ratio che dichiaratamente ispirava la pronuncia d’appello, vale a dire il criterio per cui “l’aggiudicazione provvisoria di un appalto ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre una definitiva lesione dell’interesse della ditta, che può verificarsi soltanto con l’aggiudicazione definitiva: con l’avvento di quest’ultima, quindi, l’interesse idoneo a sorreggere l’impugnativa si sposta dal giudizio sull’aggiudicazione provvisoria a quello sull’aggiudicazione definitiva.”
Del resto, un ipotetico diverso intento di confermare, invece, le considerazioni che erano state svolte dal primo Giudice sul merito dei motivi aggiunti sarebbe stato incompatibile anche con la conclusione della Sezione che “Al primo giudice, acquisita in base alla odierna decisione la legittimità della esclusione del Consorzio, spetta quindi ex novo l’approfondimento di ogni altra questione in rito e di merito, in relazione alle difese svolte dalle parti”.
Di conseguenza, neppure sotto questo particolare aspetto la decisione impugnata può essere criticata per una “omessa pronuncia”.
6 Occorre infine rilevare, per completezza, un’ulteriore ragione di inammissibilità del presente ricorso.
Un’impugnativa per revocazione per errore di fatto non investe che i capi della sentenza impugnata costituenti -direttamente o indirettamente- il frutto dell’errore revocatorio dedotto.
La relativa pronunzia rescindente in ipotesi assumibile, quindi, non potrebbe che avere un’ampiezza commisurata alle dimensioni proprie dell’incidenza del vizio revocatorio allegato (nella specie., l’omessa pronuncia).
Se ne desume che nella presente vicenda una ipotetica successiva fase rescissoria non avrebbe potuto essere in alcun modo “integrale”, come opinato invece dalla ricorrente, bensì sarebbe stata giocoforza commisurata al ristretto ambito proprio del supposto vizio.
Più chiaramente, il capo della decisione in epigrafe confermativo dell’esclusione della ricorrente dalla gara, non essendo intaccato in alcun modo dal vizio revocatorio che è stato qui prospettato, rimarrebbe comunque integro. Onde la ricorrente, siccome definitivamente esclusa dalla gara, alla stregua dei principi indicati da C.d.S., Ad. Pl. n. 4 del 2011 avrebbe comunque perduto ogni legittimazione a dolersi dell’esito della stessa procedura.
Essa risulta quindi carente, a ben vedere, anche dell’interesse necessario a giustificare la proposizione della presente impugnativa, dalla quale non potrebbe ricavare alcuna effettiva utilità.
Secondo il recente insegnamento della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, invero, la mera partecipazione (di fatto) ad una gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso, poiché la situazione legittimante deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto alla procedura selettiva. Pertanto la definitiva esclusione, oppure l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara, impediscono di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva, mentre il positivo riscontro della legittimazione al ricorso, sempre secondo le puntualizzazioni dell’Adunanza Plenaria, è necessario tanto per far valere un interesse, cd. finale, al conseguimento dell’appalto, quanto per perseguire un interesse meramente strumentale diretto alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione.
E quello appena emerso è anche, in definitiva, l’unico appunto (non di fatto, ma di diritto) che sarebbe stato al limite ascrivibile alla sentenza oggetto della presente impugnativa. Giacché, una volta acclarata la legittimità dell’esclusione del Consorzio dalla gara, ogni contestazione da questo portata all’esito finale della stessa procedura avrebbe potuto essere giudicata, per ciò stesso, senz’altro preclusa.
7 Per le ragioni esposte, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese processuali sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Condanna la ricorrente al rimborso alle parti intimate costituite delle spese processuali del presente giudizio, che liquida nella misura di euro cinquemila, oltre gli accessori di legge, a favore di ciascuno degli aventi diritto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 20 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere

L’ESTENSOREIL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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